la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella quinta Domenica di Avvento
secondo il rito ambrosiano


16 dicembre 2018



 

 

Is 30,18-26b
Sal 145
2Cor 4,1-6
Gv 3,23-32a

 

Nelle nostre domeniche di Avvento è come se assistessimo a un dilagare delle figura del Battista, lo incontreremo anche dopo natale. Già nelle scorse domeniche lo abbiamo incontrato con quella domanda, oserei dire estrema: "Sei tu o dobbiamo attendere un altro?". Starei per dire che questa successione di episodi, che lo riguardano, ci aiuta a entrare per fessure nella sua personalità, è come se a poco a poco intravedessimo. Vedete, noi siamo cresciuti con la figura di un Giovanni monolitico, severo, tutto d'un pezzo. Dall'inizio alla fine. Non è forse così vero. Quando si tratta di avvicinare una creatura viva, dovremmo stare umili sulla soglia e ammettere anche di non capire.

Una poetessa amica, Chandra Livia Candiani, in un suo libro: "Il silenzio è una cosa viva", a proposito dell'inchinarsi scrive: "Il luogo dell'altro è il forse". "Forse", parola incandescente e commovente per me, per noi, che presumiamo di comprendere l'altro, o quant'altro, e dovremmo imparare a usare questa parola piccina, anche lei un po' fuori moda. la parola "forse". La dovremmo usare per la figura di Giovanni, come per ogni altro, e anche - soprattutto direi - per Dio. Una parola in esilio dai nostri discorsi personali, politici, ecclesiastici, la parola del rispetto. C'è un mistero nell'altro che non è disponibile, una zona inaccessibile, su cui sacrilego sarebbe porre il cartello "proprietà privata". Inchìnati. Ritorniamo a Giovanni, poi a Gesù.

A Giovanni, per dire che sulle labbra di un profeta che abbiamo definito roccioso come le alte montagne, oggi abbiamo trovate parole che sono di tutt'altro colore, parola come "amico", parola come "sposo". Parole in cui batte un cuore. E lo sentiamo battere. Nella roccia batte un cuore. Lui, Giovanni, di sé dice che è "l'amico dello sposo". Giovanni, un amico di Gesù! Che bella definizione. L'amicizia, pensate! A fronte delle gelosie - piccinerie - -dei suoi discepoli che gli facevano notare che diminuiva il consenso al loro gruppo, perché tutti accorrevano al battesimo di Gesù.

"Fuori dalle gelosie!" - sembra dire Il Battista - "fuori da visioni asfittiche, fuori dall'idolatria del gruppo. Non sporcate l'orizzonte. Io sono l'amico dello Sposo, di Gesù". E dicendo questo, Giovanni alludeva a una prassi in vigore nei matrimoni nella sua terra, dove era prevista la figura di un amico di fiducia dello sposo che aveva il compito di prendersi cura di ogni dettaglio della celebrazione, della festa. Una funzione - diremmo - delicata. Che richiedeva fiducia assoluta e amicizia intima. Ho pensato come poco sia passata nella nostra tradizione la figura di Giovanni come l'amico. E la bellezza per Gesù di avere in lui un amico. Giovanni aveva sentimenti, capite, vibrazioni. Entra nella sua vita la parola amicizia, che è una delle più sacre, anche se poco presente nelle nostre predicazioni.

Forse anche per questo una religione tende a scolorirsi, quando sono in esilio i sentimenti, la passione, la condivisione delle cose più profonde della vita. Come non ci fosse cuore, una cosa da disamorati. No, amico! L'altra parola che si infiamma è la parola "sposo". Riferita a Gesù. Il Battista prepara il matrimonio di Gesù. Già l'antico testamento, più volte, in modo esplicito aveva parlato di un'alleanza sponsale tra Dio e il suo popolo. C'è un matrimonio in vista. E quando è in vista la celebrazione dell'amore tra un uomo e una donna, la sentiamo come buona notizia. E' quel sentimento di bellezza e di allegria che proviamo in cuore, quando, su un biglietto che riceviamo, un uomo e una donna annunciano nozze e invitano alle nozze. Ebbene il matrimonio è quello tra Gesù e l'umanità. un matrimonio che ci verrà, ancora una volta, ricordato, tra pochi giorni, a Natale.

E' - voi avete intuito - un altro modo di intendere il regno di Dio in mezzo a noi. Pensate come cambia di colore il regno anche nelle parole di Giovanni, che aveva annunciato:"Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile" (Lc 3,17). E' come se cambiasse il colore: viene lo sposo! Cambia il colore, attendere Gesù come lo Sposo. Esci dalla solitudine. E non è una cosa di un giorno, come un matrimonio non è di un giorno. Ti senti amato e senti di amare. E c'è la vita davanti. Da affrontare insieme. C'è un progetto. Da costruire. Da costruire insieme. E' un cammino. Ma non nella solitudine. Perchè siamo amati ed amiamo.

Ma si può amare Gesù? O è un'astrazione? Pensate la coincidenza, proprio ieri un lettore, in una lettera a un quotidiano laico, si faceva la domanda. E citava pensieri, per me emozionanti. di una grande donna, una filosofa, Simone Weil, che per una fedeltà luminosa alla sua coscienza, non si permise di passare la soglia del cattolicesimo. E' rimasta vigile sulla soglia. Ma sentite che cosa dice della sua esperienza. Era stata chiamata a recitare poesie. Scrive: "Fu in una di queste recite che Gesù è sceso e mi ha presa. Nei miei ragionamenti, sull'insolubilità del problema di Dio. non avevo previsto questa possibilità di un contatto reale, da persona a persona, tra un essere umano e Dio. Avevo vagamente sentito parlare di cose simili. Ma non ci avevo mai creduto".

E di questo suo contatto con Gesù scriverà più tardi: "Una presenza più personale, più certa, più reale di quella di un essere umano, inaccessibile ai sensi e all'immaginazione, analoga all'amore che traspare attraverso il più tenero sorriso di un essere amato". Così Simone Weil, una della soglia. E noi? Che la soglia l'abbiamo oltrepassata? So di aver tralasciato tanti messaggi che risuonavano oggi nelle letture, ma queste due parole "amico" e sposo" mi sono troppo care e vorrei risuonassero nei luoghi della fede e in ogni altro luogo. Perché niente, in mancanza di cuore, vada impallidendo o finanche muoia.

Parole dove batte un cuore. Anche quello di Giovanni e di Gesù. Volesse il cielo, anche il nostro!

 

 

Lettura del profeta Isaia 30, 18-26b

In quei giorni. Isaia disse: "Il Signore aspetta con fiducia per farvi grazia, / per questo sorge per avere pietà di voi, / perché un Dio giusto è il Signore; / beati coloro che sperano in lui. / Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, / tu non dovrai più piangere. / A un tuo grido di supplica ti farà grazia; / appena udrà, ti darà risposta. / Anche se il Signore ti darà il pane dell'afflizione / e l'acqua della tribolazione, / non si terrà più nascosto il tuo maestro; / i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, / i tuoi orecchi sentiranno questa parola dietro di te: / "Questa è la strada, percorretela", / caso mai andiate a destra o a sinistra. Considererai cose immonde le tue immagini ricoperte d'argento; / i tuoi idoli rivestiti d'oro getterai via come un oggetto immondo. / "Fuori!", tu dirai loro. / Allora egli concederà la pioggia per il seme / che avrai seminato nel terreno, / e anche il pane, prodotto della terra, sarà abbondante e sostanzioso; / in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su un vasto prato. / I buoi e gli asini che lavorano la terra / mangeranno biada saporita, / ventilata con la pala e con il vaglio. / Su ogni monte e su ogni colle elevato / scorreranno canali e torrenti d'acqua / nel giorno della grande strage, / quando cadranno le torri. / La luce della luna sarà come la luce del sole / e la luce del sole sarà sette volte di più, / come la luce di sette giorni, / quando il Signore curerà la piaga del suo popolo".

Sal 145 (146) ®

Vieni, Signore, a salvarci. Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. ® Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri. ® Egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi. Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. ®

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 4, 1-6

Fratelli, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d'animo. Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio. E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio. Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 3, 23-32a

In quel tempo. Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c'era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione. Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. Andarono da Giovanni e gli dissero: "Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui". Giovanni rispose: "Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: "Non sono io il Cristo", ma: "Sono stato mandato avanti a lui". Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire". Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito.

 

 

 


 
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