la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella quarta Domenica di Quaresima
secondo il rito ambrosiano


27 marzo 2022



 

 

Es 17,1-11
Sal 86
1T5,1-11
Gv 9,1-38b

Sentite la bellezza di questo inizio: "Passando vide…". Basterebbe - forse esagero - per sostare ore. Io non so se la successione degli episodi in realtà fu così stretta, senza cesure di tempo, come appare nel vangelo: Gesù esce dal tempio per sfuggire alle pietre e "passando vide". Esce dal tempio: una sconnessione. Passando vide: una connessione. Ed è subito legatura di verbi: passare e vedere. Legatura stretta. Si può anche non passare, rimanere al chiuso, barricati nel proprio paese, il paese dell'indifferenza. O invece passare, attraversare strade, situazioni, la vita vera. La vita con le sue strade - le innumerevoli strade - diventa allora il tuo paese.

Passare dunque. Ma anche vedere - "passando vide". Sì, perché si può passare anche ad occhi spenti, in apparenza aperti, aperti ma la testa è chissà dove, è altrove. E' un vedere sconnesso, perché, se non c'è cuore non fai altro che vedere sagome senza nome, senza biografie, senza storie. Leggendo il brano in primo piano s'affacciano a tutti noi, penso, gli occhi del cieco. Ma, approfondendo, ci viene da pensare che il primo piano spetterebbe di diritto ad altri occhi, agli occhi di Gesù: "Passando vide". Nell'in principio ci furono i suoi occhi e il colore di quegli occhi. Lasciatemi dire, il colore della tenerezza. Senza quegli occhi e senza quel colore, nulla sarebbe accaduto. Tutto si sarebbe impantanato nelle discussioni accademiche dei discepoli: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?".

Nulla sarebbe accaduto se non un disagio, forse una ribellione, nel cuore del cieco nei confronti di quegli individui - sì, individui, non li vedeva - che si permettevano di fare salotto teologico sulla sua cecità. Questo vedere da lontano, da salotti, capita anche a noi oggi; permane e non fa accadere nulla. Stiamo parlando degli occhi di Gesù: il cieco li avrebbe conosciuti alla fine, ma il colore prima. La tenerezza prima. Prima, quando lo sentì senza esitazione buttare all'aria dispute secolari. E poi quelle parole, le ultime, che per lui, occhi spenti, erano state da brivido, una emozione infinita. Come avesse detto: "Basta chiacchiere, bisogna operare". E alla fine, proprio alla fine, aveva detto - emozione al colmo - : "Io sono la luce del mondo".

Del mondo, il mondo è grande: nel mondo c'era anche lui. Poi - e non poteva preavvertirle - sentì le sue mani; vide la tenerezza dalle sue mani - voi conoscete la tenerezza della mani - mani che plasmavano un po' di fango sugli occhi. Era sicuro che lui l'aveva guardato. Poteva affidarsi alle sue parole. Puoi affidarti alle parole solo se conosci il colore degli occhi, il timbro della voce, la dolcezza delle mani che accarezzano. Puoi fidarti. La "fede fiducia" viene da un prima. Dobbiamo ringraziare il cieco di avercelo ricordato: viene dal colore degli occhi di chi ci parla. Sia che a parlarci sia Dio, o una donna, o un uomo, o un popolo. Non bastano le parole. Se poi sono dissertazioni, l'effetto è implacabilmente l'opposto: chiudiamo. Ne abbiamo la controprova in quella lunga parentesi del racconto, il dibattito con i custodi della tradizione, occhi senza colore, non possono far altro che immaginare l'espulsione: "E lo cacciarono fuori". Occhi senza colore.

E i miei ? Che impallidiscono? Sono in sete di luce. E mi dà emozione sentire queste parole "Io sono la luce del mondo", dette a me, oggi impigliate nell'aria:, io che sono compagno del cieco dalla nascita o forse - e sarebbe ancor peggio - compagno di coloro che hanno gli occhi scoloriti. Oggi dall'introito della Messa, silenziosa, sbucava questa preghiera. La sento molto mia. Forse anche qualcuno di voi la sente sua: Signore, da' luce ai miei occhi perché non mi addormenti nella morte; perché l'avversario non dica: "Sono più forte di lui". Tu che hai aperto gli occhi al cieco nato, con la tua luce illumina il mio cuore perché io sappia vedere le tue opere e custodisca tutti i tuoi precetti.

"Perché non mi addormenti nella morte; perché l'avversario non dica: Sono più forte di lui". Ma per sfuggire a quale avversario? A quale morte? E' scritto: "Chi non ama rimane nella morte". Il vero nemico, la vera morte è non amare. "Con la tua luce illumina il mio cuore". Oggi - ve ne siete accorti - finisce che non faccio che parlare di occhi. Voi mi capite, dell'importanza degli occhi, dello sguardo. Forse anche perché giorni fa, in una Eucaristia di un giorno ferale, ho letto dal vangelo di Matteo parole imperdibili di Gesù, che mi si sono come riaccese, leggendo il racconto del cieco dalla nascita. Sentitene la bellezza e la profondità:

"La lampada del corpo è l'occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" (Mt 6, 22-23).

"Tutto da lì" sembra dire Gesù "dai tuoi occhi". I tuoi occhi come lampada. Come grembo: sono il grembo da cui sguscia ogni tuo gesto. Se ho occhi meschini non farò altro che gesti senza orizzonti, meschini. Se ho occhi di competizione, non faro altro che gesti i gretti, rancorosi. Se ho occhi spietati, non farò altro che gesti disumani; se ho occhi bui, non farò altro ch gesti volgari, da dimenticare, morti. Ma se l tuoi occhi abbracciano il mondo farai gesti che abbracciano il mondo. Se i tuoi occhi sono un lago di tenerezza, farai gesti di vicinanza che incantano, che rialzano la vita. Se i tuoi occhi sono semplici, sincerità e affidabilità saranno il segreto della vita che ti circonda. Se i tuoi occhi piangono, alla distruzione della terra, farai gesti che trattengono il respiro della terra. E se dentro gli occhi, nel cuore, ti canta la luce, che grande sarà la luce.

Se i tuoi occhi abbracciano, per esili fessure, Dio, qualcuno lo scoprirà. Come in una pozza d'acqua.

 

Lettura del libro dell'Esodo - Es 17,1-11

In quei giorni. Tutta la comunità degli Israeliti levò le tende dal deserto di Sin, camminando di tappa in tappa, secondo l'ordine del Signore, e si accampò a Refidìm. Ma non c'era acqua da bere per il popolo. Il popolo protestò contro Mosè: "Dateci acqua da bere!". Mosè disse loro: "Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?". In quel luogo il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: "Perché ci hai fatto salire dall'Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?". Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: "Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!". Il Signore disse a Mosè: "Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d'Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va'! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull'Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà". Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d'Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: "Il Signore è in mezzo a noi sì o no?". Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: "Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio". Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk.

Sal 35 (36)

Signore, nella tua luce vediamo la luce. Signore, il tuo amore è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi, la tua giustizia è come le più alte montagne, il tuo giudizio come l'abisso profondo: uomini e bestie tu salvi, Signore. R Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio! Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali, si saziano dell'abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie. R È in te la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce. Riversa il tuo amore su chi ti riconosce, la tua giustizia sui retti di cuore. R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi - 1T5,1-11

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: "C'è pace e sicurezza!", allora d'improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, di notte si ubriacano. Noi invece, che apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della salvezza. Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni - Gv 9,1-38b

In quel tempo. Passando, il Signore Gesù vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo". Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe" - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: "Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma è uno che gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!". Allora gli domandarono: "In che modo ti sono stati aperti gli occhi?". Egli rispose: "L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e làvati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista". Gli dissero: "Dov'è costui?". Rispose: "Non lo so". Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo". Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri invece dicevano: "Come può un peccatore compiere segni di questo genere?". E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!". Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?". I genitori di lui risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé". Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età: chiedetelo a lui!". Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". Quello rispose: "Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo". Allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?". Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?". Lo insultarono e dissero: "Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia". Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla". Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?". E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: "Tu, credi nel Figlio dell'uomo?". Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?". Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te". Ed egli disse: "Credo, Signore!".

 

 


 
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