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la parola della domenica
Anno liturgico C
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Nm
21, 4b-9 La festa si perde nel tempo ed è antica: in Oriente è paragonata a quella della Pasqua, fa memoria della dedicazione delle Basiliche costruite sul Golgota e sul Sacro Sepolcro, in ricordo del ritrovamento della Croce, avvenuto, secondo la tradizione, il 14 settembre del 320 da parte di sant'Elena, madre dell'imperatore Costantino. Ritrovamento. E mi chiedo se la croce non sia sempre da ritrovare, e se iI pericolo che ci sfiora non sia quello di perdere o di svuotare la croce, soprattutto svuotarla. Mi ha fatto pensare al pericolo di svuotarla il fatto che la festa si presenti come esaltazione di una croce vuota del suo Signore, poi mi sono pentito del pensiero. Perché il primo timore che mi attraversò fu questo: che, per colpa nostra, la croce abbia corso il pericolo di diventare un segno senza ricordi, a volte un amuleto, per ostensioni che non sono quelle di questa festa. Mi ha preso anche dolore al pensiero che si sia fatto mercato sui possibili resti di quella croce. Mentre in cuore davo grazia a chi cerca di ricucire croce e storia. La croce racconta. Sosta in silenzio ad ascoltare che cosa ti racconta. E già fa suggestione il legno. Storia di un legno e storia di Gesù. Il pensiero mi corre con emozione - vedete come sono strano - al momento in cui il legno e Gesù per la prima volta si toccarono, corpo donato e legno: Ti
pesava sulle spalle Si toccarono, Gesù e il legno. Il legno veniva da recisione, e il Rabbi di Nazaret era ad ora da recisione. Sarebbe stata, la sua, morte per recisione. E la croce era come se prendesse impegno di ricordare che la morte del Figlio di Dio non era stata un caso qualunque. Non una morte qualunque: non moriva, per un malore o di vecchiaia o per un incidente fortuito, era morte per recisione, appeso come malfattore. Sua colpa, per i potentati, la sovversione: lui restituiva a Dio il suo vero nome e alle donne, agli uomini, alla terra la dignità di cui il potere li aveva defraudati. Per questo la croce racconta paradossalmente la vita: è il prezzo pagato da Gesù alla vita, perché noi vivessimo. E in questo orizzonte andrebbero ripercorse, e forse in parte corrette, alcune predicazioni e alcuni detti popolari che fanno l'esaltazione della sofferenza per la sofferenza. Ne ricordo uno: "Siamo nati per patire, patiamo". Come sono dissonanti le parole che Gesù oggi ci consegnava nel brano di Giovanni, luminose: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui". Ebbene è in questo orizzonte che mi riconcilio alla croce senza il crocifisso: perché risorto. Così mi parlava in un pomeriggio anni fa la croce da una radura di monte. Ero solo e io a contemplarla: Spoglia
è la croce Unire croce e vita. Così come mi accadde di unire croce a resistenza - e non a resa - anni fa percorrendo terre e terre d'Armenia. L'Armenia, il paese delle croci di pietra. Quasi simbolo di un popolo, che visse nella sua pelle la croce, e la incise poi, a memoria futura, nelle rocce e sulle pietre. Più camminavi, più le fissavi, le scrutavi. Croci senza il crocifisso, croci fiorite, come albero che germoglia dalla terra. Più camminavi e più le interrogavi. Ti seducevano, in esse non respiravi la morte ma la vita. Croci senza il crocifisso, croci che, nude, fanno memoria di tutti i crocifissi della storia, fatti uno con Gesù, il Figlio di Dio morto di croce. Croce, albero della vita, croci su pietre affocate, rimaste a cantare tenacemente, da veglianti, una resistenza. E una vittoria. Mi prende desiderio di stare presso la croce, come stanno le donne del venerdì santo. E leggere in silenzio la storia di un Dio reciso per darci vita e libertà. Guardarlo con l'intenerimento delle donne, non con lo sguardo assente dell'uomo del dominio, dell'onnipotenza, del mercato. Mi ritorna negli occhi uno schizzo, quasi prove di crocifissioni, che un ragazzo del liceo artistico di Busto Arsizio, in cui allora insegnavo, mi regalò un giorno. Era un ragazzo non credente, mio amico: negli occhi gli era rimasto il brivido della crocifissione, un uomo - un Dio? - fuori misura. Sono ritornato oggi a guardare le prove di crocifissione di Roberto: un Gesù che porta la croce, ma un Gesù fatto di tutti i poveri cristi della terra, e la croce - com'è pesante! - fatta di tutta la gente che opprime soffocando la terra. Sul foglio anche una crocifissione, e non so dirti se più mi emoziona il Signore abbandonato al legno o l'uomo pasciuto, le mani strette dietro la schiena, gli occhi lontani nel nulla. Per lui non succede nulla. Ha ben altro da guardare. Mi prende desiderio di stare presso la croce, come stanno le donne.
Lettura del libro dei Numeri - Nm 21, 4b-9 In
quei giorni. Il popolo non sopportò il viaggio. Il popolo disse contro
Dio e contro Mosè: "Perché ci avete fatto salire dall'Egitto per farci
morire in questo deserto? Perché qui non c'è né pane né acqua e siamo
nauseati di questo cibo così leggero". Allora il Signore mandò fra il
popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero
d'Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: "Abbiamo peccato, perché
abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore
che allontani da noi questi serpenti". Mosè pregò per il popolo. Il Signore
disse a Mosè: "Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque sarà
stato morso e lo guarderà, resterà in vita". Mosè allora fece un serpente
di bronzo e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno,
se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita. Sal 77 (78) Sei tu, Signore, la nostra salvezza. Ascolta, popolo mio, la mia legge, porgi l'orecchio alle parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca con una parabola, rievocherò gli enigmi dei tempi antichi. R Quando li uccideva, lo cercavano e tornavano a rivolgersi a lui, il loro cuore non era costante verso di lui e non erano fedeli alla sua alleanza. R Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa, invece di distruggere. Molte volte trattenne la sua ira e non scatenò il suo furore. R Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi - Fil 2, 6-11 Fratelli, Gesù Cristo, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: "Gesù Cristo è Signore!", a gloria di Dio Padre. Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 3, 13-17 In quel tempo. Il Signore Gesù disse a Nicodèmo: "Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui".
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