la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella sesta Domenica di Pasqua
secondo il rito ambrosiano


9 maggio 2021



 

 

At 26,1-23
Sal 21
1Cor 15,3-11
Gv 15,26 - 16,4

A creare sussulto oggi, nel cuore e nei pensieri, è una parola che ricorre nei testi, la parola "testimonianza", "dare testimonianza". L'ho trovata nelle lettura degli Atti degli Apostoli: Paolo dà testimonianza davanti al re Agrippa. Rivolto a lui dice: "Con l'aiuto di Dio, fino a questo giorno, sto qui a testimoniare agli umili e ai grandi". Sto… a testimoniare, a dare testimonianza. E Gesù ai discepoli nel vangelo: "Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio". "Date testimonianza, perché siete con me fin dal principio".

Perdonate, c'è come una connessione, la testimonianza viene dall'essere stati con lui". Nasce quasi come un'urgenza dall'essere stati con lui. Affascinati da lui. C'è di mezzo una passione, e tu vuoi raccontare. So che i teologi più accreditati avrebbero da ridire su quello che vi sto dicendo, su una mia discutibile sostituzione. A voi però lo posso dire: Io al verbo "testimoniare" - che ha subito nel tempo una sorta di riduzione, ridotto al significato di fare dichiarazioni per Gesù e il suo vangelo - sarei tentato qualche volta di sostituire il verbo "raccontare".

Perché, vedete, si può anche proclamare dogmi, ma ad occhi spenti, senza passione, come se si trattasse di formule del catechismo. Paolo - lo abbiamo sentito - dà testimonianza raccontando. Raccontando quanto è avvenuto a lui sulla strada verso Damasco. Riascoltiamo: "Verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio. Tutti cademmo a terra e io udii una voce che mi diceva in lingua ebraica: "Saulo, Saulo, perché mi perséguiti? È duro per te rivoltarti contro il pungolo". E io dissi: "Chi sei, o Signore?". E il Signore rispose: "Io sono Gesù, che tu perséguiti. Ma ora àlzati e sta' in piedi; io ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto di me e di quelle per cui ti apparirò". Per costituirti ministro e testimone".

Testimone dopo una visione che gli aveva abbagliato gli occhi. Testimoniare - voi mi capite - raccontando. Raccontando quello che è accaduto. E non è sempre - dobbiamo dirlo - lo stesso accadimento. A noi non è accaduto di stramazzare a terra da un cavallo per bagliore negli occhi. A noi non accade, per lo più, di avere visioni. Accade - ed è la cosa che conta - di essere come toccati nel cuore. Al punto che davanti alla ipotesi di andartene da Gesù - da Gesù, non dico dalle pratiche religiose - ti sentiresti un po', penso tanto, tremare il cuore. E dove? Dove troverei la luce, la passione, la follia d'amare che trovo in lui? E nasce il racconto. E ci sono mille modi di raccontare.

Una cosa però ti appare evidente: che raccontare è diverso da enunciare dogmi. Cambiano gli occhi, cambia la voce: tu vedi la differenza tra gli occhi di racconta e gli occhi di chi enuncia. C'è un brivido che tu sorprendi in chi racconta. Anche le parole non sono una cantilena stanca e monotona, anche la voce si accende. Vorrei subito aggiungere che il primo racconto, la prima testimonianza, è la persona. E' con la tua persona, con il tuo modo di vivere, con il tuo sguardo sulla vita, che tu racconti, dai testimonianza di Gesù. Il vero grande testimone, il testimone bello, fu Gesù: lui ci raccontò il Padre. Ma come? Con il suo modo di guardare la vita, di vivere, di vivere e di morire. Lui raccontava Dio con i suoi gesti che rialzavano, liberavano, facevano respirare, facevano sognare.

Vorrei anche dire che la parola "testimoni", "essere testimoni" non disegna altezze inavvicinabili o luoghi deputati alla testimonianza. Disegna il nostro vivere quotidiano. Disegna uno sguardo sulla vita. E mi fa dire, fa dire a tutti noi, oggi e sempre, un grazie di emozione per coloro che abbiamo incontrato sul cammino, con cui ci siamo accompagnati e ci hanno raccontato di Gesù con la lucentezza della vita, degli occhi, delle mani, dell'amicizia, dell'amore. Ho pensato così che essere chiesa non è essere in una organizzazione, ma sentirsi insieme in questa passione per Gesù, per il vangelo e sentire la bellezza di avere questo sguardo, il suo, sulla vita e avere come compagni di viaggio, donne e uomini che condividono questo sguardo.

Mi ha fatto molto pensare un passaggio di un messaggio ricevuto in questi giorni da una amica. Le era capitato di incontrare, tempo fa, per strada una povera donna, derelitta, smarrita, ai margini. Avrebbe potuto passare oltre, come il sacerdote e il levità della parabola. Si è fermata. Non è riuscita ad abbandonarla a se stessa, voleva metterla in sicurezza, restituirle dignità e autonomia. Non è stato facile. Ora, con l'aiuto anche di altri, quella donna vive al caldo, in una casa pulita, con la possibilità di alcune ore di lavoro. Io penso che siano numerosi i gesti di coloro che si fermano e non passano oltre. Spesso sono segreti, sono compiuti nel silenzio, per fedeltà al sottovoce del vangelo e quindi, lontani dal suonare in piazza le trombe. Ve ne ho parlato, ma rimane la segretezza.

Perché ve ne ho parlato? Perché a colpirmi nel racconto fu un passaggio in cui questa amica mi confidava quanto sia prezioso non sentirsi soli quando si cerca (tra virgolette) di "cambiare il mondo". E si cerca di cambiarlo perché si ha uno sguardo diverso. Si sente allora il bisogno di avere qualcuno vicino che conosca quello sguardo, che abbia lo stesso sguardo, qualcuno che, come te, sia contro i distanziamenti del cuore. Se questo accade, per te è come sentirti confermato in ogni azione d'amore azzardata, approvato in ogni follia di compassione. Si ha bisogno di sentire che non siamo i soli a guardare la vita così. Chiesa è questo camminare insieme, cercando di avere uno sguardo diverso sul mondo. Lo sguardo di Gesù. E avere la sua arte di far fiorire.

Mi riviene al cuore una poesia che amo, di Pablo Neruda. Anche questa mi è stata ricordata da un'amica. Ci auguriamo l'arte di far fiorire. Eccola: "Ognuno ha una favola dentro che non riesce a leggere da solo. Ha bisogno di qualcuno che con la meraviglia e l'incanto negli occhi la legga e gliela racconti".

Con la meraviglia e l'incanto negli occhi.

 

Lettura degli Atti degli Apostoli - At 26,1-23

In quei giorni. Agrippa disse a Paolo: "Ti è concesso di parlare a tua difesa". Allora Paolo, fatto cenno con la mano, si difese così: "Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi difendere oggi da tutto ciò di cui vengo accusato dai Giudei, davanti a te, che conosci a perfezione tutte le usanze e le questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza. La mia vita, fin dalla giovinezza, vissuta sempre tra i miei connazionali e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei; essi sanno pure da tempo, se vogliono darne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto secondo la setta più rigida della nostra religione. E ora sto qui sotto processo a motivo della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri, e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveranza. A motivo di questa speranza, o re, sono ora accusato dai Giudei! Perché fra voi è considerato incredibile che Dio risusciti i morti? Eppure anche io ritenni mio dovere compiere molte cose ostili contro il nome di Gesù il Nazareno. Così ho fatto a Gerusalemme: molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con il potere avuto dai capi dei sacerdoti e, quando venivano messi a morte, anche io ho dato il mio voto. In tutte le sinagoghe cercavo spesso di costringerli con le torture a bestemmiare e, nel colmo del mio furore contro di loro, davE esù si discepoli nel vangeloo loro la caccia perfino nelle città straniere. In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con il potere e l'autorizzazione dei capi dei sacerdoti, verso mezzogiorno vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio. Tutti cademmo a terra e io udii una voce che mi diceva in lingua ebraica: "Saulo, Saulo, perché mi perséguiti? È duro per te rivoltarti contro il pungolo". E io dissi: "Chi sei, o Signore?". E il Signore rispose: "Io sono Gesù, che tu perséguiti. Ma ora àlzati e sta' in piedi; io ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto di me e di quelle per cui ti apparirò. Ti libererò dal popolo e dalle nazioni, a cui ti mando per aprire i loro occhi, perché si convertano dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ottengano il perdono dei peccati e l'eredità, in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me". Perciò, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste, ma, prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di pentirsi e di convertirsi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione. Per queste cose i Giudei, mentre ero nel tempio, mi presero e tentavano di uccidermi. Ma, con l'aiuto di Dio, fino a questo giorno, sto qui a testimoniare agli umili e ai grandi, null'altro affermando se non quello che i Profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo avrebbe dovuto soffrire e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunciato la luce al popolo e alle genti".

Sal 21 (22)

A te la mia lode, Signore, nell'assemblea dei fratelli. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe. Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli. Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra. R Davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli. A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere. R Io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: "Ecco l'opera del Signore!". R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi - 1Cor 15,3-11

Fratelli, a voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Dunque, sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 15,26 - 16,4

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: "Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l'ho detto. Non ve l'ho detto dal principio, perché ero con voi".

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