la parola della domenica

 

Anno liturgico A


omelia di don Angelo nella quinta Domenica di Avvento
secondo il rito ambrosiano


14 dicembre 2025



 

 

Mi 5, 1; Ml 3, 1-5a. 6-7b
Sal 145
Gal 3, 23-28
Gv 1, 6-8. 15-18

Lo stralcio oggi è dal prologo del vangelo di Giovanni, ed è pura poesia. E così andrebbe letto, per accensioni; noi abbiamo il triste vizio di ridurre tutto a prosa. Il prologo canta alla luce che è venuta nel mondo e ha fatto nido nella terra. Ed ecco sgusciare, ancora una volta in Avvento, la figura del Battista, il più grande dei profeti, per dire - e non ci siano fraintendimenti - che non è lui la luce: "Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui". Era un preparatore di strade. Una asserzione questa - "Non sono io la luce" - che dovrebbe stare come premessa e sfondo ad ogni nostro parlare e, prima ancora, ad ogni nostro pensare. E tu a dire: "Non sono io".

A dirlo ogni volta che sentissi pericolo che alla tua figura o al tuo dire fosse affidato crisma di assolutezza: "Non sono io". Spesso mi ritornano le ultime parole in morte di Martin Lutero: "Siamo dei poveri mendicanti, questa è la verità". Sì, siamo dei poveri mendicanti. Di luce. Ma oggi vorrei fare indugio con voi su una parola del prologo che non cancella né scolorisce la nostra mendicità, ma fa come da controcanto ed è la parola "grazia". Mi colpiva, leggendo, che sgusciasse tre volte nel giro di due versetti, attribuita al Verbo di Dio che ha messo la sua tenda in mezzo a noi. Eccola: "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo". La legge e la grazia a confronto.

E non è che non ci fossero bagliori di luce nella legge data per mezzo di Mosè, ma in Gesù è un dilagare. La brace si è accesa. Mi verrebbe da dire, forse osando, che la verità di Gesù, la sua identità, è la grazia e che i vangeli raccontano la grazia. I versetti, che seguono i nostri nel prologo, portano queste parole: Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. Ci ha rivelato la grazia. La gratuità dell'amore di Dio. Da cui siamo avvolti. I suoi occhi lago, lago di tenerezza, su di noi. Un Dio che ti ama comunque. Gratuitamente. Bellezza e scandalo del vangelo. Lo scandalo per cui Gesù fu condannato e ucciso di croce. Criticato per quel suo stare a mensa con pubblicani e peccatori. A scandalizzarsi erano i benpensanti della religione. Il loro mugugno era verso quello stile di accoglienza indiscriminata. Che Gesù difendeva con tutte le sue forze, perché ne andava dell'immagine di Dio, che lui con la sua vita andava raccontando.

Non raccontava un Dio che, se sei giusto ti ama, ma se sei peccatore ti fulmina: questa era la visione meschina dei suoi oppositori, che non si sarebbero certo scandalizzati per una cena con peccatori, purché fossero convertiti! Con quelli ancora non convertiti, come faceva Gesù, no. E Lui invece a raccontare un Dio che non è stretto nel criterio del calcolo, "io ti do, tu mi dai". Lui a raccontare un padre che il suo sole lo fa sorgere sui buoni come sui malvagi e, così, la sua pioggia la dona al campo dei giusti e a quello degli ingiusti. Un padre che organizza una festa per il figlio che se n'è andato sbattendo l'uscio e resiste al figlio maggiore della parabola, che vorrebbe un padre misurato dalle prestazioni e non debordante, sovversivo, fuori del comune modo di sentire religioso, vorrebbe un padre nel cliché di tutti, nell'ovvietà del contraccambio. Non vorrei cedere al pessimismo dicendo che poco o tanto stiamo rientrando nella logica del figlio maggiore, la logica del calcolo.

E accade che qualcuno metta in dubbio la stessa possibilità della grazia, del gratuito. insinuando che per niente nessuno fa niente. Ed è perdita in bellezza. In bellezza del vivere. Non è forse vero che grazia fa rima con bellezza, con finezza, con delicatezza? Il mondo senza grazia si fa pesante, diventa uno spintonarsi per dominare, uno sbracciarsi e non un abbracciare. Manca grazia, manca rispetto, manca gentilezza, manca finezza, manca lo sguardo di Dio. Perdonate allora se il mio ultimo pensiero oggi, divagando, va a inseguire un nome, oggi evocato nel brano del profeta Michea, il nome di "Betlemme": "Così dice il Signore Dio: "E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti". Sarà divagazione o no. Sta il fatto che a Betlemme è legata una storia, narrata nel libro di Rut, che viene letto nella nostra liturgia nei giorni che precedono il Natale.

Un racconto delizioso, affascinante, poche pagine, che vorrei invitarvi a rileggere: leggerlo, e incantarsi all'aria che si respira, storia di Rut e di Noemi cui do nome di grazia. Di finezze, di sguardi ospitali. Noemi, esule in terra di Moab, vedova e orfana di due figli,, fa ritorno, alla sua terra ed è subito accadere di grazia: Rut, una delle nuore, non la vuole abbandonare, ha per lei parole dì commozione che stringono il cuore. Grazia anche il loro arrivo e il passaparola per le strade di Betlemme. Grazia l'accoglienza della straniera nei campi a spigolare. Grazia l'ordine del padrone del campo, Booz: "Lasciatela spigolare anche fra i covoni e non fatele del male. Anzi fate cadere apposta per lei spighe dai mannelli; lasciatele lì, perché le raccolga, e non sgridatela". Grazia i suggerimenti preziosi di Noemi per la nuora. Grazia l'entrare dolce di Rut nel cuore di Booz. Grazia il matrimonio, la nascita di Obed, il nipotino sulle ginocchia di Noemi. L'accadere della grazia in una storia di tempeste.

E' un racconto, si respira grazia, ma quanta bellezza.

 

Lettura del profeta Michea - Mi 5, 1; Ml 3, 1-5a. 6-7b

Così dice il Signore Dio: "E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l'angelo dell'alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l'argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un'offerta secondo giustizia. Allora l'offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani. Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto. Io sono il Signore, non cambio; voi, figli di Giacobbe, non siete ancora al termine. Fin dai tempi dei vostri padri vi siete allontanati dai miei precetti, non li avete osservati. Tornate a me e io tornerò a voi, dice il Signore degli eserciti".

Sal 145 (146)

Vieni, Signore, a salvarci. Il Signore rimane fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi, dà il pane agli affamati. Il Signore libera i prigionieri. R Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti, il Signore protegge i forestieri. R Egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie dei malvagi. Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione. R

Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati - Gal 3, 23-28

Fratelli, prima che venisse la fede, noi eravamo custoditi e rinchiusi sotto la Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Sopraggiunta la fede, non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 1, 6-8. 15-18

In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Giovanni proclama: "Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me". Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

 

 


 
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