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la parola della domenica
Anno
liturgico A
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Ap
11,19; 12,1-6a.10ab
Quando ancora era una ragazzina. Salita a una regione montuosa, sulla soglia di una casa, quella della anziana cugina, le vennero parole - sì a Maria vennero parole - alle quali, se non sapessimo che sono sue, qualcuno reagirebbe dicendole accese da un eccesso, un eccesso di esaltazione; l'entusiasmo - direbbe qualcuno - di chi è giovane. Troppo giovane per sapere come va la vita. Ma con che coraggio parlava di potenti destituiti dal trono, di ricchi rimandati a mani vuote, di poveri e umili esaltati. Ma esaltata non era un po' lei? Le avremmo, da maturi, suggerito una misura, un contenimento: "Contieniti!". Ma a farla straripare, ad accendere i suoi occhi, erano forse più cose insieme. Forse le parole ispirate, dettate da Spirito, dell'anziana cugina o forse, più ancora, il fatto che lei, la ragazzina, fosse colma, da pochi giorni, ma dolcemente colma nel grembo, pur se il corpo non le si era ancora inarcato per rigonfio. Colma di lui. E chissà se quel piccolo che più piccolo non si può - sto fantasticando - avrà ascoltato quelle parole della madre nel grembo. Non è forse vero che un giorno parole simili a quelle della giovane madre lui le avrebbe osate all'inizio della sua missione nella sinagoga di Nazaret? Lei si sentiva beata, beata e piccola insieme, la beatitudine della piccolezza. Sì, tra le cose per cui magnificava Dio, la prima fu: "ha guardato la piccolezza della sua serva". Ma dove mai si guarda la piccolezza? Ebbene, pensate, questa festa di Maria innalzata al cielo, sembra l'esaudimento -l'esaudimento pieno - di quella esplosione di gioia della ragazzina: "Ha guardato la piccolezza della sua serva". La piccolezza, la bassezza: il termine greco allude non tanto all'umiltà, ma alla bassezza. Ebbene piccolezza e bassezza furono la sigla di una vita. Una vita, la sua, senza miracoli: il solo miracolo - e quale! - quel figlio. Quando osò chiederne uno, di miracoli, fu per gli altri, in un banchetto di nozze. Per il resto l'assenza dello straordinario. L'attenzione alla vita così com'è. Vita piccola, a volte bassa. Ma non agli occhi di Dio. E non era forse per questa sua attenzione alla vita piccola e ai gesti piccoli, che si era affrettata, dopo l'annuncio dell'angelo, per i sentieri della regione montuosa della Giudea? Due piccole donne si sarebbero raccontate di ciò che fa Dio con i piccoli, racconti sull'uscio di casa. Maria era una ragazzina a confronto dei suoi anni, ma Elisabetta aveva colto dove stava grandezza e beatitudine: "beata" - disse - "colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto". La beatitudine dei piccoli è la fede. L'angelo se n'era andato, la casa era rimasta quella di prima, le fatiche quelle di prima, la nascita senza un minimo di casa, poi il tentativo del drago, Erode, di rapirgli il figlio. I draghi sono tanti, in tutti i tempi - ce lo ha ricordato il libro dell'Apocalisse - a far rapina di deboli, inermi, piccoli. Fuggirono in Egitto senza miracolo. Ritornarono, senza miracoli. E poi trent'anni, scivolati via a fare grandi le cose comuni. Lui, come Giuseppe, usciva per cose comuni, lei la sera apriva, accendeva la lampada, la casa era pronta per il cibo e per i racconti. Anche lui, sia pur figlio dell'Altissimo, aveva sposato una vita bassa, piccola. "E che cosa può venire di buono" - dicevano - da Nazaret? La lezione su cosa è grande per Dio lui l'aveva imparata in quella casa. E quando uscì, lei lo vide - e non poteva non essere - lo vide sposare la causa dei piccoli. E le tremò pure il cuore, per le ostilità che montavano contro quel Figlio. A volte - come non pensarlo - le giungevano notizie di parole e gesti. Per lui sacri. Per altri sovversivi. Chissà se un giorno a Maria - ormai la sua ora, così la chiamava, si era fatta vicina - sarà giunta voce che lui, cercato da un gruppo di Greci, aveva risposto paragonandosi a un chicco di grano, una piccolezza. E disse: "È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto". Chissà se qualcuno a Maria avrà detto che, quel giorno, suo figlio confessò, senza nasconderlo, di avere l'anima turbata. Ma una voce dal cielo, lo rassicurò: gloria del Padre sarebbe stato il risveglio del seme. Del piccolo chicco di grano che esce in spighe luminose. Potremmo dire che la piccolezza che si dona non cade nella smemoratezza, nel nulla. In Dio non c'è smemoratezza. "Ha guardato la piccolezza" e lo sguardo di Dio si chiama risurrezione. Si chiama assunzione di Maria. Perdonate se non mi sono soffermato a parlare di assunzione: è avvolta di mistero. Mi sembrava più importante ricordare che elevata è la vita piccola. Quella di Maria e la nostra. La cura della vita piccola, la nostra, quella di tutti. Ed è un fiorire. In questi giorni è morto a 92 anni un vescovo, catalano di nascita, brasiliano di adozione e "patrimonio di tutta l'umanità", Don Pedro Casaldaliga. A são Félix do Araguaia don Pedro era arrivato nel 1968. Lì avrebbe combattuto fino alla fine la sua battaglia al lato dei piccoli, dei poveri: indigeni, contadini, senza terra, lavoratori ridotti in schiavitù, immigrati del Sud. Vescovo dei poveri, santo, profeta, poeta e mistico, lasciò scritto la sua volontà di essere sepolto a são Félix nel cimitero dei poveri. Sulla tomba del vescovo, parole, scelte da lui stesso, eccole: "Per riposare io voglio solo questa croce di legno come pioggia e sole questi tre metri di terra e la Resurrezione!".
Lettura del libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo - Ap 11,19; 12,1-6a.10ab Nel giorno del Signore, si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l'arca della sua alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo". Sal 44 (45) Risplende la regina, Signore, alla tua destra. Liete parole mi sgorgano dal cuore: io proclamo al re il mio poema, la mia lingua è come stilo di scriba veloce. Il tuo trono, o Dio, dura per sempre. R Entra la figlia del re: è tutta splendore, tessuto d'oro è il suo vestito; è condotta al re in broccati preziosi. R Alla tua destra sta la regina, in ori di Ofir. Ascolta, figlia, guarda, porgi l'orecchio: il re si è invaghito della tua bellezza. È lui il tuo signore: rendigli omaggio. R Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi -1Cor 15,20-26 Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte. Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 1,39-55 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto". Allora Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre".
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