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la parola della domenica
Anno
liturgico C
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Gs
3,14-17
E costrinse i discepoli a salire nella barca...". "Li costrinse": così il verbo greco, che sembra evocare spinta. Nelle parole di inizio del nostro brano c'è pure un avverbio che è stato dimenticato: "E subito costrinse i discepoli a salire sulla barca". Subito. Quasi volesse allontanarli, senza esitazioni di sorta, da qualcosa. Ma che cosa era capitato? Era capitato che, poco prima, in riva al lago, con cinque pani e due pesci erano stati sfamati, in cinquemila, "cinquemila uomini". "Uomini": è scritto. Le donne - guarda un po'! - come se non esistessero o contassero. "Li costrinse" a venir via. E può destare un certo stupore il verbo. Quasi ci fosse una sorta di resistenza, da parte dei discepoli, a partire, a salire sulla barca. Mi sono detto: forse c'è un segreto da esplorare in questo verbo "costrinse". C'è - così mi sembra di capire - una motivazione: intorno a Gesù si era creato un clima di esaltazione. Tutti sfamati! E di pane erano avanzate dodici ceste e pure del pesce. Clima di esaltazione? Sì, nel suo vangelo Giovanni annota: "Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: "Questi è davvero il profeta colui che viene nel mondo!". Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui solo" (6, 14-15). E così i discepoli, che prima avevano fretta di concludere - "congeda la folla" dicevano - ora sono come inebriati, sedotti da questo clima di ovazione, un clima che, poco o tanto, di riflesso, coinvolgeva anche loro. E Gesù - anche questo è interessante - che non ha mai fretta quando c'è qualcuno da soccorrere, sembra invece avere fretta in questa circostanza: in vista c'è un'esaltazione, un'ovazione, un trionfo. E, prima ancora di congedare la folla, allontana, da tutto ciò che sa di esaltazione, di ovazione, di trionfo, i suoi discepoli. Li allontana con una certa forza e fretta: "E subito costrinse i discepoli a salire sulla barca". Quasi dicesse: "Via, subito!" Quasi volesse dire che il posto vero della chiesa, dei suoi discepoli, non è il fanatismo delle autoesaltazioni. Il posto vero per i discepoli è la barca: un mezzo, un luogo, che di per sè dice rischio, dice pericolosità del vivere, dice - prima o poi, ma quasi sempre, durante la navigazione - ore di acque agitate e di vento contrario. Una fragile barca in mare, nelle acque agitate del mare. E Dio che non ti lascia solo. Ed è come se Gesù sentisse - anche lui - il bisogno di sfuggire al clima che si era creato lungo la riva del lago. E, dopo aver imbarcato i suoi, "andò sul monte a pregare". Fa contrasto, nel racconto, il vociare della folla sulla riva e il silenzio assoluto del monte. Quasi avesse bisogno anche lui, Gesù, di essere sostenuto nella sua scelta, che non era quella di un messia portato in trionfo. Solo, in preghiera. Ma ecco un dettaglio che non finisce di stupirmi: gli occhi, i suoi, in Dio nella preghiera e, nello stesso tempo, sui suoi discepoli in mare. Ed è come se noi ricevessimo un insegnamento sulla preghiera: la barca era in mare, lui solo a terra, li vide affaticati nel remare perché il vento era contrario. Quasi tenesse insieme visione di Dio e visione dei suoi discepoli. Insegnamento di una suggestione unica! Altro che preghiera come evasione! Insegnamento da mandare a memoria. Li spinge in mare su una barca. Loro, e non lui, a remare, ma quel suo sguardo dalla riva, al calare della notte, non riusciamo ad allontanarlo dagli occhi e dal cuore. Certo è a noi che tocca la barca. Non si sostituisce a noi nel remare. A volte anche a noi sembra di vedere fantasmi. Sono le nostre paure a creare fantasmi. E quanti ne andiamo ancora fabbricando. Dico, con le nostre paure. Ingigantendoli. Spesso è solo la resistenza all'idea di stare in mare, nel mare deella vita. "Meglio" ci è stato a lungo insegnato - "meglio stare con i piedi per terra". Ogni giorno invece ci è chiesto di lasciare la terra ferma delle cose codificate, prevedibili, e di partire. Conosceremo la bellezza delle traversate, ma anche l'aggressione delle bufere. La fede non ce ne mette al riparo. Fede è sorprendere, tra l'urlo delle acque e le raffiche del vento; una voce quasi sommersa, quella del Dio della barca che rincuora: "Coraggio, sono io non abbiate paura!". E sale sulla barca con noi. Fa tacere il vento, non sempre quello degli eventi dolorosi che appartengono alla vita, ma il vento che ci scuote dentro, quello che sferza il cuore. L'appello che oggi ci viene dal vangelo non è a lasciare il mare, ma ad ascoltare la voce. Parlando alla comunità della rivista "La civiltà cattolica" nel febbraio del 2017, papa Francesco invitò i collaboratori della rivista - ma, con loro, anche tutti noi credenti - a "restare in mare aperto". Disse: "Ecco: restate in mare aperto! Il cattolico non deve aver paura del mare aperto, non deve cercare il riparo di porti sicuri. Soprattutto voi, come gesuiti, evitate di aggrapparvi a certezze e sicurezze. Il Signore ci chiama a uscire in missione, ad andare al largo e non ad andare in pensione a custodire certezze. Andando al largo si incontrano tempeste e ci può essere vento contrario. E tuttavia il santo viaggio si fa sempre in compagnia di Gesù che dice ai suoi: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!"". Forse dovremmo sostare più a lungo su queste parole di Gesù che i discepoli udirono nel vento: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". Le dobbiamo ricordare quando ad essere investiti dal vento della vita siamo noi. Il miracolo delle acque che si ritraggono, come accadde nei giorni di Giosuè al Giordano, è raro, non succede quasi mai. Succede il miracolo del coraggio. Che ti viene da uno che ti dice: "Ci sono io, non aver paura. Mi è venuto spontaneo pensare a come si accenda una luce sul nostro mare quando chi sta affogando, tra vento e tempesta, sente finalmente una voce che dice: "Coraggio, ci siamo noi, non aver paura". Per fedeltà a Gesù, contro ogni forma di indifferenza, queste devono diventare le nostre parole: quelle di Gesù, parole che confermano un esserci: "Coraggio, ci siamo noi, non abbiate paura". Ma li vedete i volti, quando questo succede? Lampi di umanità. Lampi di vangelo.
Lettura del libro di Giosuè 3, 14-17 In quei giorni. Quando il popolo levò le tende per attraversare il Giordano, i sacerdoti portavano l'arca dell'alleanza davanti al popolo. Appena i portatori dell'arca furono arrivati al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l'arca si immersero al limite delle acque - il Giordano infatti è colmo fino alle sponde durante tutto il tempo della mietitura -, le acque che scorrevano da monte si fermarono e si levarono come un solo argine molto lungo a partire da Adam, la città che è dalla parte di Sartàn. Le acque che scorrevano verso il mare dell'Araba, il Mar Morto, si staccarono completamente. Così il popolo attraversò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l'arca dell'alleanza del Signore stettero fermi all'asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele attraversava all'asciutto, finché tutta la gente non ebbe finito di attraversare il Giordano. Sal 113A (114) R.: Il Signore cammina davanti al suo popolo. Quando Israele uscì dall'Egitto, la casa di Giacobbe da un popolo barbaro, Giuda divenne il suo santuario, Israele il suo dominio. ® Il mare vide e si ritrasse, il Giordano si volse indietro, le montagne saltellarono come arieti, le colline come agnelli di un gregge. ® Che hai tu, mare, per fuggire, e tu, Giordano, per volgerti indietro? Perché voi, montagne, saltellate come arieti e voi, colline, come agnelli di un gregge? ® Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 2, 1-7 Fratelli, anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo viveste, alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle Potenze dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Anche tutti noi, come loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Lettura del Vangelo secondo Marco 6, 45-56 In quel tempo. Il Signore Gesù costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro, camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: "È un fantasma!", e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!". E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito. Compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono. Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse. E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati. |
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