la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella sesta Domenica dopo il martirio
secondo il rito ambrosiano


10 ottobre 2021



 

 

Is 45,20-24a
Sal 64
Ef 2,5c-13
Mt 20,1-16

"Uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna". Non so se stravedo - a volte sì stravedo - ma già l'incipit della parabola mi intenerisce, mi intenerisce quel possessivo, la "sua" vigna, ripetuto più volte nel brano. Un "sua" - la sua vigna -, che non mi suona come dominio, ma come affetto. Gli era cara. Tant'è che il testo greco non dice: "usci all'alba", ma scrive: "uscì insieme all'alba, in compagnia dell'alba, quasi andassero insieme a visitarla. Forse, dico forse, era il tempo della vendemmia. Qualcuno di voi sa che fascino abbia il tempo della vendemmia in una vigna.

Non è solo tempo di fatica, come sembrano dire quelli della prima ora: "abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Grappoli di uva, su viticci aggrappati a filiere e profumi nell'aria. Pensate l'arte di sarchiare un terreno - perché di arte si tratta - così che basti un minimo, che meno no, di terriccio per mettere a sede una barbatella. E non venga l'insulto della tempesta a sconsacrarne la bellezza. Sì, c'è la fatica. Ma possiamo forse anche guardare oltre la fatica, sorprendendoci alla storia di una vigna e agli occhi del padrone e dell'alba. Certo, uno sfruttamento degli operai romperebbe l'incanto. E a me, sembra bello pensare come il padrone della vigna non forzi i tempi dei lavoratori della prima ora, ma aggrega, aggrega altri. E così dovrebbe essere, anche oggi.

Ci inoltriamo nella parabola e nascono fili, nascono connessioni. Perché la vigna, la vite - e voi lo ricordate - nella Bibbia è figura del popolo di Dio, può diventare simbolo della umanità, simbolo di questa terra, simbolo di ognuno di noi, affidati a una cura. Il padrone della vigna ha bisogno di operai, di collaborazione. Diremmo, a non finire: dalle prime luci soffuse dell'alba sino all'imbrunire. Il popolo di Dio, l'umanità, il momento della storia che stiamo vivendo, sono affidati alle nostre cure. E non importa a che ora. Importi tu. Perché al compimento dell'opera conta che ci sia anche tu, anche se tu fossi operaio dell'ultima ora. Importi oggi. Fu così dalle origini, dall'in principio, quando ancora non esistevano diversità di etnie o di religioni, quando Dio - è scritto nel libro della Genesi - creò il terrestre.

Ed è scritto: "L'uomo domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. […] Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra" (1,26.28). Purtroppo nella storia i verbi "soggiogare" e "dominare" hanno assunto significati distorti e brutali: il loro uso perverso ha condotto all'esito che sta sotto gli occhi di tutti. E a volte sembra che siano i ragazzi ad accorgersene e a darcene un allarmante segnale. Una vigna manipolata intristisce. Come un giardino rinchiuso.

Ne parlavo la domenica dopo Pasqua riferendomi a un commento suggestivo, con notazioni sorprendenti, attualissime, di Don Paolo Alliata a una favola di Oscar Wilde, "il Gigante egoista". Il gigante che costruisce mura a protezione del suo giardino - noi potremmo dire della vigna - destinandolo stoltamente a intristire: il suo futuro è la morte. Don Paolo commenta: "L'istinto vitale, di possedere la vita subito tutta nell'arco di un'ora. Oppure, come nel giardino del Gigante, di contenerla tutta nello spazio di un recinto. Possedere in fretta, perché di doman non v'è certezza; trattenere per una cerchia ristretta di vicini, perché al di là del muro non c'è da fidarsi. Quella furia egoista e frettolosa fa ammalare. Non è vita. È solo la soffocante ansia di non morire". Un gelido cuore.

So di aver sconfinato, in eccesso. O forse non così lontano, se abbiamo intravvisto - e voi lo avete intravvisto - il cuore della parabola. Il cuore della parabola, che racconta il malcontento di quelli della prima ora, sta nelle parole del padrone della vigna. Eccole: "Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Meglio, stando al testo greco: "Oppure hai un occhio malvagio, perché io sono buono?". E' una questione di occhi, ce lo siamo detti molte volte, dipende dallo sguardo. E sconcertante a farla da padrone sono in questo caso gli operai, quelli della prima ora, hanno un cuore gelido, uno sguardo miope. Che non va al di là dei conti e soprattutto di se stessi. Occhio gelido. Al contrario non la fa da padrone, il padrone della vigna. Che non calcola a suo vantaggio e potrebbe! Come se si preoccupasse di che cosa vivrebbero quelli dell'ultima ora. Occhio buono.

Non è, voi mi capite, la benedizione della neghittosità, sarebbe aberrante interpretazione. Lui ha uno sguardo che va oltre il fatto puramente economico. C'è di mezzo una vita, e altre vite dietro di ognuno. Benedetta attenzione, sguardo che vede oltre. Non so perché, forse perché si parla di operai e di sera, mi è ritornato alla mente un passaggio del libro del Deuteronomio, capitolo 24. Due versi che sottendono una delicatezza estrema. Vorrei leggerveli: "Non defrauderai il salariato povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno dei forestieri che stanno nella tua terra, nelle tue città. Gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e a quello aspira. Così egli non griderà contro di te al Signore e tu non sarai in peccato (14-15).

Se il salariato è povero - dice il testo - la sera stessa deve ricevere lo stipendio. Avviene la rivoluzione dei nostri tempi: per alcuni la scadenza della paga può anche avere il ritmo dei quindici giorni o del mese, ma ci può essere qualcuno che non resiste a campare, non vive nel ritmo dei quindici giorni o del mese. L'attenzione dovrebbe essere al ritmo delle persone. Dovremmo ricordarlo. Occhio malvagio, occhio buono. E che cosa accade se l'occhio è attento, sensibile e buono? Non la malvagità o l'indifferenza. Ma la cura e la custodia. Sempre nel racconto della creazione, leggiamo un versetto imperdibile: "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse" (2,15).

A proposito di vigna e di giardini, di donne e di uomini, di terra… i tuoi occhi attenti e buoni, coltivare e custodire.

 

Lettura del profeta Isaia - Is 45,20-24a

Così dice il Signore Dio: "Radunatevi e venite, avvicinatevi tutti insieme, superstiti delle nazioni! Non comprendono quelli che portano un loro idolo di legno e pregano un dio che non può salvare. Raccontate, presentate le prove, consigliatevi pure insieme! Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo e chi l'ha raccontato fin da allora? Non sono forse io, il Signore? Fuori di me non c'è altro dio; un dio giusto e salvatore non c'è all'infuori di me. Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra, perché io sono Dio, non ce n'è altri. Lo giuro su me stesso, dalla mia bocca esce la giustizia, una parola che non torna indietro: davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua. Si dirà: "Solo nel Signore si trovano giustizia e potenza!".

Sal 64 (65)

Mostraci, Signore, la tua misericordia. Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion, a te si sciolgono i voti. A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale. R Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri delitti. Beato chi hai scelto perché ti stia vicino: abiterà nei tuoi atri. R Ci sazieremo dei beni della tua casa, delle cose sacre del tuo tempio. Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza. R

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini - Ef 2,5c-13

Fratelli, per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo. Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d'uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 20,1-16

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: "Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all'alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: "Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò". Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: "Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?". Gli risposero: "Perché nessuno ci ha presi a giornata". Ed egli disse loro: "Andate anche voi nella vigna". Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: "Chiama i lavoratori e da' loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi". Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: "Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo". Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: "Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?". Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi".

 

 


 
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