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la parola della domenica
Anno liturgico C
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At
4, 32-37 Ancora una volta qui a riascoltare parole di Gesù, cercando - è una mia fissazione - di immaginare che cosa si muovesse in quell'ora nel suo cuore e nel cuore dei discepoli. Pensate sono le parole, le prime, che Gesù disse, all'imbrunire, nell'ultima cena, dopo che, profondamente turbato, aveva detto ai suoi discepoli che uno di loro lo avrebbe tradito. Una reazione di spaesamento, di sconcerto: e chi mai? E Gesù intinge il boccone e lo dà a Giuda. E Giovanni nel suo vangelo annota: "Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. Quando fu uscito, Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui". Ecco dove nascono le parole che abbiamo ascoltato: appena Giuda uscì, a tradimento. E Gesù - pensate la rivoluzione - lega senza cesure la parola "gloria" all'ora ormai vicina del tradimento, all'ora ormai vicina di una morte infamante di croce. "Ora- dice proprio "ora" - il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui". La gloria: amare, amare anche a costo di essere ferito a tradimento, amare anche a costo di dare la vita, purché gli altri siano liberi. La gloria. La sua. E la nostra? Di noi che ci professiamo discepoli? Quale gloria inseguiamo? Poi, ecco Gesù chiamare i discepoli con una sfumatura di tenerezza e dire loro: "Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". Ebbene mi ha sempre colpito, questo luogo nuovo - permettete che lo chiami così - dove cercare e trovare Gesù oggi: "Mi cercherete… ma dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri". Il luogo nuovo è: "amatevi gli uni gli altri". Il luogo in cui cercare e trovare Gesù, il luogo non astratto, non stinto, ma concreto, con il colore della vita, è questo: amare. Questo su tutto. Paolo ce lo ha ricordato quando nell'esortare quelli di Corinto alla "via più sublime" - loro che si vantavano di tanti carismi - con immagine potente scrive: "Se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla". E attenzione a non stingere anche la parola carità, che non è un'elemosina, ma l'amore nell'orizzonte della vita di Gesù - "come io vi ho amato" - amore senza condizioni, sino a dare la vita. L'amore più forte della morte: l'amore che non muore, non porta morte, anzi fa risorgere. Se non c'è amore si è morti prima e si introducono vuoti paurosi di morte nella storia, sia in quella personale sia in quella comunitaria, mondiale. In questo orizzonte - di un amore annodato stretto alla risurrezione - vorrei sfiorare un nesso intrigante che sguscia oggi anche dal racconto degli Atti degli apostoli. Nel libro viene evocata - forse anche con qualche enfasi - la comunità delle origini: sembrano accadere e prendere forma le parole di Gesù, che erano invito ad amarsi gli uni gli altri. Sentite la bellezza di questo squarcio sulla vita della comunità: "La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune". Come dare forma nel tempo alle parole di Gesù? Questo è il problema. Sarebbe comodo, ma anche triste, eluderlo con la scusa che il modello delle origini oggi è improponibile, sottraendoci così all'urgenza di mettere in campo tutta la nostra intelligenza, progettualità, passione, alla ricerca di un assetto sociale, alternativo a quello attuale che sembra tradire, con disuguaglianze stordenti e ingiustizie insopportabili, parole che per noi sono sacre. Ne va della fede. Mi colpisce sempre - anche oggi mi ha colpito - come il racconto degli Atti metta in stretta connessione la testimonianza della risurrezione con il fatto che nessuno fra loro fosse bisognoso. Riascoltiamo: "Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso". Come siamo lontani. E' in una società dove nessuno è bisognoso, dove è rispettata la dignità di ciascuno, che è viva la testimonianza della risurrezione, dell'amore che vince la morte: è la consegna nel testamento di Gesù. Una consegna che mi è sembrato di ritrovare in questa poesia struggente di Refaat Alareer, poeta, scrittore e professore universitario di letteratura comparata, ucciso nella notte tra il 6 e il 7 dicembre 2023, in un raid su Gaza: Se
io dovessi morire
Lettura degli Atti degli Apostoli - At 4, 32-37 In quei giorni. La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa "figlio dell'esortazione", un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli. Sal 132 (133) Dove la carità è vera, abita il Signore. Ecco, com'è bello e com'è dolce che i fratelli vivano insieme! R È come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull'orlo della sua veste. R È come rugiada dell'Ermon, che scende sui monti di Sion. Perché là il Signore manda la benedizione, la vita per sempre. R Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi - 1Cor 12, 31 - 13, 8a Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime. Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 13, 31b-35 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri".
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