la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella terza Domenica dopo l'Epifania
secondo il rito ambrosiano


21 gennaio 2018



 

 

Nm 11,4-7.16a.18-20.31-32a
Sal 104
1Cor 10,1-11b
Mt 14,13b-21

 

Nella liturgia oggi, nei testi sacri che essa ci propone, ci viene regalata un'altra fessura da cui spiare chi è Dio, chi è Gesù il profeta di Nazaret, e chi siamo noi, che cosa significa dirci persone umane e che cosa significa fare più umana la nostra terra. A me non è consentito se non sfiorare, forse sciupandoli, i racconti. Parlo al plurale - "i racconti" - perché penso non sia sfuggito a nessuno di voi che Matteo costruisce il suo racconto, avendo negli occhi le immagini del cammino del suo popolo nel deserto. Dalla schiavitù alla terra promessa Per ben due volte Matteo insiste sul deserto: Gesù che parte su una barca e si ritira "in un luogo deserto". E i discepoli gli dicono: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi, congeda la folla".

Il deserto di cui ci ha parlato anche il libro dei Numeri, l'attraversamento del deserto, diventa figura di una vita, della nostra esistenza. Terra di avvicinamento, ma anche terra di momenti di privazione, terra della mancanza, ci manca sempre qualcosa. Terra anche delle nostre mormorazioni, e anche delle nostre visioni corte "Avete pianto" è scritto "agli occhi del Signore dicendo: "Chi ci darà da mangiare carne? Mangiavamo così bene in Egitto!". "Chi darà da mangiare ai cinquemila?" Cinquemila, un'iperbole per dire un numero grande: "Come potremo fare se i pani che abbiamo sono cinque e i pesci soltanto due?".

Un lamento che fa rimpiangere - ed è sconsolante - i tempi dell'Egitto: ci si dimentica che si era schiavi di un sistema, espropriati della propria capacità di pensare e di sognare. Ma si mangiava! Ora - sembrano d sentire - bando ai sogni, bisogna fare i conti con la realtà. E il libro dei Numeri ricorda, a chi vive momenti difficili, che sarebbe grave regredire in umanità e grave sarebbe anche vivere i tempi difficili come segno dell'abbandono di Dio. Il libro ricorda due fatti naturali, la produzione naturale della tamarice mannifera e la migrazione delle quaglie, eventi che avvenivano normalmente nella penisola del Sinai, percepiti come segno della vicinanza di Dio.

Grande insegnamento: i segni avvengono nella nostra vita, avvengono naturalmente, hanno bisogno di una lettura più profonda, che ci faccia intravedere il volto di un Dio provvidente. E' un monito, perché in tempi difficili si può reagire con un atteggiamento di voracità, che è un pensare solo a se stessi, ad accaparrare per se stessi, cancellandoci in umanità. Nel libro dei Numeri appare in tutta la sua forza la tristezza di Dio per un popolo dove ognuno pensa a se stesso, come se Dio dicesse, un po' deluso, e con le parole di chi è deluso: "Ebbene, se proprio lo volete. naufragate nella vostra voracità, l'unica cosa che vi rimane!".

Ecco le parole: "Ebbene il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finche vi esca dalle narici e vi venga a nausea!". Ecco l'esito, in umanità, della voracità e dell'accaparramento: l'istupidirsi! Ed ecco la domanda: "Come se ne viene fuori in tempi difficili?". Ce lo ricorda Gesù. Non con la logica del "congedare", e "ognuno pensi per sé": "congeda la folla". Ma con la logica del prendersi cura, prendersi cura gli uni degli altri: "voi stessi date loro da mangiare". E che cosa fa Gesù, che cosa dobbiamo fare noi? "Ordinò loro di sdraiarsi sull'erba". Gli esegeti ci ricordano che "sdraiarsi" per mangiare era proprio degli uomini liberi. E' come se ci fosse ricordato che il banchetto è riconoscimento delle dignità e della libertà. Di tutti, senza esclusioni. Anche il banchetto dell'eucaristia - spesso lo dimentichiamo - è riconoscimento della dignità e inviolabilità di ciascuno.

Non so se l'abbiamo dimenticato, o forse non ci è mai stato insegnato, che il concilio di Nicea vietava in un suo canone che almeno la domenica ci si inginocchiasse durante l' eucaristia (canone 20). In piedi, quasi a dire che l'Eucaristia riconosce e plasma donne e uomini alzati e non abbassati. L'eucaristia fonte di vite libere, un pane che ci dà la forza di sfuggire al rimpianto di cibi sì prelibati, ma in terra di schiavitù. Matteo ricorda che dopo averli fatti sdraiare, Gesù "prese i pani e i pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione".

Un altro gesto, direi, di riconoscimento. Non ringrazieresti, se fossero cosa tua: in quei pani è iscritta l'immagine del dono. Del dono e quindi non dell'appropriazione. Nel pane è iscritto un destino più alto, una destinazione più ampia, una passione che oggi purtroppo è venuta un po' meno, la passione per il bene comune: il pane spezzato, perché arrivi a tutti, perché si sfami la moltitudine e non solo i pochi. E non è un gesto magico: nel racconto Matteo non accenna a un moltiplicarsi dei pani, non è una moltiplicazione, accenna a uno spezzarli e a un condividerli. Se qualcuno, arrivati i pani a lui, se li fosse tenuti, quel prato verde sarebbe stato sconsacrato.

Come se stesse avvenendo qualcosa di nuovo e tutt'a un tratto si spezzasse, e, per la voracità di quell'uno, la distribuzione si inceppasse e il sogno della condivisione fosse strappato. Se prevale l'ingordigia, pochi o tanti, penso "tanti", rimarranno esclusi, esclusi dai beni che un Padre non può non destinare a tutti i suoi figli. La preoccupazione è per tutti. Una lezione, questa del vangelo, che sembra scritta per tempi come i nostri, tempi di crisi, di preoccupazione, di incertezza per il futuro e, di conseguenza, di esclusione.

Una società come la nostra - posso sbagliarmi, ma mi sembra di essere fedele al vangelo - potrà salvarsi se al criterio " sacrifici sì, ma non per me", avremo sostituito un altro criterio "sacrifici sì, se a chiedermeli è il bene comune", un pane che arrivi a tutti, una dignità che sia di tutti.. E le ceste avanzate saranno dodici, non una meno, dodici perché dodici sono le tribù di Israele: anche ciò che rimane ha dentro la logica della condivisione tra tutti e non quella dell'appropriazione.

Nessuna tribù, nessuna categoria, nessuna parte di umanità esclusa dal regno. Il regno che splende sulla terra quando il pane e la dignità giungono a tutti.

 

 

Lettura del libro dei Numeri 11, 4-7. 16a. 18-20. 31-32a

In quei giorni. La gente raccogliticcia, in mezzo a loro, fu presa da grande bramosia, e anche gli Israeliti ripresero a piangere e dissero: "Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cetrioli, dei cocomeri, dei porri, delle cipolle e dell'aglio. Ora la nostra gola inaridisce; non c'è più nulla, i nostri occhi non vedono altro che questa manna". La manna era come il seme di coriandolo e aveva l'aspetto della resina odorosa. Il Signore disse a Mosè: "Dirai al popolo: "Santificatevi per domani e mangerete carne, perché avete pianto agli orecchi del Signore, dicendo: Chi ci darà da mangiare carne? Stavamo così bene in Egitto! Ebbene, il Signore vi darà carne e voi ne mangerete. Ne mangerete non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi venga a nausea, perché avete respinto il Signore che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: Perché siamo usciti dall'Egitto?"". Un vento si alzò per volere del Signore e portò quaglie dal mare e le fece cadere sull'accampamento, per la lunghezza di circa una giornata di cammino da un lato e una giornata di cammino dall'altro, intorno all'accampamento, e a un'altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo si alzò e tutto quel giorno e tutta la notte e tutto il giorno dopo raccolse le quaglie.

Sal 104 (105)

® Il Signore ricorda sempre la sua parola santa. È lui il Signore, nostro Dio: su tutta la terra i suoi giudizi. Si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per mille generazioni, dell'alleanza stabilita con Abramo e del suo giuramento a Isacco. ® Fece uscire il suo popolo con argento e oro; nelle tribù nessuno vacillava. Quando uscirono, gioì l'Egitto, che era stato colpito dal loro terrore. Distese una nube per proteggerli e un fuoco per illuminarli di notte. ® Alla loro richiesta fece venire le quaglie e li saziò con il pane del cielo. Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque: scorrevano come fiumi nel deserto. Così si è ricordato della sua parola santa, data ad Abramo suo servo. ®

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,1-11b

Non voglio che ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nube e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma la maggior parte di loro non fu gradita a Dio e perciò furono sterminati nel deserto. Ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono. Non diventate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi. Non abbandoniamoci all'impurità, come si abbandonarono alcuni di loro e in un solo giorno ne caddero ventitremila. Non mettiamo alla prova il Signore, come lo misero alla prova alcuni di loro, e caddero vittime dei serpenti. Non mormorate, come mormorarono alcuni di loro, e caddero vittime dello sterminatore. Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per nostro ammonimento.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 14, 13b-21

In quel tempo. Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare". Ma Gesù disse loro: "Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare". Gli risposero: "Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!". Ed egli disse: "Portatemeli qui". E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

 

 


 
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