la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella quinta Domenica di Pasqua
secondo il rito ambrosiano


29 aprile 2018



 

 

At 7,2-8.11-12a.17.20-22.30-34.36-44a-44-48a.51-54
Sal 117
1Cor 2,6-12
Gv 17,1b-11

 

Sembra un gioco di parole e non è un gioco di parole. Un verbo ed una parola attraversano tutto il brano del vangelo di Giovanni, il verbo "glorificare" e la parola "gloria". Dentro una preghiera. Di solito il pregare di Gesù nei vangeli è un pregare nascosto, non odi voce. Qua e là, ma raramente, odi voce, poche parole. Qui invece Giovanni ricostruisce una lunga preghiera, è la preghiera a conclusione dell'ultima sua cena. Aveva dato sfogo a parole d'addio, ed ecco "alzàti gli occhi al cielo, disse: Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te". Ci prende commozione a vedere quei suoi occhi che dopo aver a lungo indugiato ai visi rabbuiati di tristezza dei suoi discepoli, ora si alzano - "alzati gli occhi" - e indugiano al cielo, sostano al viso del Padre. Come se ci dicesse che, alla fine. basta parole, rimane una preghiera.

Nella consapevolezza che è giunta l'ora: "Padre" disse "è giunta l'ora". Voi ricordate che a Cana di Galilea, quando la madre gli chiese che si desse da fare per il venir meno del vino, lui le rispose che ancora non era giunta la sua ora. La sentì avvicinarsi poco a poco. Ora era giunta. Era l'ora della croce. E ancora una volta noi siamo messi di fronte al paradosso, perché noi la gloria la leghiamo a un innalzamento.- E qui c'è da stropicciare gli occhi, perché l'innalzamento c'è, ma è su una croce, in una esecuzione di malfattori. Ecco, guarda la gloria. Non finire di guardare, fissa nei tuoi occhi la gloria. E ritorna a fissarla. Lo guardi crocifisso, da malfattore, in lui scorgi un dilagare di luce. Lui l'unico luminoso in un vociare di umanità abbruttita, sotto le croci. Vero splendore, luce vera, vera gloria, accade, quando uno ama. Ed è come se Gesù dall'alto ci insegnasse che ogni gesto d'amore - non importa quale, se piccolo o grande, non importa da chi sia fatto - è narrazione della gloria di Dio. Nel momento in cui accade un gesto d'amore accade gloria di Dio.

Figuratevi sulla croce. Tu alzi gli occhi all'innalzato ed è come se una voce ti confermasse che la preghiera di Gesù è stata esaudita: "Padre glorifica il tuo Figlio". L'ha glorificato: è risorto. Penso che oggi tocchi a noi: Gesù ha detto pensando ai discepoli: "Io sono glorificato in loro". "Ma da me, dalla mia vita gli viene gloria?": ecco la domanda. Gli venne gloria certamente da Stefano. Ascoltando le sue parole trascritte nel libro degli Atti, oggi ci veniva spontaneo pensarlo: Gesù è stato glorificato in Stefano. Che ha creduto in Gesù. Che ha il coraggio di smentire le accuse con cui l'hanno arrestato. Il nostro brano inizia con un generico: "in quei giorni Stefano rispose...". A chi sta rispondendo Stefano? Il sommo sacerdote gli aveva chiesto se le cose stessero proprio così come le avevano formulate i suoi accusatori. Gli disse. "Le cose stanno proprio così?" Ed ecco il discorso risposta di Stefano. Di che cosa era accusato? E' scritto.

I falsi testimoni dicono: "Costui non fa che parlare contro questo luogo santo e contro la Legge. Lo abbiamo infatti udito dichiarare che Gesù, questo Nazareno, distruggerà questo luogo e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato". Capite, a loro interessa il tempio e le usanze. Hanno fatto del tempio e delle usanze un assoluto, e quindi una prigione, non ci si muove di lì. Non so se ha colpito anche voi la rilettura che Stefano fa della storia dei Padri come di una storia di cammini. Dove si inceppa il racconto? Il punto di rottura avviene quando Stefano, giunto a ricordare Salomone e la costruzione del tempio, citando Isaia, dirà: "L'Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo come dice il profeta…Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito santo. Come i vostri padri, così anche voi".

Dunque i giudei che condannano Stefano sono di quelli che non ammettono una presenza libera di Dio nella storia, hanno chiuso Dio in uno schema religioso. Hanno richiuso il cielo. Mentre Gesù è il Dio dei cieli aperti, il Dio del cammino. Ora sappiamo da dove viene lo scontro che porterà Stefano alla lapidazione. Che cosa rappresentava Stefano? Stefano rappresentava l'innovazione. Come Gesù. Ebbene non vi sembra significativo che i capi di accusa contro Stefano siano sorprendentemente gli stessi capi di accusa lanciati contro Gesù? Di Gesù dicevano: mette in discussione le tradizioni, il riposo del sabato, le leggi della purità rituale, i tabù esteriori della morale, ecc. E, secondo capo d'accusa, relativizza il luogo santo, il tempio.

Ebbene Stefano, proprio perché aveva sposato fino in fondo questa linea innovatrice, la strada della libertà coraggiosa, della fedeltà allo Spirito, scatena la reazione violenta della classe dirigente, degli ambienti arroccati del tempo, degli osservanti intransigenti, di quelli che dicono di difendere la tradizione, ma l'hanno mummificata. Stefano scatena la reazione, diventa, come Gesù, un eretico. Come Gesù viene portato fuori dalla città, perché la sua morte non sporchi la purezza della città. E, allora, ecco la domanda: non corro forse anch'io il pericolo di ridurre la mia fede a leggi, a nomi, a prestazioni? Quando invece la fede è essenzialmente fiducia, è una relazione, non cose, ma una relazione, con Gesù. Pensate a Stefano.

Mancavano minuti, pochi, alla lapidazione, e di lui è scritto: "Pieno di Spirito santo, fissando il cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: Ecco contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio". Per lui Gesù era una persona viva. E per me? Per noi?

 

 

Lettura degli Atti degli Apostoli 7, 2-8. 11-12a. 17. 20-22. 30-34. 36-42a. 44-48a. 51-54

In quei giorni. Stefano rispose: "Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro padre Abramo quando era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, e gli disse: "Esci dalla tua terra e dalla tua gente e vieni nella terra che io ti indicherò". Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo la morte di suo padre, Dio lo fece emigrare in questa terra dove voi ora abitate. In essa non gli diede alcuna proprietà, neppure quanto l'orma di un piede e, sebbene non avesse figli, promise "di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui". Poi Dio parlò così: "La sua discendenza vivrà da straniera in terra altrui, tenuta in schiavitù e oppressione per quattrocento anni. Ma la nazione di cui saranno schiavi, io la giudicherò - disse Dio - e dopo ciò usciranno" e mi adoreranno in questo luogo. E gli diede l'alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise l'ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. Su tutto l'Egitto e su Canaan vennero carestia e grande tribolazione e i nostri padri non trovavano da mangiare. Giacobbe, avendo udito che in Egitto c'era del cibo, vi inviò i nostri padri. Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto. In quel tempo nacque Mosè, ed era molto bello. Fu allevato per tre mesi nella casa paterna e, quando fu abbandonato, lo raccolse la figlia del faraone e lo allevò come suo figlio. Così Mosè venne educato in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente in parole e in opere. Passati quarant'anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente. Mosè rimase stupito di questa visione e, mentre si avvicinava per vedere meglio, venne la voce del Signore: "Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe". Tutto tremante, Mosè non osava guardare. Allora il Signore gli disse: "Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo in cui stai è terra santa. Ho visto i maltrattamenti fatti al mio popolo in Egitto, ho udito il loro gemito e sono sceso a liberarli. Ora vieni, io ti mando in Egitto". Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nella terra d'Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto per quarant'anni. Egli è quel Mosè che disse ai figli d'Israele: "Dio farà sorgere per voi, dai vostri fratelli, un profeta come me". Egli è colui che, mentre erano radunati nel deserto, fu mediatore tra l'angelo, che gli parlava sul monte Sinai, e i nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, anzi lo respinsero e in cuor loro si volsero verso l'Egitto, dicendo ad Aronne: "Fa' per noi degli dèi che camminino davanti a noi, perché a questo Mosè, che ci condusse fuori dalla terra d'Egitto, non sappiamo che cosa sia accaduto". E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono un sacrificio all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle loro mani. Ma Dio si allontanò da loro e li abbandonò al culto degli astri del cielo. Nel deserto i nostri padri avevano la tenda della testimonianza, come colui che parlava a Mosè aveva ordinato di costruirla secondo il modello che aveva visto. E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè la portarono con sé nel territorio delle nazioni che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di Davide. Costui trovò grazia dinanzi a Dio e domandò di poter trovare una dimora per la casa di Giacobbe; ma fu Salomone che gli costruì una casa. L'Altissimo tuttavia non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo. Testardi e incirconcisi nel cuore e nelle orecchie, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo. Come i vostri padri, così siete anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete diventati traditori e uccisori, voi che avete ricevuto la Legge mediante ordini dati dagli angeli e non l'avete osservata". All'udire queste cose, erano furibondi in cuor loro e digrignavano i denti contro Stefano.

Sal 117 (118)

® Lodate il Signore e proclamate le sue meraviglie. oppure ® Alleluia, alleluia, alleluia. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. Dica Israele: "Il suo amore è per sempre". ® Dica la casa di Aronne: "Il suo amore è per sempre". Dicano quelli che temono il Signore: "Il suo amore è per sempre". ® Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto. Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza. ®

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 2, 6-12

Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l'ha conosciuta; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto: / "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, / né mai entrarono in cuore di uomo, / Dio le ha preparate per coloro che lo amano". Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 17, 1b-11

In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: "Padre, è venuta l'ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi".

 

 


 
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