la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella Domenica che precede il martirio
di S. Giovanni il Precursore -
secondo il rito ambrosiano


27 agosto 2017



 

 

1Mc 1.10.41-42; 2,29-38
Sal 118
Ef 6,10-18
Mc12,13-17

Vorrei fare - e mi perdonerete - qualche premessa a questa pagina di vangelo. Una premessa riguarda la risposta di Gesù che spesso viene urlata. Spesso, a sproposito. E forse l'esperienza dovrebbe farci edotti che, quando le parole vengono urlate, già contengono, nelle intenzioni di chi le urla, un germe di corruzione. Fate bene a rifiutarvi. Non hanno rispetto della vostra intelligenza. Statene in guardia. Chiudete.

La frase urlata, urlata anche in questi giorni, è quella con cui Gesù mette a tacere farisei ed erodiani: "Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare e quello che è di Dio a Dio". Vorrei poi indugiare su un'altra espressione, usata da farisei ed erodiani nei confronti di Gesù. Certo usata "con ipocrisia" - dirà Gesù - ma luminosa in se stessa: "Maestro sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio con verità".

Per un attimo ho pensato: che bello se potessero dirlo di me, di te, di ciascuno di noi: "Tu non hai soggezione, tu non guardi in faccia a nessuno!". A nessuno, pensate, fosse pure un pezzo grosso. A nessuno, in nessun ambito, da quello più quotidiano, quello famigliare, per esempio, dove andrebbe bandita qualsiasi ombra di soggezione - soggiacere - sino ad ambiti più complessi: quelli della professione per esempio o quelli della sfera pubblica, politica, ecclesiale. Dove non devono allignare servilismi, opportunismi, cortigianerie, ma la voce libera dei figli. Sia salva la tua indipendenza. Non soggiacere! Non guardare in faccia a nessuno.

Messaggio importante in una stagione come la nostra, dove a dettare legge e non raramente, è il calcolo, il vantaggio: si guardano in faccia i sondaggi. Ci avviciniamo così con le nostre riflessioni al tema del rapporto tra fede e politica, che in qualche misura attraversa le letture di oggi, un rapporto mai scontato. Questa domenica infatti precede nella nostra liturgia la memoria del martirio di Giovani Battista ad opera di Erode. La politica del sovrano - potremmo dire - è politica che guarda in faccia a qualcuno: guarda in faccia alla ragazza che ha danzato e a sua madre, Erodiade, guarda in faccia ai commensali davanti ai quali lui, Erode, ha fatto giuramento.

Non gli importa la verità, né gli importa la vita di un profeta. Gli importa un giuramento infame, gli importa la carriera, gli importa il potere. Ritorniamo alla domanda degli erodiani e dei farisei: "Il tributo a Cesare va pagato o no?". Gesù sfugge al trabocchetto: se dici sì, sei un collaborazionista dei romani; se dici no, sei un agitatore politico che trama contro i romani. Grande Gesù! Abbiamo sentito la risposta. "Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare e quello che è di Dio a Dio".

Ebbene le parole, strappate al loro contesto, possono prestarsi a scorrette interpretazioni: lo si è fatto in passato, lo si fa purtroppo ancora oggi. Quasi che la fede cristiana avesse come missione quella di interessarsi unicamente delle anime. Il resto tocca solo alla politica. A voi sembra, vi sembra proprio, che Gesù si sia interessato solo delle anime? Solo delle anime, o della donna e dell'uomo nella loro interezza? Non ha forse guarito lebbrosi, restituito la vista ai ciechi, raddrizzato gli storpi? Non ha forse lottato contro le discriminazioni sociali, difeso gli ultimi, restituito dignità alle donne? Una fede, dunque, cui importa dell'uomo e della donna, di tutti gli uomini e di tutte le donne, del creato nella sua bellezza e armonia, della felicità e dell'armonia di tutti e del tutto.

Penso che, sia la fede che la politica, debbano avere questa come passione. Certo, diversi sono gii ambiti in cui operano e questi vanno riconosciuti, vanno rispettati. "Rendete a Cesare…". Va dunque riconosciuto e rispettato il ruolo di Cesare, quello della politica, della polis, della città degli uomini e delle donne: siamo cittadini e non selvaggi. Viviamo in una comunità, siamo legati da vincoli di cittadinanza. Ci spinge, se siamo ancora civili, la passione del bene comune.

Non sempre ne siamo coscienti e lo riconosciamo, ma viviamo del bene degli altri: vivo delle strade come dell'istruzione, vivo dei netturbini, come degli economisti, vivo degli alberi di questa città come di chi sa darle sicurezza. Come sarebbe bello allargare questo riconoscimento. E quindi "rendete", giustamente rendete. E qui si apre tutto un capitolo, un capitolo molto delicato, quello delle tasse. Le tasse con cui contribuire al bene comune. La fede non apre scorciatoie all'evasione fiscale. Anche se in passato può essere capitato.

Abbiamo sentito ultimamente papa Francesco dire: "i conventi paghino le tasse, se diventano alberghi". Si apre - ma voi mi capite - un capitolo tristissimo per il nostro paese, quella dell'evasione fiscale, dell'elusione fiscale. Una ferita al bene comune. E a farne le spese - se ben ci pensate - sono poi le fasce più deboli della società. Vorrei terminare ricordando come Gesù nella sua risposta apra un richiamo su Dio: "Rendete a Dio…". Nella domanda dei farisei e degli erodiani non c'era l'accenno a Dio. Ma Gesù lo sottolinea con forza. Ha tra le mani una moneta con l'effige di Cesare: "Date al potere politico il tributo in quanto serve al bene pubblico, ma a Dio rendete quello che è di Dio.

Di Dio è l'immagine scritta in noi. La fede dovrà contestare puntualmente e duramente ogni offesa fatta all'immagine di Dio che è impressa in ogni donna, in ogni uomo, nel creato che all'uomo è stato affidato. Non può essere imbavagliata una chiesa quando parole e i gesti siano a difesa della dignità. C'è un dovere di ribellione, in nome di Dio e della sua immagine, che è l'uomo, quando questa immagine viene tradita. Oggi il libro dei Maccabei raccontava la ribellione a un re, Il re Antioco.

Che cosa aveva comandato? "Che in tutto il suo regno tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze". Non è nel disegno di Dio che si faccia unità cancellando le tradizioni, bensì valorizzandole come una ricchezza. Era un problema ieri, lo è oggi. Bisogna dunque immaginare prassi politiche che non siano ferita al disegno di Dio.

Dove sta l'immagine di Dio?

 

 

Lettura del primo libro dei Maccabei 1, 10. 41-42; 2, 29-38

In quei giorni. Uscì dagli ufficiali di Alessandro una radice perversa, Antìoco Epìfane, figlio del re Antìoco, che era stato ostaggio a Roma, e cominciò a regnare nell'anno centotrentasette del regno dei Greci. Il re prescrisse in tutto il suo regno che tutti formassero un solo popolo e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Tutti i popoli si adeguarono agli ordini del re. Allora molti che ricercavano la giustizia e il diritto scesero nel deserto, per stabilirvisi con i loro figli, le loro mogli e il bestiame, perché si erano inaspriti i mali sopra di loro. Fu riferito agli uomini del re e alle milizie, che stavano a Gerusalemme, nella Città di Davide, che laggiù, in luoghi nascosti del deserto, si erano raccolti uomini che avevano infranto l'editto del re. Molti corsero a inseguirli, li raggiunsero, si accamparono di fronte a loro e si prepararono a dare battaglia in giorno di sabato. Dicevano loro: "Ora basta! Uscite, obbedite ai comandi del re e avrete salva la vita". Ma quelli risposero: "Non usciremo, né seguiremo gli ordini del re, profanando il giorno del sabato". Quelli si precipitarono all'assalto contro di loro. Ma essi non risposero loro, né lanciarono pietre, né ostruirono i nascondigli, dichiarando: "Moriamo tutti nella nostra innocenza. Ci sono testimoni il cielo e la terra che ci fate morire ingiustamente". Così quelli si lanciarono contro di loro in battaglia di sabato, ed essi morirono con le mogli e i figli e il loro bestiame, in numero di circa mille persone.

Sal 118 (119)

® Dammi vita, Signore, e osserverò la tua parola. Mi ha invaso il furore contro i malvagi che abbandonano la tua legge. I lacci dei malvagi mi hanno avvolto: non ho dimenticato la tua legge. ® Riscattami dall'oppressione dell'uomo e osserverò i tuoi precetti. Si avvicinano quelli che seguono il male: sono lontani dalla tua legge. ® Ho visto i traditori e ne ho provato ribrezzo, perché non osservano la tua promessa. Vedi che io amo i tuoi precetti: Signore, secondo il tuo amore dammi vita.

® Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 6, 10-18

Fratelli, rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza. Indossate l'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi.

Lettura del Vangelo secondo Marco 12, 13-17

In quel tempo. I sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono dal Signore Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?". Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: "Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo". Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". Gli risposero: "Di Cesare". Gesù disse loro: "Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio". E rimasero ammirati di lui.

 

 

 

 


 
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