la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella sesta Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


17 luglio 2017



 

 

Es 33,18-34,10
Sal 76
1Cor 3,5-11
Lc 6,20-31

E' intrigante l'accostamento che oggi opera la liturgia: la legge data a Mosè sul monte e le parole affidate ai discepoli da Gesù nella pianura. Basterebbe uno degli episodi a sollecitare la nostra riflessione. Non possiamo raccogliere se non frammenti. Di Mosè ci è stato raccontato che sale una seconda volta sul monte, le tavole che Dio inciderà sul monte, tavole per un'alleanza, sono nuove, le prime sono state fatte a pezzi a causa dell'idolatria del popolo.

Con che cuore Mosè sale il monte? Nel dialogo tra lui e Dio ci sono passaggi emozionanti. Vi dirò che innanzitutto mi colpisce - in un uomo come Mosè, uomo di carovane, traghettatore di deserti, fibra rocciosa - quel suo desiderio svelato di vedere la gloria di Dio, una manifestazione del divino.

E Dio farà sì passare la sua gloria, avvertirà il passaggio, la presenza, ma non vedrà il suo volto. Troppo abbagliante per i suoi occhi, per i nostri occhi, per gli occhi umani: fa tenerezza Dio che lo invita a stare nella cavità della rupe, gli coprirà gli occhi con le mani. Lo vedrà ma solo di spalle: "Nessun uomo può vedermi e restare vivo".

Tra parentesi, vorrei dirvi che non so se a noi, quando parliamo di Dio, ci rimane questa consapevolezza che lo vediamo di spalle, solo di spalle: solo qualcosa traluce dalla benda che ci protegge gli occhi. Un'altra cosa colpisce nel racconto: che sul monte Mosè è solo, il popolo è alle pendici, lui sale e poi scende.

E' sottolineata una distanza: "Nessuno salga con te e nessuno si veda sul tutto il monte". Nelle vicinanze neppure gli armenti, divieto di accesso. La distanza. Eppure nel dialogo tra Mosè e Dio, che a volte sembra segnare la distanza e quasi un risentimento, l'immagine di Dio va come stemperandosi dalla durezza e alla fin fine a prevalere nel dialogo è il cuore, affiora a più riprese l'amore per il suo popolo, prevale la misericordia.

Dio sa che anche quelle tavole, le seconde, non rimarranno inviolate. Per nessuno di noi. E ora il racconto delle beatitudini nel vangelo di Luca. Immagino che abbiate colto la differenza tra questo racconto e quello delle beatitudini del monte in Matteo. Il taglio operato dalla liturgia cancella il contesto. Gesù è stato sul monte a pregare e sul monte ha scelto i dodici. Ma ora scende. "Disceso con loro si fermò in un luogo pianeggiante".

Mentre nel racconto della Genesi veniva in qualche modo sottolineata l'ascesa al monte, una certa inaccessibilità e distanza, qui trovi la discesa. Ciò che era inaccessibile, qui si fa accessibile. Là uno solo saliva ad ascoltare. Qui l'accessibilità è totale. Anzi l'accoglienza è totale. Anche per questo è un peccato che il brano delle beatitudini del vangelo di Luca sia stato privato del suo contesto: perché, quando leggiamo che Gesù diceva "Beati voi", ci chiediamo: "Voi chi? Chi aveva davanti agli occhi e a chi legava le sue beatitudini? Certo i discepoli, ma il racconto parla di "gran folla di discepoli".

E, insieme a loro - ecco la citazione - "gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti". Pensate, quelle parole sono per tutti, per la felicità di tutti: ad ascoltarlo non ci sono solo ebrei, ma gente venuta da ogni dove, anche dal litorale di Tiro e di Sidone, da territori che noi diremmo pagani.

Sono parole senza steccati, approdano al cuore di tutti. E immaginate l'emozione al sentirle: "Beati voi...". In cuor loro doveva passare un fremito che andava alle ossa. Quasi dicessero a se stessi: "Ecco uno che ci guarda, dentro un mondo che non ci guarda! Uno che ci vuole visibili, dentro un mondo che ci vuole invisibili. Uno che capovolge la visione dominante. Perché tutti dicono beati gli altri: quelli che stanno bene e hanno soldi e fanno carriera.

E noi siamo gli scarti dell'umanità. Alcuni addirittura ci guardano come dei maledetti da Dio". Ebbene il rabbi, che ha pregato sul monte, rovescia l'orizzonte, rivoluziona i criteri: per lui contano quelli che non contano. E mette in guardia gli altri. "Guai a voi ricchi". "Guai, guai, guai": ripeteva. Ci sembra quasi di udire la voce rovente del Battista! Quasi li andasse a frugare tra la folla i ricchi, i sazi, i gaudenti, gli osannati.

Non so se ci pensate, ma le beatitudini non suonano come una voce di compassione per quella che viene considerata gente di scarto. "E che cosa fai con i poveri, con quelli che hanno fame, con quelli che sono messi al bando? Gente al massimo da compatire": direbbe qualcuno. Ebbene le beatitudini non sono uno sguardo di generica compassione, ma uno sguardo che va a rivendicare una dignità. Che hanno loro, proprio loro, i dimenticati.

Papa Francesco ha voluto come frutto dell'anno del giubileo della misericordia una "giornata mondiale dei poveri" che celebreremo il 19 novembre. Un problema quello della povertà! Se siamo onesti, non possiamo nascondercelo. Proprio in questi giorni un'indagine dava numeri impressionanti: la povertà assoluta in Italia si assesta su una cifra da brivido: quasi cinque milioni. Ma da brivido sono anche le affermazioni di coloro che ancora osano dire che questo è un fatto fisiologico alle società del benessere.

Ci chiediamo allora, e non solo da cristiani, ma anche da umani, che cosa sia mai "benessere"? Nel suo messaggio il papa mette in guardia dalle vuote parole: dire "i poveri" e non cambiare la vita. Scrive: "Non pensiamo ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato, da fare una volta alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà, per mettere in pace la coscienza.

Queste esperienze, pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa, dovrebbero introdurre ad un vero incontro con i poveri e dare luogo ad una condivisione che diventi stile di vita".

Incontro, cioè toccare. E stile di vita.

 

Lettura del libro dell'Esodo 33, 18 - 34, 10

In quei giorni. Mosè disse al Signore: "Mostrami la tua gloria!". Rispose: "Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò aver misericordia avrò misericordia". Soggiunse: "Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo". Aggiunse il Signore: "Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano, finché non sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere". Il Signore disse a Mosè: "Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte". Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione". Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità". Il Signore disse: "Ecco, io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te".

Sal 76 (77)

® Mostrami, Signore, la tua gloria. La mia voce verso Dio: io grido aiuto! La mia voce verso Dio, perché mi ascolti. Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore, nella notte le mie mani sono tese e non si stancano; l'anima mia rifiuta di calmarsi. ® Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e incapace di parlare. È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell'ira la sua misericordia? ® Ricordo i prodigi del Signore, sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo. Vado considerando le tue opere, medito tutte le tue prodezze.

® Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 3, 5-11

Fratelli, che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.

Lettura del Vangelo secondo Luca 6, 20-31

In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: / "Beati voi, poveri, / perché vostro è il regno di Dio. / Beati voi, che ora avete fame, / perché sarete saziati. / Beati voi, che ora piangete, / perché riderete. / Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, / perché avete già ricevuto la vostra consolazione. / Guai a voi, che ora siete sazi, / perché avrete fame. / Guai a voi, che ora ridete, / perché sarete nel dolore e piangerete. / Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti. Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da' a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. / E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro". .

 

 


 
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