la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella quinta Domenica dopo il martirio di San Giovanni
secondo il rito ambrosiano


2 ottobre 2016



 

 

Is 56,1-7
Sal 118
Rm 15,2-7
Lc 6,27-38

Spero che mi perdonerete, ma la mia oggi sarà un'omelia un po' anomala. Oggi infatti avrei dovuto commentare il brano, che ora abbiamo ascoltato, dal vangelo di Luca. Ebbene poco più di un mese fa, in una domenica di fine agosto, noi abbiamo letto nella nostra liturgia il brano parallelo nella versione del vangelo di Matteo. Un brano esigente sull'amore.

Io - vi dirò - alla mia età mi vado ancora chiedendo che cosa significhi alla fin fine amare. So che il vangelo chiama alla gratuità. Penso che senza gratuità in ogni rapporto sia annidato un tarlo, che prima o poi mette a rischio l'amore. So anche che il vangelo spinge a tal punto la gratuità da chiedere l'amore per i nemici, o per quelli che consideriamo non amabili.

Da un lato Il vangelo ci spinge dicendoci che qui sta la differenza cristiana: "Se amate quelli che vi amano quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano". Non avremo per caso smarrito la differenza? D'altro lato le scritture sacre, per confortarci e sorreggerci nel cammino, invitano a guardare Dio "benevolo" - dice il vangelo - "verso gli ingrati e i malvagi".

Ma già nell'Antico Testamento - abbiamo ascoltato oggi la parole del profeta - Dio era evocato come colui che cancella ogni esclusione: non esclude coloro che normalmente venivano esclusi, stranieri ed eunuchi. "Non dica l'eunuco: "Sono un albero secco". Dio agli eunuchi "darà entro la sua casa e le sue mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie: un nome eterno che non sarà mai cancellato". E gli stranieri? "Li condurrò sul mio monte santo, li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera". Ma mi fermo qui.

Mi sono chiesto se questo amore senza esclusioni, che arriva sino ad amare i nemici, è solo un'utopia, un "non luogo". E la mia mente è andata ad alcune testimonianze, che - penso - dicano meglio, e molto di più, delle mie parole. Certo sono testimonianze estreme. Ma il tenerle davanti agli occhi non solo mi commuove ma mi spinge a fare il mio piccolo passo.

La prima testimonianza la trovai anni fa tra le "Lettere dei condannati a morte della resistenza italiana", sono parole di un prete, Aldo Mei, 32 anni, la data 4 agosto 1944. Scrive: "Babbo e mamma, sono sereno in quest'ora solenne. In coscienza non ho commesso delitti. Solamente ho amato come mi è stato possibile. Condanna a morte. 1° per aver protetto e nascosto un giovane di cui volevo salva l'anima. 2° per aver amministrato i sacramenti ai partigiani, e cioè aver fatto il prete. Il terzo motivo non è nobile come i precedenti: aver nascosto la radio. Muoio travolto dalla tenebrosa bufera dell'odio, io che non ho voluto vivere che per l'amore. Dio è amore e Dio non muore. Non muore l'Amore! Muoio pregando per coloro stessi che mi uccidono. Ho già sofferto un poco per loro… E' l'ora del grande perdono di Dio. Desidero avere misericordia; per questo abbraccio l'intero mondo rovinato dal peccato. Che il Signore accetti il sacrificio di questa piccola insignificante vita in riparazione di tanti peccati. Conservatevi tutti nella grazia del Signore Gesù Cristo - perché questo solamente conta quando ci si trova davanti al maestoso passo della morte - e così tutti vogliamo rivederci e starcene indissolubilmente congiunti nella gioia vera e perfetta della unione eterna con Dio in cielo".

La seconda testimonianza è quella di uno dei sette monaci di Tibherine trucidati in Algeria nel 1996. Nonostante le pressioni loro erano voluti rimanere in mezzo a quel popolo che amavano e da cui erano riamati. Nel suo testamento frère Christian de Chergé, il priore del monastero, aveva scritto: "Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese (…) E anche per te, amico dell'ultimo minuto che non avrai saputo quello che facevi, anche per te voglio questo "grazie" e questo "ad-Dio" profilatosi con te. E che ci sia dato ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc'Allah".

Vengo, per finire, a una terza testimonianza, è più recente, non è di un prete e nemmeno di un monaco, è di un uomo qualunque, di cui forse abbiamo scordato il nome, si chiama Antoine Leiris, Parigi, novembre 2015. Qualche giorno prima dei terroristi gli avevano ucciso la moglie al Bataclan. Scrive ai terroristi: "Venerdì sera voi avete rubato la vita di una persona eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi voi siate e non voglio neppure saperlo. Siete delle anime morte. Se quel Dio, in nome del quale voi uccidete ciecamente, ci ha fatti a sua immagine, ogni colpo che avete inferto nel corpo della mia donna sarà stato anche una ferita nel suo cuore. Per questo non vi farò il regalo di odiarvi. Voi l'avreste voluto, ma rispondere all'odio con la rabbia sarebbe come cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che io guardassi i miei concittadini con occhio diffidente, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma avete perso questa battaglia.

L'ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d'attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, io e mio figlio, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. E del resto non voglio dedicarvi altro tempo. Devo andare da Melvil che sta per svegliarsi dal suo sonnellino. Ha solo diciassette mesi. Mangerà la sua merendina come tutti i giorni, poi andremo a giocare insieme come tutti i giorni, e per tutta la vita questo bambino vi farà l'affronto di essere libero e felice. Perché alla fine no, non avrete neppure il suo, di odio".

Testimonianze. Testimonianze che dicono molto. Molto più di mille omelie.

 

 


 
stampa il testo
salva in  formato rtf
Segnala questa pagina ad un amico
scrivi il suo indirizzo e-mail:
 
         
     

 
torna alla home