la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella settima Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


28 luglio 2019



 

 

Gs 24, 1-2a. 15b-27
Sal 104
Ts 1, 2-10
Gv 6, 59-69

 

"Questa parola è dura! Chi potrà ascoltarla?". E "da quel momento molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui". Stiamo parlando dei suoi discepoli e non dei capi religiosi: questi ultimi pregiudizialmente già erano schierati contro Gesù. Si tratta di discepoli. Ma che cosa era successo? Come mai questo improvviso deragliamento nei consensi? Non era forse vero che il giorno prima, al di là del lago, sui prati del monte, dove era avvenuta una condivisione di pane tra i cinquemila, visto il segno che egli aveva compiuto, la reazione era stata di tutt'altro tenore? Acclamavano e dicevano: "Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo". E stavano - è scritto - "per venire a prenderlo per farlo re!".

Quel segno aveva dunque riacceso sogni politici: farlo re. "Tu sei re!". Ma ecco che il giorno dopo, al di là del lago, nella sinagoga di Cafarnao, lui che quel grido lo aveva sentito - e si era subito ritirato sul monte, lui da solo - sente come il bisogno di fare chiarezza subito, senza giri di parole. "Tu sei re!"?. "No, io sono pane, pane disceso dal cielo". Pensate lo straniamento, per chi già si immaginava un capo che guidasse l'insurrezione! "No, io sono pane". E come parola d'ordine, quella di nutrirsi del pane che è lui, del pane della sua parola e della sua vita. Ma ci pensate lui, Gesù, racchiude la sua identità - chi era - in una immagine: "Io sono il pane disceso dal cielo". Definizione poco usata: "Dimmi chi è Gesù". "E' il pane. Disceso dal cielo".

Dura la parola? Certo: non c'erano posti da spartire, non c'erano ruoli da rivendicare, e nemmeno autorità da venerare. Lontano, lontanissimo da quel mondo che lui chiamava "carne", la carne che "non giova a nulla". Badate bene che "carne" non significa "corpo", Gesù i suoi non li vuole lontani dal corpo, li vuole lontani - ecco il significato di "carne" - da una logica mondana, una logica che non porta nulla di buono, la logica di chi è impazzito di se stesso, una logica che può solo portare morte, la logica dell'egoismo. Abissalmente diversa la sua. Le sue parole andavano al cuore. Si parte dal cuore. Erano parole abitate da un soffio, abitate dallo spirito, parole che ti fanno fremere, non parole immobili e rigide, rigide come monumenti, parole come quelle dei capi.

Disse: "E' lo Spirito che dà vita, la carne non giova a nulla: le parole che vi ho detto sono spirito e sono vita". Hanno dentro un vento, e creano vita. Voi mi capite, quelli che si erano incendiata la testa con ben altri progetti, al sentire uno che diceva: "Io sono pane che nutre! È lo spirito che dà vita", non potevano fare altro che scuotere la testa e andarsene. Nasce qui la divaricazione. Per che cosa sei venuto al mondo? Per che cosa sei disceso dal cielo? Per essere pane? E Gesù non arretra, su questo non arretra. Sulla sua immagine di pane non arretra. "Volete andarvene anche voi?". Ci sono momenti della vita - confessiamolo - in cui possiamo anche noi essere sfiorati da un'esitazione a credere: "Vuoi andartene anche tu?".

E' il momento in cui ci viene in aiuto la confessione di Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". Dove trovi, dove trovi mai, le parole che ti fanno vivo, ti fanno libero, responsabile, generoso, aperto, fiducioso nonostante tutto, capace di donarti per la semplice gioia di donare, parole in cui respira il soffio delle parole più belle dell'umanità ? Dove mai? E' il momento in cui, nonostante tutte le nostre debolezze, fragilità, dubbi - che lui conosce - non ci tiriamo indietro, non andiamo altrove. Non c'è altrove per noi. Perché lui custodisce tutto dell'umano e tutto porta a pienezza. Ma oggi perdonate, vorrei chiudere con l'immagine che Gesù si è appropriata, quella del pane.

La bellezza di questa immagine. Un'immagine parlante: che ci parla di Gesù pane e di noi chiamati, a nostra volta, a farci pane. Mi si accendono ricordi. Mi rimane il ricordo del profumo di pane che mi inebriava da bambino, d'improvviso, all'angolo di una strada, nell'aria quasi stupita del mattino. Ti raggiungeva da un panificio nascosto: odore, profumo di pane. Tu, il pane nemmeno lo vedevi. Ma il sapore buono era nell'aria. Ti investiva, ti dava un senso di freschezza, di benessere. Profumo buono, perché il pane è semplice, non si esibisce. Sta senza parlare su una tavola. Penso di non essere lontano dal vero immaginando che si senta a disagio - e se parlasse lo direbbe! - quando lo mettono nelle vetrine, in esposizione. La sua esposizione, quella vera, è nella casa, sulla tavola.

L'unica esposizione che sopporta. L'unica che sopportava Gesù che, come accennavamo, quando odorava il pericolo di altre esposizioni - "Ti facciamo re" - si dileguava. La bellezza del pane, essere come il pane: "Sei buono come il pane" Il pane - a volte lo scordiamo - è una convocazione, una convocazione di chicchi di grano. Lo ricordava - pensate - una antica preghiera eucaristica della chiesa del primo secolo, che così invocava: "Come i chicchi di grano sparsi sui colli sono stati riuniti ed hanno formato questo pane, così tu, Signore, raccogli da tutte le parti del mondo la tua Chiesa". Essere pane, essere convocazione - ma io sono convocazione? - una immagine che ho ritrovato in una poesia, una poesia di Pablo Neruda, "Sapore di pane", con cui vorrei chiudere questi miei pensieri.

Eccola: "Del mare e della terra faremo pane, coltiveremo a grano la terra e i pianeti, il pane di ogni bocca, di ogni uomo, ogni giorno arriverà perché andammo a seminarlo e a produrlo non per un uomo ma per tutti, il pane, il pane per tutti i popoli e con esso ciò che ha forma e sapore di pane divideremo: la terra, la bellezza, l'amore, tutto questo ha sapore di pane".

 

Lettura del libro di Giosuè - Gs 24, 1-2a. 15b-27

In quei giorni. Giosuè radunò tutte le tribù d'Israele a Sichem e convocò gli anziani d'Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: "Sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore".Il popolo rispose: "Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Il Signore ha scacciato dinanzi a noi tutti questi popoli e gli Amorrei che abitavano la terra. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio". Giosuè disse al popolo: "Voi non potete servire il Signore, perché è un Dio santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà". Il popolo rispose a Giosuè: "No! Noi serviremo il Signore". Giosuè disse allora al popolo: "Voi siete testimoni contro voi stessi, che vi siete scelti il Signore per servirlo! ". Risposero: "Siamo testimoni! ". "Eliminate allora gli dèi degli stranieri, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il vostro cuore al Signore, Dio d'Israele!". Il popolo rispose a Giosuè: "Noi serviremo il Signore, nostro Dio, e ascolteremo la sua voce!". Giosuè in quel giorno concluse un'alleanza per il popolo e gli diede uno statuto e una legge a Sichem. Scrisse queste parole nel libro della legge di Dio. Prese una grande pietra e la rizzò là, sotto la quercia che era nel santuario del Signore. Infine, Giosuè disse a tutto il popolo: "Ecco: questa pietra sarà una testimonianza per noi, perché essa ha udito tutte le parole che il Signore ci ha detto; essa servirà quindi da testimonianza per voi, perché non rinneghiate il vostro Dio".

Sal 104 (105)

Serviremo per sempre il Signore, nostro Dio. Cercate il Signore e la sua potenza, ricercate sempre il suo volto. Ricordate le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca, voi, stirpe di Abramo, suo servo, figli di Giacobbe, suo eletto. R È lui il Signore, nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni, dell'alleanza stabilita con Abramo e del suo giuramento a Isacco. R Ha fatto uscire il suo popolo con esultanza, i suoi eletti con canti di gioia. Ha dato loro le terre delle nazioni e hanno ereditato il frutto della fatica dei popoli, perché osservassero i suoi decreti e custodissero le sue leggi. R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi - Ts 1, 2-10

Fratelli, rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione: ben sapete come ci siamo comportati in mezzo a voi per il vostro bene. E voi avete seguito il nostro esempio e quello del Signore, avendo accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo, così da diventare modello per tutti i credenti della Macedonia e dell'Acaia. Infatti per mezzo vostro la parola del Signore risuona non soltanto in Macedonia e in Acaia, ma la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne. Sono essi infatti a raccontare come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, il quale ci libera dall'ira che viene.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 6, 59-69

In quel tempo. Il Signore Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: "Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?". Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: "Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono". Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: "Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre". Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il santo di Dio".

 

 

 


 
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