la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella terza Domenica di Quaresima
secondo il rito ambrosiano


19 marzo 2017



 

 

Es 34,1-10
Sal 105
Gal 3,6-14
Gv 8,31-59

"Gesù si nascose e uscì dal tempio". Mi dicevo: come se uscisse dalla religione, dalla perversione della religione. dalla deriva triste e inquietante della religione. Mi hanno colpito i due verbi che firmano il capitolo ottavo del vangelo di Giovanni: "si nascose e uscì dal tempio". Si nascose. Pensate a tutti quei sofismi religiosi che, per bocca di quel gruppo di giudei, avevano ammorbato l'aria del tempio.

Eppure di loro è scritto che "avevano creduto in lui". E questo, vi dicevo, è inquietante. Perché ci mette in guardia da una fede che può diventare pietre nelle mani di coloro che presumono, presumono di difendere l'ortodossia. Siamo giunti al pervertimento della fede. Quando succede questo l'esito è il nascondimento di Dio: "si nascose".

Dio si nasconde. Ed è la cosa più triste che ci possa accadere. Che Dio si nasconda. "E uscì dal tempio….". Tutti voi, immagino, abbiate colto che, da parte di Gesù, non era solo un uscire da uno spazio fisico, dalle mura del tempio, ma era un uscire da una religione mummificata, arcigna, immobile. Da un'aria irrespirabile. Quasi gli mancasse il respiro: "uscì da tempio".

E anche noi - vorrei dire - usciamo con Gesù. Anche noi abbiamo fatto fatica a reggere il dialogo. Dall'altra parte c'era il muro: le parole di Gesù rimbalzavano, come contro un muro. Ma come e quando può succedere? Può succedere quando una religione viene derubata della sua anima, cioè dello spirito che la fa viva, viva e credibile. E diventa una ripetizione meccanica di formule o di riti - riti pallidi e formule vuote -, quando una religione diventa cittadella, in cui difendersi, in sospetto di ogni voce nuova, che viene aprioristicamente giudicata un attentato alla fede.

Così era guardato il rabbi il Nazaret: un sovversivo della fede, mentre in verità era colui che riportava la fede alle sorgenti antiche, all'anima antica. Vorrei indugiare sul nome di Abramo che viene ampiamente sbandierato nel dialogo con Gesù: per ben dieci volte lo abbiamo sentito pronunciare nel nostro brano. La nostra domenica passa nelle liturgia come la domenica di Abramo. Lo abbiamo sentito riproporre anche da Paolo nella lettera ai Galati.

Gli oppositori di Gesù nel tempio usavano il nome di Abramo per dire che loro erano gli unici eredi di Abramo, quando Paolo - pensate - nella lettera ricorda che di Abramo, nelle Scritture sacre, sta scritto: "In te saranno benedette tutte le genti". Pensate, viene usato per l'esclusione il nome di uno che, di natura sua, era per una convocazione infinita di stelle.

Di uno che non era per l'immobilità di una cittadella fortificata, ma per l'andare, per il viaggio. Profeta del viaggio. Così infatti inizia l'avventura di Abramo. Libro della Genesi: "In quei giorni, il Signore disse ad Abram - che è poi il Patriarca delle tre religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo, islamismo -: "Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò…".

Ebbene alcuni studiosi della Bibbia danno al termine ebraico "Lek lekà" il significato di "Vai verso te stesso". "Vattene": davanti sta un viaggio. Il viaggio sta davanti a te, ma sta anche dentro di te. Quando dici fede, dici viaggio. Dici infatti Dio: e quando mai avrai finito di esplorare Dio? Dentro e fuori di te? Può stupire che si parli di un viaggio verso se stessi. Ma non era forse questa la ragione della immobilità, della impermeabilità, degli oppositori di Gesù?

Non stava, in radice, nel fatto che erano fermi dentro? Non c'era viaggio dentro. Mi ritornano al cuore le parole di un poeta teologo mistico musulmano, Rumi, che scrive: "Anche se non hai piedi scegli di viaggiare in te stesso; come miniera di rubini sii aperto all'influsso dei raggi del sole. O uomo! Viaggia da te stesso in te stesso, ché da simile viaggio la terra diventa purissimo oro".

Mi è sembrato di ritrovare, in queste parole, quasi un'immagine preziosa della quaresima: "O uomo! Viaggia da te stesso in te stesso, ché da simile viaggio la terra diventa purissimo oro". La terra, dentro di noi e fuori di noi, se siamo aperti al viaggio e non arroccati, può avvicinarsi allo sfolgorio del purissimo oro. Perché ho parlato di viaggio? Certo perché è la domenica di Abramo, l'uomo del grande viaggio della fede.

Ma forse c'è anche - e lo confesso - un altro motivo che ora vorrei confidarvi, e sono le parole di un ragazzino africano, di dieci anni. In una classe, qui a Milano, in periferia, ai ragazzini era stato chiesto di scrivere una poesia su "Vicini e lontani". Scrive una poesia, bellissima. Tra le altre cose, bellissime, scrive: "Un viaggio / che aggiorna / il paese antico". E pensare che il suo era stato un viaggio su onde nere di mare.

Parole preziose, queste di un ragazzino africano, per uno come me che ha bisogno di aggiornamento: "Un viaggio / che aggiorna / il paese antico". Oso pregare che mi succeda un viaggio, un viaggio dietro la Parola di Dio, ma anche dietro le parole di un ragazzino africano, un viaggio che mi aggiorni, aggiorni il mio paese antico. Ho bisogno di aggiornamento.

Lettura del libro dell'Esodo 34, 1-10

In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: "Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte". Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione". Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa' di noi la tua eredità". Il Signore disse: "Ecco, io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te".

Sal 105 (106)

® Salvaci, Signore, nostro Dio. Abbiamo peccato con i nostri padri, delitti e malvagità abbiamo commesso. I nostri padri, in Egitto, non compresero le tue meraviglie, non si ricordarono della grandezza del tuo amore. ® Molte volte li aveva liberati, eppure si ostinarono nei loro progetti. Ma egli vide la loro angustia, quando udì il loro grido.® Si ricordò della sua alleanza con loro e si mosse a compassione, per il suo grande amore. Li affidò alla misericordia di quelli che li avevano deportati.

® Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati 3, 6-14

Fratelli, come Abramo "ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia", riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: "In te saranno benedette tutte le nazioni". Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: "Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica". E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che "il giusto per fede vivrà". Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: "Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse". Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: "Maledetto chi è appeso al legno", perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 8, 31-59

In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: "Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". Gli risposero: "Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: "Diventerete liberi"?". Gesù rispose loro: "In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro". Gli risposero: "Il padre nostro è Abramo". Disse loro Gesù: "Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l'ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro". Gli risposero allora: "Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!". Disse loro Gesù: "Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c'è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio". Gli risposero i Giudei: "Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?". Rispose Gesù: "Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno". Gli dissero allora i Giudei: "Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno". Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?". Rispose Gesù: "Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "È nostro Dio!", e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia". Allora i Giudei gli dissero: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?". Rispose loro Gesù: "In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono". Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.

 

 


 
stampa il testo
salva in  formato rtf
Segnala questa pagina ad un amico
scrivi il suo indirizzo e-mail:
 
         
     

 
torna alla home