la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella Domenica dopo l'Ottava del Natale
secondo il rito ambrosiano


3 gennaio 2016



 

 

Sir 24,1-12
Sal 147
Rm 8,3b-9a
Lc 4,14-22

Il libro del Siracide con immagini poetiche oggi ci ha ricordato che la Sapienza, la Parola che è luce, che è vita, la Parola che custodisce l'architettura del mondo, aveva la dimora lassù tra le nubi. Ma non era nell'immobilità. Passeggiava. E poi, poi discese. Prima di sostare sulla sorprendente discesa dal cielo della Parola, discesa che noi chiamiamo incarnazione, vorrei brevemente fermarmi sul fatto che della Sapienza è detto che passeggiava: "Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio".

E tutto questo, pensate, prima che la Sapienza fissasse la tenda in Giacobbe. E lì mettesse le sue radici. E' un pensiero che mi affascina. È come se mi fosse detto che nei cieli e nei mari, in ogni lembo di umanità, in ogni popolo e nazione, potrei scoprire un segno del passaggio meraviglioso della Sapienza. Come se leggessi nel testo un invito ad ascoltare. Ad ascoltare il cielo e la terra, le donne e gli uomini, animali ed erbe, ogni essere vivente perché in loro è rimasta traccia del soffio del passaggio della Parola.

La Parola risuona in ogni persona, in ogni creatura, in ogni evento cui ci affacciamo. Ma occorre stare in ascolto, Stare in ascolto dell'altro, senza lasciarci chiudere da fanatismi o pregiudizi. Quasi potessimo fissare noi, fissare noi a Dio, e alla sua Parola, i confini del suo sconfinare. Stare in ascolto, prima di giudicare, prima di parlare. Chiedendoci: "Non ci saranno proprio qui segni del passaggio della Sapienza?".

Era scritto: "in ogni popolo e nazione". Ascoltiamo? Lo facciamo? O siamo adoratori di una Sapienza mutilata? Pensate che cosa bella sarebbe se dei credenti si potesse dire: sono quelli che vanno a scoprire tracce del divino dappertutto, oro in tutte le miniere del mondo, perché loro sono fissati su questo: che la Sapienza ha percorso l'universo. Stare in ascolto dell'eco della Sapienza nella profondità della terra e della storia.

E veniamo al passaggio successivo: E' scritto che alla Sapienza fu dato un ordine: "Il creatore dell'universo mi fece piantare la tenda e mi disse: "Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele". Nella sinagoga di Nazaret sembra realizzarsi l'ultimo approdo, l'ultimo approdo della Sapienza. Fu scopertamente visibile l'approdo quando quel sabato Gesù si fece dare il rotolo delle Scritture e trovò un passo e lesse e interpretò le parole del rotolo commentando: "Oggi si è compiuta questa parola che voi avete ascoltato". Oggi! La Sapienza aveva messola tenda in Giacobbe.

Certo non siamo nella città di Sion, non siamo in Gerusalemme, la grande città, come sembrava alludere il libro del Siracide. O, almeno, non ancora. Siamo in un povero borgo, nella sinagoga di Nazaret, in Galilea. A volte le profezie hanno qualche sconfinamento. Stava anche scritto: "Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso". Glorioso il popolo in ascolto di Gesù, nella sinagoga, quel sabato? Forse per discendenza glorioso, ma poi tutti sappiamo come andò a finire: lo cacciarono fuori dalla città e tentarono di gettarlo dal ciglio del monte.

Popolo glorioso? I deragliamenti delle Scritture. Capiamo e non capiamo. "Ma egli" è scritto "passando in mezzo a loro si mise in cammino". La Parola di Dio, Gesù di Nazaret, è Parola vivente, non è una parola immobile, non è un monumento: "si mise in cammino". E' una Parola viva, ed è una parola che interpella, ci interpella, proprio perché è viva, proprio perché non è un monumento. E' - perdonate se mi esprimo così - è un progetto in costruzione, un orizzonte di futuro.

L'evangelista Luca racconta di Gesù nella sinagoga di Nazaret, agli inizi della sua missione: sta percorrendo i villaggi della Galilea e insegnando nelle sinagoghe e ritorna al suo villaggio, dove era cresciuto, entra nella sinagoga dove era solito entrare di sabato. Ed eccolo subito precisare la sua identità. Pochi giorni fa dicevamo che la sua identità, il suo progetto, il suo orizzonte, la sua passione è "salvare". Salvare chiunque. Sempre. In ogni forma. In ogni situazione. Il Salvatore.

Ed ecco che nella sinagoga di Nazaret Gesù sembra precisare che cosa significa per lui salvare. Perché quel sabato andò a scoprire nel rotolo di Isaia un passo che lo identificava, "Trovò" è scritto. Ci sembra dunque di capire che non lesse il passo delle Scritture che era preordinato per quella circostanza, andò a cercare e trovò il passo che lo interpretava.

Stava nel rotolo di Isaia dove era scritto: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore". Poveri, prigionieri, ciechi, oppressi, i sofferenti, sono al centro della sua missione e devono esserlo, di conseguenza, al centro della missione della chiesa.

Se non vuole tradire il mandato, il mandato del suo Signore, se non vuole fare altro, altro che non c'entra per nulla con il suo Signore. Nel mondo per sollevare, per ridare libertà, per restituire dignità. A coloro che portano pesi di sofferenza ed esclusione. Ascolta la sofferenza. Metti anche tu radici, come il tuo Signore, in questa umanità dolente.

Nasce la tua responsabilità, la nostra responsabilità: a me, a te tocca anche questo, ci tocca ogni giorno e non è l'ultima cosa, era la prima cosa per il Signore: mettere radici - quindi non stare a distanza - mettere radici nella parte più dolente dell'umanità, dare attenzione, impegnarci, spenderci in un gesto, non importa se piccolo, di solidarietà, di vicinanza all'umanità dolente.

Perdonate se mi esprimo così: entrare in gioco anche noi e non pretendere che sia Dio a fare tutto. Forse questo fu l'equivoco nella sinagoga di Nazaret. Pretendevano che Gesù si desse finalmente da fare in miracoli nel suo villaggio. Quasi fosse una magia salvare il mondo. E non una costruzione, Gesù annunciava una costruzione, un progetto, con i sofferenti al centro. Ma il progetto chiedeva, chiede, la collaborazione. Di tutti. Nessuno escluso.
Porta anche tu la tua pietra, per la cattedrale del mondo.

 

 


 
stampa il testo
salva in  formato rtf
Segnala questa pagina ad un amico
scrivi il suo indirizzo e-mail:
 
         
     

 
torna alla home