la parola della domenica

 

Anno liturgico C


omelia di don Angelo nella nona Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


10 agosto 2025



 

 

1Sam 16, 1-13
Sal 88
2Tm 2,8-13
Mt 22, 41-46

Quel giorno la domanda ai suoi oppositori la pose lui, il Rabbi di Nazaret. Solitamente erano loro a bersagliarlo di domande con l'intento di metterlo spalle al muro. Chiese loro: "Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?". Gli risposero: "Di Davide"". Quel giorno fu lui, Gesù, a metterli spalle al muro: "Figlio di Davide il Messia o Signore di Davide?". Chiuse loro la bocca: era gente che restringeva, restringeva persino i cieli, Dio e il suo messia con i cieli. "Guai a voi, scribi e farisei ipocriti" dirà "che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci". Lui il regno lo apriva, lo colorava.

A lui era bastato un parlare fitto fitto con una donna samaritana a un pozzo per sognare messi biondeggianti per la mietitura. Era come se con la loro imponenza e la loro supponenza soffocassero anche Dio. Ebbene oggi siamo qui noi a chiederci se poi, lungo i secoli, non sia capitato anche a noi di restringere, di soffocare il grande Respiro. Dio ha fantasia: imponenza e supponenza sono un attentato, un attentato a Dio. Gesù chiude loro la bocca, erano restrizione. "E, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo". Mi sembra di ritrovare questo orizzonte di pensieri - ma forse è un azzardo - sostando sul racconto dell'elezione di Davide e poi sconfinando.

C'è da presentare un figlio perché Elia lo unga re, e Iesse fa quello che avremmo fatto forse tutti noi, rigorosamente fedeli ai comprovati canoni umani: cominciamo da quello che ha più esperienza e più prestanza, uno che si impone, e poi, via uno l'altro, fino al settimo figlio. Ma Dio scompiglia i criteri: per lui "non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, il Signore vede il cuore". Samuele chiese a Iesse: "Sono qui tutti i giovani?". Rispose Iesse: "Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge". Samuele disse a Iesse: "Manda a prenderlo". Dio sceglie il più piccolo, capite, uno che, stando ai loro calcoli, se l'erano quasi dimenticato, uno che i suoi libri erano le pecore e canto il loro brusio nella notte. Sarà un giovane a guidare il suo popolo.

Crede nel più giovane, lui ascolta il cuore. Se questa è la scelta di Dio - per il più giovane - voi potete capire perché mi sfiori una domanda: a voi sembra che la nostra società creda in loro, nei giovani? Ascolti le loro visioni, li veda protagonisti? O forse ci si è dimenticati di loro? Come nella casa di Iesse ci si era dimenticati del figlio minore che era ai pascoli? Ed ecco lo sconfinamento. Veniamo da giornate in cui ci è stata raccontata una convocazione, una convocazione che ha destato sorpresa, inimmaginabile, un milione di giovani per un giubileo a Roma, intensità dei momenti, entusiasmo per piazze e per strade. Ora la spiga si è come sgranata: a loro è stato chiesto di essere luce nel buio delle solitudini, sale che dà sapore alla vita, seminatori di gioia, costruttori di pace: è l'avventura dei chicchi di senapa. Ma rimane una domanda - e questa tocca gli adulti - sceglieremo Davide?

Rivoluzioneremo visioni e prassi obsolete, ascolteremo i giovani? Anni fa in una intervista, raccolta poi in un libro "Conversazioni notturne a Gerusalemme", Georg Sporschill, un gesuita, poneva una domanda al Cardinale Martini: "Invece di essere lei a predicare, lei lascia che sia la gioventù a illuminarla. Un nuovo principio pastorale?". Rispose il Cardinale: "Nella gioventù ho trovato la più valida conferma di tale principio pastorale, sempre che di questo si tratti. Nella Chiesa nessuno è nostro oggetto, un caso o un paziente da curare, tanto meno i giovani. Perciò non ha senso sedere a tavolino e riflettere su come conquistarli o su come creare fiducia: deve essere un dono. Sono soggetti che stanno di fronte a noi, con cui cerchiamo una collaborazione e uno scambio. I giovani hanno qualcosa da dirci.

Essi sono Chiesa, a prescindere dal fatto che concordino o meno con il nostro pensiero e le nostre idee o con i precetti ecclesiastici. Questo dialogo alla pari, e non da superiore a inferiore o viceversa, garantisce dinamismo alla Chiesa: In tal modo l'affannosa ricerca di risposte ai problemi dell'uomo moderno si svolge al cuore della Chiesa". Ebbene mi sono detto che sarebbe una grazia se il giubileo dei giovani ci avesse lasciato questo coraggio - così lo chiamava don Tonino Bello - "il coraggio a investire tutto sulla fragilità dei sogni". Ha ripreso le parole, in una lettera ai suoi giovani, in ritorno da Roma, Don Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, amico caro. Così nel finale della lettera: "Me lo avete chiesto a più voci nel nostro incontro di venerdì sera, e oggi sento la necessità di confermarvi il mio impegno: a settembre, come Chiesa napoletana, troveremo il modo di non disperdere questa bellezza. Non voglio - e so che non volete - che resti un ricordo, ma desidero che diventi il cuore di un cammino che prosegue, che continua ad alimentare la nostra gioia e la nostra unità.

Ci inventeremo strade nuove, ascolteremo i vostri desideri, ci lasceremo orientare dalle vostre visioni, metteremo insieme creatività e passione, perché ciò che abbiamo vissuto non vada perduto, ma si moltiplichi. E questo sarà possibile, come dicevo nella catechesi, solo se avremo il coraggio di investire sulla fragilità dei sogni! Cari giovani, io credo in voi! E credere in voi significa scommettere sull'inedito di un Dio che non invecchia mai! Vi porto tutti nella mia preghiera, uno per uno, e vi benedico con l'affetto di un padre, di un fratello, di un amico!". Non finisce di risuonarmi in cuore la parola di Samuele riguardo a Davide "Manda a prenderlo!".

Oggi è come se la sentissi risuonare dappertutto, riguarda i giovani, è appello alla chiesa e non solo: "Mandate a prenderli!".

 

Lettura del primo libro di Samuele - 1Sam 16, 1-13

In quei giorni. Il Signore disse a Samuele: "Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l'ho ripudiato perché non regni su Israele? Riempi d'olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re". Samuele rispose: "Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà". Il Signore soggiunse: "Prenderai con te una giovenca e dirai: "Sono venuto per sacrificare al Signore". Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti farò conoscere quello che dovrai fare e ungerai per me colui che io ti dirò". Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chiesero: "È pacifica la tua venuta?". Rispose: "È pacifica. Sono venuto per sacrificare al Signore. Santificatevi, poi venite con me al sacrificio". Fece santificare anche Iesse e i suoi figli e li invitò al sacrificio. Quando furono entrati, egli vide Eliàb e disse: "Certo, davanti al Signore sta il suo consacrato!". Il Signore replicò a Samuele: "Non guardare al suo aspetto né alla sua alta statura. Io l'ho scartato, perché non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore". Iesse chiamò Abinadàb e lo presentò a Samuele, ma questi disse: "Nemmeno costui il Signore ha scelto". Iesse fece passare Sammà e quegli disse: "Nemmeno costui il Signore ha scelto". Iesse fece passare davanti a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: "Il Signore non ha scelto nessuno di questi". Samuele chiese a Iesse: "Sono qui tutti i giovani?". Rispose Iesse: "Rimane ancora il più piccolo, che ora sta a pascolare il gregge". Samuele disse a Iesse: "Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui". Lo mandò a chiamare e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: "Àlzati e ungilo: è lui!". Samuele prese il corno dell'olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi. Samuele si alzò e andò a Rama.

Sal 88 (89)

La tua mano, Signore, sostiene il tuo eletto. Un tempo, Signore, parlasti in visione ai tuoi fedeli, dicendo: "Ho portato aiuto a un prode, ho esaltato un eletto tra il mio popolo. R Ho trovato Davide, mio servo, con il mio santo olio l'ho consacrato; la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza. R Egli mi invocherà: "Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza". Io farò di lui il mio primogenito, il più alto fra i re della terra". R

Seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo - 2Tm 2, 8-13

Carissimo, ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore. Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch'essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna. Questa parola è degna di fede: Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso.

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 22, 41-46

In quel tempo. Mentre i farisei erano riuniti insieme, il Signore Gesù chiese loro: "Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?". Gli risposero: "Di Davide". Disse loro: "Come mai allora Davide, mosso dallo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: "Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi"? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?". Nessuno era in grado di rispondergli e, da quel giorno, nessuno osò più interrogarlo. .

 

 


 
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