la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella messa del Natale del Signore
secondo il rito ambrosiano


25 dicembre 2015



 

 

Is 8,23b-9,6a
Sal 95
Eb 1,1-8a
Lc 2,1-14

La liturgia celebra il natale e rispolvera dalla sua memoria un passo del profeta Isaia: le sembra avverato nel mistero che contempla, nel mistero che tutti noi questa mattina insieme contempliamo Isaia canta il futuro. Canta il futuro, di Dio e della terra: "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse".

La luce a indicare! Mi sono chiesto dove sono oggi le luci. A indicare chi e che cosa? Dove le abbiamo ancora una volta accese le luci? Sarebbe sin troppo facile dire che oggi le luci le abbiamo accese ai negozi e ai grandi magazzini. Ma quasi per un sussulto, non so se di pentimento o di rimpianto, succede che anche in qualche vetrina riappare il segno di un presepe.

Troppo poco, direte voi. Ma poi mi accade di chiedermi: "E non sarà che un brivido di luce si accenda a natale nel segreto? Là dove noi non entriamo, nel segreto del cuore, di una donna e di un uomo? E che ne sappiamo noi del segreto delle coscienze? Nel racconto di Luca, mi ha colpito una connessione - non so se ha colpito anche voi - luce e timore.

I pastori vegliavano nella notte facendo guardia al gregge. Così sta scritto nel testo: "all'apparire dell'angelo, la gloria del Signore li avvolse di luce ed essi furono pieni di grande timore". Ma come? Diremmo noi, ma come? In contemporanea la luce e il grande timore? Ma non dovrebbe essere il contrario? Non dovrebbe essere il buio ad invadere il cuore di timore?

Perdonate, forse sono sotto l'effetto di un messaggio che ho ricevuto in questi giorni. Un messaggio che mi ricordava - e veniva da una sofferenza - mi ricordava come spesso a generare il timore, la paura, il terrore sia stata - e non raramente - un'immagine di Dio, quella di un Dio potente e giudicante. Non era forse questa connessione a far tremare il cuore ai pastori nella notte?

Ebbene il messaggio mi ricordava un fatto della storia di Milano che mi era sconosciuto: "Anno 1386. Si narra che il Diavolo apparve in sogno a Gian Galeazzo Visconti, Signore di Milano e così lo minacciò: "Voglio una chiesa tutta per me! La voglio immensa e possente, con draghi e grifoni che spaventino la gente. La voglio alta e smisurata, con demoni e mostri che sorveglino ogni entrata. Se non mi ubbidirai, la tua anima perderai!"...

Certo, tutti voi mi direte che questo è il rovescio del natale e che se questo, in qualche modo e in qualche misura, permanesse nell'immaginario dei credenti o nella declinazione ecclesiastica del messaggio biblico, noi ritorneremmo, in qualche modo e in qualche misura, a quella chiesa evocata dal racconto, chiesa che incute spavento e sorveglia porte.

Questa la riflessione, cui ci ha portati la connessione, nel racconto di Luca, tra luce avvolgente dal cielo e timore nel cuore dei pastori. Ma l'angelo parlava. E parlava loro, nella notte, di gioia, e non di gioia di pochi ma di tutti. Anche questo i pastori cominciavano a capire: che Dio non ritaglia la gioia come dono per pochi, per alcuni, più fortunati degli altri: "Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo".

E che cosa avranno immaginato a quel punto dell'annuncio i pastori? Noi non lo sappiamo, ma ci è facile immaginare lo stupore quando si sentirono dire dall'angelo: "Oggi nella città di Davide è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore". Forse, posando gli occhi sul gregge accucciato nell'ombra, si saranno chiesti se avevano capito bene o se stavano sognando: nato "per loro", i respinti dai circoli religiosi?

E c'era ancora dell'altro: avrebbero trovato un neonato, ma dove? In fasce e in una mangiatoia. Era la fine dei sogni di grandezza. Era come se Dio e il suo messia avessero cambiato i connotati, ora cambiava tutto. Sì cambiava tutto un modo di pensare Dio e di pensare l'uomo.

Chissà se ce ne siamo accorti. Il segno nel presepe non è il segno della potenza che atterrisce, non ci sono troni: c'è il segno della semplicità, del'infinito della semplicità; il segno della povertà, dell'infinito della povertà; il segno della tenerezza, dell'infinito della tenerezza. Niente spaventi. Il segno è quello della nascita di un bambino. A incantarti è la vita, sono gli occhi di quella madre e di quel padre, a parlarti non sono i palazzi, è quella mangiatoia, sono quelle fasce, cose da pastori, cose familiari a quei pastori.

Non sappiamo se i pastori nella notte abbiano portato doni, di certo non se ne vennero via portando doni materiali nelle mani. I verbi dei pastori annotati da Luca sono questi: andarono senza indugio, trovarono, videro, tornarono lodando e glorificando Dio, riferirono. Riferirono l'inimmaginabile: un Messia in fasce, nella mangiatoia, il Messia nella tenerezza.

Che cosa ti porti via dal Natale? Apparentemente niente. Sei cambiato dentro. Una luce ti è rimasta impigliata, ma dentro. Sei cambiato dentro. Potremmo dire che natale sei tu. Quando sei natale? Quando sei natale ce lo ha detto Papa Francesco, come al solito, con la sua incantevole concretezza.

Eccola: "Natale sei tu, quando decidi di nascere di nuovo ogni giorno e lasciare entrare Dio nella tua anima. L'albero di Natale sei tu, quando resisti vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita. Gli addobbi di Natale sei tu, quando le tue virtù sono i colori che adornano la tua vita. La campana di Natale sei tu, quando chiami chi é lontano e cerchi di unire. Sei anche luce di Natale, quando illumini con la tua vita il cammino degli altri. Gli angeli di Natale sei tu, quando canti al mondo un messaggio di pace, di giustizia e di amore. La stella di Natale sei tu, quando conduci qualcuno all'incontro con il Signore. Sei anche i re magi, quando dai il meglio che hai, senza tenere conto a chi lo dai. La musica di Natale sei tu, quando conquisti l'armonia dentro di te. Il regalo di Natale sei tu, quando sei un vero amico e fratello di tutti gli esseri umani. Gli auguri di Natale sei tu, quando perdoni e ristabilisci la pace anche quando soffri. Il cenone di Natale sei tu, quando sazi di pane e di speranza il povero che ti sta di fianco. Tu sei la notte di Natale, quando ricevi umilmente, nel silenzio della notte, il Salvatore del mondo. Un buon Natale a tutti coloro che assomigliano al Natale".

 

 


 
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