la parola della domenica

 

Anno liturgico C


omelia di don Angelo nell'ottava Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


3 agosto 2025



 

 

1Sam 8,1-22a
Sal 88
1Tm 2,1-8
Mt 22, 15-22

Le letture oggi sembrano mettere a tema la politica o, forse meglio, una visione della politica, una realtà che tocca tutti perché, come dice la parola, tocca la città - e la città ci sta a cuore - tocca la casa comune - e la casa comune non può non starci a cuore -. E' accaduto che, per una sorta di pessimismo o di disillusione, non poche voci nel tempo, e ancora oggi, spingano a disinteressarcene, ad astenercene, a lasciar fare. Ma gli esiti del "lasciar fare" sono oggi sotto gli occhi di tutti e sono agghiaccianti, più gelidi del ghiaccio che - penso - forse ha un cuore. Dalla Bibbia, dalla fede, dalle fedi, noi non cerchiamo certo soluzioni politiche che non sono nel loro orizzonte, ma un'anima sì. E senza un'anima la politica è devastazione, devastazione di umanità e di terra.

Ci è chiesto dunque non resa, ma resistenza. A partire oserei dire dagli occhi, vigili gli occhi. Contro i camuffamenti del potere. E in questo orizzonte sono lucide, sino ad essere spietate, le parole di Dio a Samuele, in risposta a un popolo che si illude di risolvere i problemi semplicemente dandosi un re, come gli altri popoli. Scrive Monsignor Gianantonio Borgonovo: "Questa sezione è una critica alla monarchia, la più aspra che si trova nel Primo Testamento. È una pagina stimolante per pensare al rischio d'abuso di potere in ogni forma di governo umano. L'autorità umana dovrebbe favorire la solidarietà e l'equa distribuzione della ricchezza della società per ciascun cittadino e invece il rischio è che concentri in sé e nei pochi che accedono alla stanza del potere la ricchezza di ciascuno".

Ebbene nel nostro brano non può non colpirci un verbo che si rincorre ad eco riga dopo riga e sembra dire l'anima segreta del potere, il verbo "prendere". "Questo sarà il diritto del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli renderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie. Prenderà pure i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li darà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi cortigiani e ai suoi ministri. Vi prenderà i servi e le serve, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la decima sulle vostre greggi e voi stessi diventerete suoi servi"

"Prendere e asservire" è la natura del potere assoluto. Tiene anima di esproprio. A cominciare dall'esproprio di Dio. Ben altro è infatti ciò che il potere spasmodicamente persegue anche se a volte si ammanta del nome di Dio. E dunque se hai fede in Dio, se veneri la sua trasparenza in ogni sua creatura, rifiutagli il volto. Di più ricorda - come il brano di Samuele ammonisce - che "più il potere è assoluto, più assoluta diventa la corruzione". E l'esito? Triste, a chiusura del brano: "e voi stessi diventerete suoi servi". Prendere, asservire. La mala politica. La vediamo in gioco anche con Gesù. Il potere religioso vede con sospetto il rabbi di Nazaret. La sua predicazione è scintilla di libertà, stana dalle sudditanze del potere. E sfioro - semplicemente sfioro - il brano di Matteo: pagare o no il tributo a Cesare? Lui, Gesù li vede arrivare e non era certo un bello spettacolo.

Che cosa avrebbero inventato per metterlo spalle al muro? Ci incanta, è da fascino la limpidezza di Gesù. Un giorno aveva detto ai Dodici: "Sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi" (Mt 10,18-20). Li vede arrivare. Non erano i volti che avrebbe desiderato, ma era convinto che lo Spirito gli avrebbe suggerito che cosa dire. Disse: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". Se un tributo ha finalità di bene comune, datelo a Cesare, ma ricordate che c'è qualcosa di inviolabile, di ingualcibile, di sacro ed è la vostra anima, la vostra coscienza: quella non vendetela a nessuno, potete renderla solo a Dio.

Ma permettetemi un ultimo passaggio. Lo sento doveroso. Potremmo rovesciare i verbi "prendere e asservire", i verbi della mala poltica, e sostituirli con "prendersi cura e liberare da schiavitù", vedremmo accadere la buona politica di cui sentiamo un urgente bisogno. La buona politica che anche oggi, in un panorama a dir poco desolante, ha servitori appassionati e integri e sarebbe ingeneroso non riconoscerli. Di loro abbiamo bisogno come dell'aria che respiriamo: persone competenti e disinteressate, che fanno politica non per sé ma per gli altri, perché credono fermamente che la politica serva per cambiare le cose, per costruire bene comune. Qualcuno ha scritto: "Credo occorra seminare, e ritrovare fiducia nella politica come spazio del cambiamento e non come luogo della rincorsa delle proprie ambizioni".

Ricolorare il cielo. Oggi Paolo ci invitava a pregare per quelli che stanno al potere "perché -scrive - possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità". E ancora "Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche". Lo abbiamo fatto e lo faremo: non demorderemo dal bussare alla porta di Dio, ma siamo coscienti che occorra che si apra anche la porta dei nostri cuori sprangati.

Siamo coscienti che il cielo riprenderà il suo colore per donne e uomini che mettono la loro forza nella mitezza, la loro passione nella giustizia, i loro occhi nella tenerezza.

 

Lettura del primo libro di Samuele - 1Sam 8, 1-22a

In quei giorni. Quando Samuele fu vecchio, stabilì giudici d'Israele i suoi figli. Il primogenito si chiamava Gioele, il secondogenito Abia; erano giudici a Bersabea. I figli di lui però non camminavano sulle sue orme, perché deviavano dietro il guadagno, accettavano regali e stravolgevano il diritto. Si radunarono allora tutti gli anziani d'Israele e vennero da Samuele a Rama. Gli dissero: "Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non camminano sulle tue orme. Stabilisci quindi per noi un re che sia nostro giudice, come avviene per tutti i popoli". Agli occhi di Samuele la proposta dispiacque, perché avevano detto: "Dacci un re che sia nostro giudice". Perciò Samuele pregò il Signore. Il Signore disse a Samuele: "Ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro. Come hanno fatto dal giorno in cui li ho fatti salire dall'Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, così stanno facendo anche a te. Ascolta pure la loro richiesta, però ammoniscili chiaramente e annuncia loro il diritto del re che regnerà su di loro". Samuele riferì tutte le parole del Signore al popolo che gli aveva chiesto un re. Disse: "Questo sarà il diritto del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di cinquantine, li costringerà ad arare i suoi campi, mietere le sue messi e apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie. Prenderà pure i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li darà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi cortigiani e ai suoi ministri. Vi prenderà i servi e le serve, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la decima sulle vostre greggi e voi stessi diventerete suoi servi. Allora griderete a causa del re che avrete voluto eleggere, ma il Signore non vi ascolterà". Il popolo rifiutò di ascoltare la voce di Samuele e disse: "No! Ci sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie". Samuele ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all'orecchio del Signore. Il Signore disse a Samuele: "Ascoltali: lascia regnare un re su di loro".

Sal 88 (89)

Sei tu, Signore, la guida del tuo popolo. Beato il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del tuo volto; esulta tutto il giorno nel tuo nome, si esalta nella tua giustizia. R Perché tu sei lo splendore della sua forza e con il tuo favore innalzi la nostra fronte. Perché del Signore è il nostro scudo, il nostro re, del Santo d'Israele. R Un tempo parlasti in visione ai tuoi fedeli, dicendo: "Ho trovato Davide, mio servo, con il mio santo olio l'ho consacrato; la mia mano è il suo sostegno, il mio braccio è la sua forza". R

Prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo -1Tm 2,1-8

Carissimo, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l'ha data nei tempi stabiliti, e di essa io sono stato fatto messaggero e apostolo - dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità. Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza polemiche.

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 22,15-22

In quel tempo. I farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo il Signore Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?". Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: "Questa immagine e l'iscrizione, di chi sono?". Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne andarono. .

 

 


 
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