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la parola della domenica
Anno liturgico C
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2Mac
6, 1-2.18-28 Le parole di Gesù per lo più risuonano nella versione accolta dalla Liturgia: "Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli". La versione mette al centro i bambini. Ma io vorrei indugiare, anche quest'anno, su una versione accreditata da alcuni esegeti della Bibbia. Che mette al centro i "garzoni". Eccola: "Se non cambierete modo di pensare e non diventerete come questi garzoni/ragazzi, non entrerete nel regno dei cieli… Chiunque quindi si farà piccolo come questo ragazzo, questi è il più grande nel regno dei cieli". Voi mi capite, non voglia di certo togliere, neppure di un grumo, l'attenzione ai bambini. Che mi incendiano ormai ogni giorno gli occhi, per stragi di guerre e di fame, cosa da farci insorgere. Poi alla fine le parole "garzoni", "piccoli", "bambini" si incroceranno, perché, nella casa, in cui siamo garzoni, un'attenzione, una cura privilegiata, spetterebbe di diritto ai bambini. Il brano di Matteo sembra supporre che la domanda i discepoli l'abbiano rivolta a Gesù a Cafarnao nella casa di Pietro, chissà se a tavola, certo non è domanda di uno solo, è una domanda plurale e questo già dice qualcosa. I discepoli si avvicinarono al Signore Gesù dicendo: "Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?". La domanda è sulla grandezza. E già dovrebbe metterci in allarme pensare che nella casa comune qualcuno possa essere più grande di altri. Gesù si guarda attorno, cerca con gli occhi, ecco il garzone: mette al centro lui, uno che faceva parte della casa. La lezione - ci tocca riconoscerlo - è stata ampiamente disattesa, dimenticata. Da subito, già dai discepoli. Usciamo dalla casa di Pietro, usciamo dalla Galilea, entriamo con Gesù in Giudea, il tempo di entrarvi, cambia la regione, non cambia il modo di pensare. Niente da fare: la madre di Giacomo e di Giovanni - o loro due, secondo Luca, poco importa - si fa avanti a chiedere posti per i figli, uno a destra e uno a sinistra, nell'indignazione corale. Che dice tutto. "Ma Gesù li chiamò a sé e disse: "Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti". Il garzone era scomparso dagli occhi. Si era ritornati al vecchio modo di pensare. Dunque mettere al centro il garzone e diventare come garzoni: la qualifica di garzone, la nobiltà di essere garzoni. Oggi garzone è un termine poco frequentato, non così quando si parlava di botteghe e di aiuti al bottegaio. Ebbene nel tempo la parola è andata appannandosi assumendo l'immagine sfocata di uno meno abile, di un esecutore passivo, di uno cui toccano cose di poco conto. Gesù lo pone in mezzo, con tutti, al centro, né sotto, né sopra. E così dovrebbe essere perchè nessuno tra noi può avanzare la pretesa di essere padrone."Tra voi non sarà così": disse Gesù ai suoi. Tutti garzoni, unica diversità la tipicità del lavoro richiesto a ciascuno. Lontani dunque dalla distorta mentalità di dare marchio di maggiore o minore o di nessuna brillantezza alle mille svariate mansioni della casa. I garzoni - e lo siamo tutti - si occupano della casa comune che il Signore andandosene ci ha affidato: e che sia pronta, dotata del necessario, confortevole, bella per tutti. E ciascuno ci metta del suo. Voi mi capite, il garzone del vangelo, non si accomoda nel grigiore spento di un esecutore, mette per quanto gli è possibile la sua genialità nella cura della casa, ha nobiltà di cuore e di mani. E non importa dove è garzone nella grande casa dell'umanità, lui non si aspetta di finire nelle superbe narrazioni. Estrae innominato blocchi di marmo sul monte, ed è costruttore di cattedrali. Passa invisibile nella notte a raccattare rifiuti di negligenti e le strade di mattino mi chiacchierano di pulito. Il divieto è - e rimarrà - spadroneggiare. Gesù mette in guardia nella parabola: "Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli" (Lc 12, 45-47). E allora lasciatemi pensare che il vero scandalo - Gesù parla di "inciampo" - il vero inciampo, o uno degli inciampi, per i piccoli, per i garzoni, nella chiesa e nel mondo, accade quando abbandoniamo la nostra posizione di garzone, di servo e ci comportiamo da padroni, cancellando la nobiltà dell'essere garzoni, comportandoci quasi fossimo i sostituti di Dio. E viene il male del mondo. Siamo tutti garzoni, piccoli, servi. Ma permette che io ne ricordi alcuni tra i dimenticati: una filastrocca a non perdere, ma io solamente la inizio. Voi avete sensibilità a non finire, per ricordare, per aggiungere: I
garzoni, i piccoli, quelli che alla loro morte dicono un numero e non
un nome; E voi ad aggiungere. A non perdere.
Lettura del secondo libro dei Maccabei - 2Mac 6, 1-2. 18-28 In quei giorni. Il re inviò un vecchio ateniese per costringere i Giudei ad allontanarsi dalle leggi dei padri e a non governarsi più secondo le leggi di Dio, e inoltre per profanare il tempio di Gerusalemme e dedicare questo a Giove Olimpio e quello sul Garizìm a Giove Ospitale, come si confaceva agli abitanti del luogo. Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell'aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e a ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s'incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per attaccamento alla vita. Quelli che erano incaricati dell'illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest'uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare le carni sacrificate imposte dal re, perché, agendo a questo modo, sarebbe sfuggito alla morte e avrebbe trovato umanità in nome dell'antica amicizia che aveva con loro. Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia, della raggiunta veneranda canizie e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, ma specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero pure alla morte. "Poiché - egli diceva - non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant'anni Eleàzaro sia passato alle usanze straniere, a loro volta, per colpa della mia finzione, per appena un po' più di vita si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia. Infatti, anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire, né da vivo né da morto, alle mani dell'Onnipotente. Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente per le sante e venerande leggi". Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio. Sal 140 (141) Nella tua legge, Signore, è tutta la mia gioia. Signore, a te grido, accorri in mio aiuto; porgi l'orecchio alla mia voce quando t'invoco. La mia preghiera stia davanti a te come incenso, le mie mani alzate come sacrificio della sera. R Poni, Signore, una guardia alla mia bocca, sorveglia la porta delle mie labbra. Non piegare il mio cuore al male, a compiere azioni criminose con i malfattori: che io non gusti i loro cibi deliziosi. R A te, Signore Dio, sono rivolti i miei occhi; in te mi rifugio, non lasciarmi indifeso. Proteggimi dal laccio che mi tendono, dalle trappole dei malfattori. R Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi - 2Cor 4, 17 - 5, 10 Fratelli, il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito. Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione -, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male. Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 18, 1-10 In quel tempo. I discepoli si avvicinarono al Signore Gesù dicendo: "Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?". Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: "In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli".
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