la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella nona Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


17 luglio 2016



 

 

 

1Sam 16,1-13
Sal 88
2Tm 2,8-13
Mt 22,41-46

Il brano di Matteo che oggi abbiamo letto termina dicendo che da quel giorno, nessuno dei suoi oppositori osò più interrogare Gesù. Avevano tentato in tutti i modi di metterlo alle strette ponendogli le domande più insidiose. Ora è Gesù che pone una domanda, alla quale nessuno di loro è in grado di rispondere. Il dialogo tra Gesù e farisei - tutti voi, immagino l'avete percepito - ha le modalità tipiche delle dispute rabbiniche, dove a citazione della Bibbia seguono citazioni dalla Bibbia.

Ecco la domanda di Gesù: "Che cosa pensate del Cristo? Di chi è figlio?". Gli risposero: "Di Davide". E Gesù apre scorci su quella risposta. Certo Figlio di Davide! Ma perché allora nel salmo Davide lo chiama suo "signore"? C'è un oltre. C'è sempre un oltre a cui aprirsi. Anche nei riguardi di Gesù. "Figlio di Davide". Quante volte glielo avevano gridato per le strade:"Figlio di Davide!".

Voi conoscete il vangelo: glielo avevano gridato soprattutto i sofferenti, quelli che erano in cerca di una speranza, i ciechi, la donna cananea, la folla stretta intorno a lui nel suo ingresso in Gerusalemme. C'era una promessa fatta a Davide e alla sua discendenza. Una promessa che attraversa la storia. E Gesù non arriva come se nulla lo avesse preceduto. Siamo noi che a volte ci concepiamo come se fossimo partiti da zero il giorno in cui siamo nati e niente alle spalle, quasi fossimo un inizio assoluto.

Gesù ha radici, è figlio di Davide, è stretto, stretto intimamente a quelle radici. La storia di Davide, la storia della scelta fatta da Dio per Davide - potremmo dire, perdonate l'espressione - gli pulsa nel sangue. Lui discende da Davide. In questo orizzonte è illuminante il racconto, che oggi ci è stato proposto, dell'elezione di Davide, un racconto che ha un suo patos - ce ne siamo accorti - anche dal punto di vista letterario.

Samuele, dopo aver fatto resistenza, parte, parte su un ordine di Dio: "Riempi di olio il tuo corno e parti. Ti mando da Iesse, il Betlemmita, perché mi sono scelto tra i suoi figli un re". E noi abbiamo assistito al padre che fa passare, uno dopo l'altro, sette dei suoi figli, quelli che secondo lui ne avrebbero le doti. E la risposta ad ogni passaggio di figlio è che non è lui.

Importante - e la vorrei sottolineare - la motivazione di Dio: "Non guardare al suo aspetto né alla sua statura, perché io l'ho scartato, perché non conta quello che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore". C'è un ultimo figlio, è a pascolare il gregge, è il più piccolo, "fulvo, con begli occhi, e gentile di aspetto". Per chi vede l'apparenza il meno adatto al compito.

Soprattutto se si pensa che allora il re era un capo guerriero. Ci vuole ben altro che uno di gentile aspetto, ci vuole ben altro, ci vuole uno che ha uno sguardo di fuoco. Mi sono detto: quante volte pensiamo allo stesso modo a proposito di chi deve governare! E qui mi sono fermato. Almeno per due motivi.

Il primo motivo è che questa storia in cui è inserito Gesù - ma siamo inseriti anche tutti noi - è una storia che - è evidente - non nasce e non si fonda sull'iniziativa umana né riposa sulle strategie umane, ma su una scelta di Dio, che mette in luce un altro criterio: è una scelta che nasce dall'amore di Dio per il suo popolo.

Ciò che si intravede in Davide si manifesterà in pienezza di luce in Gesù, scelto per un disegno di amore che riguarda la terra. Ma brevemente vorrei sfiorare un altro pensiero. Non so - proprio non so - se interpreto correttamente, ma riflettendo in questi giorni sul racconto e sulla motivazione della scelta di Dio, mi sono fermato a quella parola : "il Signore vede il cuore". Dunque il cuore.

E allora mi è venuto spontaneo pensare al cuore di Davide. Dunque Dio ha visto il cuore di Davide. E qui mi è nata una suggestione. Di per sé non si dice che Dio ha guardato la perfezione. La storia di Davide non racconta - tutti lo sappiamo - perfezione o immacolatezza. Ricordo il titolo di un libro che raccoglie le riflessioni su Davide, fatte un corso di esercizi dal cardinale Carlo Maria Martini. Il titolo è: "Davide peccatore e credente". Dio vide il cuore.

Badate bene che, sbagliando religione, si può essere puritani, ma senza cuore e il vangelo ha molte pagine che ci raccontano questo stravolgimento. Ricordate come Gesù difese apertamente una donna che era agli occhi dei puritani una poco di buono. Lei gli aveva pianto sui piedi e glieli aveva unti di olio profumato. E lui la difende dai cosiddetti benpensanti della religione e dice, sbiancandoli in volto: "Ha molto amato". Dio vede il cuore.

E dà spazio alla misericordia. Tutta la vita di Gesù è lì a raccontarcelo. Figlio di Davide, ma anche signore di Davide, perché è il figlio di Dio. E la storia della discendenza di Davide, trova in Gesù un oltre, la pienezza di Dio. Proprio perché figlio di Dio la sua storia oltrepassa i confini di un popolo e diventa storia dei popoli. La sua causa è il bene della terra.

La sua causa - e dovrebbe essere la causa di coloro che si riconoscono in lui -, la sua causa è il bene della terra, dell'umanità. Che non riposa né sulla forza né sull'apparenza: Dio vede il cuore. E che cosa vede oggi? Me lo sono chiesto, ce lo chiediamo. Che cosa vede? Il cuore? C'è ancora cuore? Saremo peccatori, lo siamo tutti, io per il primo. Ma ci è rimasto un po' di cuore?

In quello che pensiamo, decidiamo, facciamo? Ci è rimasto un po' di cuore? So di aver ridotto l'orizzonte, perché anche l'ultimo degli esegeti si metterebbe a precisare che cosa nella bibbia significa "cuore". Ma io ho pensato al cuore di Davide, peccatore e credente, capace di riconoscere il suo peccato e di affidarsi al Dio della misericordia. Gli fu riconosciuto il cuore.

Non solo, ma nonostante i suoi errori e le sue colpe, non venne meno alla fiducia nella promessa di Dio. Che ora si realizza in Gesù, il Figlio di Dio, che raduna da ogni dove il suo popolo. E noi parte di un popolo, noi chiamati a sposare ogni giorno la causa di Dio. Che è il suo amore per questa terra.

La terra, la nostra terra da cui anche oggi sale, a volte angosciato il grido: "Figlio di Davide, salvaci". Salvaci! Salvaci tu, figlio di Davide e figlio di Dio. Salvaci!

 

 


 
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