la parola della domenica

 

Anno liturgico C


omelia di don Angelo nella quarta Domenica dopo il Martirio
secondo il rito ambrosiano


21 settembre 2025



 

 

Pr 9, 1-6
Sal 33 (34)
1Cor 10, 14-21
Gv 6, 51-59

Che la Sapienza abbia imbandito una tavola - libro dei Proverbi - e poi ci sia una festa e un invito, a mangiare pane e a bere vino, già crea suggestione. La Sapienza. Che non si ritira sprezzante nelle sfere alte dell'astrattezza, ma indugia alle cose più concrete, sposate alla vita quotidiana. E basta separazioni, ricuciamo. Anche il vangelo in qualche modo è invito a ricucire. Il brano di Giovanni ha sullo sfondo storie di pane: due giorni in cui fa da protagonista il pane. Il giorno prima, sul monte stava per bussare la sera, e negli occhi di Gesù gliela leggevi la preoccupazione per i cinquemila senza cena; poi ci fu quel ragazzo che gli consegnò i suoi cinque pani e due pesci. Come sempre vado fantasticando: e che cosa faceva lì un ragazzo? Che cosa lo aveva spinto a seguire il Rabbi di Nazaret? C'era anche lui. E poi l'emozione di dargli, proprio lui, i suoi cinque pani e due pesci, i suoi… e poi? Poi una inimmaginabile condivisione.

La festa del pane, ma subito le ombre di erronee interpretazioni, che già dilagano nella sera: "Uno così lo facciamo re e ci libera dalla sudditanza ai romani", il pane riceve cattiva, malata interpretazione. E Gesù alle malate interpretazioni non ci sta: scomparso, è sul monte, solo, a pregare. Poi la notte, traversata turbolenta del lago da parte de discepoli, raggiunti nella bufera da Gesù e vegliati sino al porto desiderato, Cafarnao. Si è fatto giorno, ora siamo in un interno, siamo nella sinagoga di Cafarnao; e in questione è ancora una volta il pane. Bella la festa del pane sull'erba del monte, ma le malate interpretazioni sono tutt'altro che finite. Gesù, raggiunto a Cafarnao da una folla, è come se fosse attraversato da un sentimento triste: la sensazione - e qualcosa più di una sensazione - di essere cercato non come il rabbi della compassione, una compassione a totale ampiezza di umanità: "In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo".

Deve essere stato triste per Gesù - e può capitare anche a noi - sentirsi cercato solo per un aspetto di sé. Ridotto. Come se la sua missione si riducesse a un dare nutrimento terreno, e non fosse invece attenzione e passione per la totalità dell'umano: che è corpo, ma anche anima e amore e pensiero e sogni e orizzonti di vita. Loro a magnificare il prodigio della manna nel viaggio dei padri nel deserto e Gesù a dire che pane del viaggio della vita era lui. Pane e viaggio, una suggestione. La scorsa domenica mi ha colpito - ancora ci ripenso - l'inizio della prima lettura dal libro dei Numeri: "Il popolo" - è scritto - "non sopportò il viaggio". Non sopportò il viaggio. La voglia di fermarsi e di lasciar perdere, che può prendere anche noi: non bastava la manna. Non basta neppure il pane, anche se necessario, anche se, per vocazione inviolabile, ha per destinazione tutti, sacrilega l'esclusione. Mi fa ritorno alla memoria una poesia di Dietrich Bonhoeffer, teologo e pastore della chiesa confessante tedesca, impiccato il 9 aprile 1945, nel campo di concentramento di Flossenbürg. Poesia dal carcere, che, all'immagine del grano, che diventa pane, associa quella del fiordaliso che cresce libero nei campi, l'amicizia.

E' un testo di rara bellezza: A fianco del campo di grano che dà nutrimento che gli uomini rispettosamente coltivano e lavorano cui il sudore del loro lavoro e, se bisogna, il sangue dei loro corpi sacrificano, a fianco del campo del pane quotidiano lasciano però gli uomini fiorire il bel fiordaliso. Nessuno lo ha piantato, nessuno lo ha innaffiato, indifeso cresce in libertà e con serena fiducia che la vita sotto il vasto cielo gli si lasci. A fianco di ciò che è necessario, formato dalla grave materia terrena, a fianco del matrimonio, del lavoro, della spada, anche ciò che è libero vuol vivere e crescere in faccia al sole. Non solo i frutti maturi anche i fiori sono belli. Se i fiori ai frutti o i frutti servano ai fiori chi lo sa? E però sono dati ambedue. Il più prezioso, il più raro fiore - nato in un'ora felice dalla libertà dello spirito che gioca, che osa, che confida - è all'amico l'amico.

"Sono io il pane" dice Gesù. Sì, pane diventa una persona. L'amica, l'amico, la relazione. Conta che cosa io sono per te e che cosa tu sei per me. "E chi sono io per voi?": è l'interrogativo che risuona nella sinagoga di Cafarnao. "Io sono il pane", dice Gesù, sono l'amico che vive una relazione con te, ci confidiamo sulla vita, ci accompagniamo, ci sosteniamo, nella fatica ma anche nella speranza. Non basta la manna: c'è qualcosa dentro che va risvegliato per continuare il cammino. E Gesù a dire: "Il pane sono io. Le mie parole, la mia vita, sono pane e forza del cammino". Perdonate, suggestione dietro suggestione, mi è venuta una domanda: "Se parti per un viaggio che cosa metti nello zaino?". Un po' perdendomi, mi dicevo: "Puoi scordare tante cose, ma non dimenticare il pane e, insieme al pane, la mappa. E davo a Gesù nome di pane e insieme nome di mappa. E non una mappa pallida, inerte: mette brividi di luce ed emozione a guardarla; una persona viva e libera fa da mappa di viaggio, corpo e sangue. E nell'eucaristia diciamo tutta la riconoscenza.

Verranno giorni in cui, lungo il cammino, forse sarai sfiorato da una domanda di senso o anche dal dubbio che il viaggio non abbia senso, né il tuo né quello degli altri, a fronte di quello che accade. Allora ti verrà bisogno di estrarre dalla sfilatura dello zaino, come da custodia sacra, la mappa che per te ha, come firma di autenticazione, un nome: "Gesù di Nazaret", a firma la sua croce e la sua risurrezione.

 

Lettura del libro dei Proverbi - Pr 9, 1-6

La sapienza si è costruita la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ucciso il suo bestiame, ha preparato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato le sue ancelle a proclamare sui punti più alti della città: "Chi è inesperto venga qui!". A chi è privo di senno ella dice: "Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato. Abbandonate l'inesperienza e vivrete, andate diritti per la via dell'intelligenza".

Sal 33 (34)

Gustate e vedete com'è buono il Signore. Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode. Io mi glorio nel Signore: i poveri ascoltino e si rallegrino. R Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce. R L'angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono, e li libera. Gustate e vedete com'è buono il Signore; beato l'uomo che in lui si rifugia. R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 1Cor 10, 14-21

Miei cari, state lontani dall'idolatria. Parlo come a persone intelligenti. Giudicate voi stessi quello che dico: il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane. Guardate l'Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare? Che cosa dunque intendo dire? Che la carne sacrificata agli idoli vale qualcosa? O che un idolo vale qualcosa? No, ma dico che quei sacrifici sono offerti ai demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 6, 51-59

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?". Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno". Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

 

 


 
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