la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella quinta Domenica dopo il martirio di G.B.
secondo il rito ambrosiano


1° ottobre 2017



 

 

Dt 6,4-12
Sal 17
Gal 5,1-14
Mt 22,34-40

 

"Qual è il grande comandamento?" La domanda era stata posta a Gesù per metterlo in imbarazzo. Come avrebbe risposto lui, a proposito di una controversia che vedeva schierate diverse scuole rabbiniche del tempo, occupate a discernere tra prescrizioni e prescrizioni, se ne contavano seicentotredici. Gesù non sfugge alla domanda. Perché, al di là di tutto, è importante. E potrebbe arrivare anche a noi.

Per il cristianesimo, e quindi per i cristiani, per te, che cosa è la cosa più importante? In assoluto! Io penso - non so se sbaglio - che dei passi in avanti siano stati fatti in questi anni dai cristiani per capire che cosa è assoluto per la loro fede. Ma mi rimane come l'impressione che forse questa consapevolezza non l'abbiamo ancora pienamente raggiunta e che il comandamento dell'amore rimanga ancora uno fra i tanti e nemmeno il primo.

Chissà se la prima cosa su cui ci interroghiamo nei nostri esami di coscienza è proprio questa: "Ho amato?". "Ho amato Dio con tutto il cuore. Il mio prossimo come me stesso?". Nelle nostre confessioni è proprio questa la prima cosa su cui mettiamo tutta la nostra attenzione? Ci capita di confessare: "Non ho amato!"? Amerai. Oggi il libro del Deuteronomio, in una sua pagina bellissima, ci faceva capire che "amare Dio" con quel che consegue è la cosa da insegnare, in primis ai figli, alla gioventù.

Non una pletora di prescrizioni. Ho insegnato ad amare? Un insegnamento che dovrebbe occupare tutta la vita. E infatti si parla di case, di strade; e quando ci si alza e quando ci si corica. Questi insegnamenti "te li legherai alla mano come un segno, come un pendaglio tra i tuoi occhi". Vorrei ritradurre così: tra i tuoi occhi come orizzonte dei tuoi pensieri e delle tue scelte; legati alle mani come indicazione ad agire. Voi mi capite, come una cosa che prende tutta la persona e la vita.

Bellissimo poi l'invito: " Li scriverai sugli stipiti della tua casa, sulle tue porte". Come messaggio dominante. Ci succede a volte di trovare una parola che ci colpisce e di trascriverla. Ecco trascrivi questo: "Amerai". La nota dominante, capite? E subito mi rimbalza la domanda: che cosa è dominante oggi dentro di me, ma anche nella società. Che cosa è la la parola che prende spazio e viene più frequentemente, più ossessivamente ripetuta, la nota dominante.

Sto pensando a che cosa facciamo pubblicità? Pensate che sia questa la parola dominante: "Amerai"? Sbaglio? O mi sembra di sentire altre parole, che spesso non vanno in questa direzione? Non voglio togliere nulla alla carriera, se onesta. Ma quando pensi, per esempio, a un tuo figlio, ti congratuli con te stesso, con te stessa, pensando: "ha fatto carriera" o dicendoti: "Fondamentalmente è uno che ama, che aiuta, che non è chiuso in se stesso"? Ma che bello pensare che la nostra fede è la fede dell'"amerai". Dio ci vuole amanti. Non mummie.

Colmi di attenzione, di sensibilità, di empatia, di emozioni per gli altri. Non mummie, amanti! L'insegnamento era già chiaro, esplicito, nell'Antico Testamento. Il primo comando: "Amerai Dio con tutto il cuore" lo abbiamo ascoltato oggi dal libro del Deuteronomio. Il secondo "Amerai il prossimo come te stesso" è un comando custodito nel libro del Levitico. Ma la cosa intrigante è che Gesù lega indissolubilmente i due comandamenti: L'uno e l'altro insieme. Al comando di "amare Dio" aggiunge quasi senza lasciare respiro, senza cesure, il comando di "amare il prossimo".

Come se l'"amare il prossimo" fosse la cartina al tornasole, la controprova che noi amiamo Dio. Non a parole, ma sul serio. "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Nel suo libro: "Conversazioni notturne a Gerusalemme", il card Martini, commentando l'assolutezza del comandamento, ricorda che l'originale ebraico si esprime in modo diverso. Così risponde all'intervistatore che gli chiede: "Qual è la più importante regola di condotta che Gesù ci insegna nei rapporti umani?". "La più importante "risponde "è: ama il prossimo tuo, amerai il prossimo tuo come te stesso.

Oppure, come recita l'originale ebraico: amerai il prossimo tuo perché egli è come te. Se sono consapevole che l'altro è fatto della mia stessa pasta, che ha gli stessi pregi e difetti che ho io, questa vicinanza dà anche la forza di volergli bene. Se mi sento separato dall'altro e penso che lui sia cattivo e io buono, che lui sia debole e io forte, allora non gli vorrò bene. Se so che siamo tutti nella stessa barca, questo pensiero susciterà in me compassione e amore. Amerai il prossimo tuo perché egli è come te, dice Gesù.

E aggiunge qualcosa di più grande: "Amerai come io ti ho amato". Com'è possibile? Lo comprendono coloro che sono fedeli a Gesù. Gesù cita le Sacre Scritture, il nostro Antico Testamento, dicendo: dobbiamo proteggere i deboli, dobbiamo perdonare i colpevoli. Dobbiamo imparare a risolvere conflitti, a eliminare l'ostilità, a mettere pace. Questo modo attivo di amare è la principale regola di condotta che Gesù dà agli esseri umani. Significa anche non fermarsi qui, non dire mai: noi siamo a posto e non abbiamo più nulla da aggiungere.

Inoltre, dobbiamo sempre domandarci: a cosa sono chiamato, qual è il mio compito? Perché Dio mi ha donato tutti questi talenti? Perché mi mostra il mondo? Per me porre queste domande è pensiero politico: sono una persona che riceve istruzioni da Dio e soprattutto la forza e la chiamata ad agire nel mondo affinché esso torni a essere come Dio in origine lo ha creato". "Amerai" mi ha molto colpito questo futuro.

Il Cardinale lo sembra sottolineare dicendo che nell'amare non bisogna fermarsi mai. Quasi a dire che l'amore dell'altro non sta in una unica modalità, immobile: prende nel tempo altre forme. Ce lo insegnano coloro che si sposano. Fermare l'amore vuol dire farlo morire. In questi giorni su un quotidiano laico ho letto una citazione tratta da una poesia di un poeta greco, Giórgos Seféris, premio nobel per la letteratura anni fa, che in una sua poesia scrive

"La prima cosa che creò Dio è l'amore", E, qualche verso dopo, sorprendendo, scrive: "La prima cosa che creò Dio è il lungo viaggio". Mi sembra di capire che non c'è contraddizione: l'amore è un lungo viaggio. L'amore senza viaggio inaridisce. E poi muore. "Amerai": siamo chiamati al lungo viaggio.

 

 

Lettura del libro del Deuteronomio 6, 4-12

In quei giorni. Mosè disse: "Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile".

Sal 17 (18)

® Amo il Signore e ascolto la sua parola. Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. ® Signore, tu dai luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre. Con te mi getterò nella mischia, con il mio Dio scavalcherò le mura. ® Per questo, Signore, ti loderò tra le genti e canterò inni al tuo nome. Egli concede al suo re grandi vittorie, si mostra fedele al suo consacrato, a Davide e alla sua discendenza per sempre. ®

Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati 5, 1-14

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce. Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio! Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: "Amerai il tuo prossimo come te stesso".

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 34-40

In quel tempo. I farisei, avendo udito che il Signore Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: "Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?". Gli rispose: ""Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".

 

 


 
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