la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella terza Domenica di Avvento
secondo il rito ambrosiano


29 novembre 2015



 

 

Is 45,1-8
Sal 125
Rm 9,1-5
Lc 7,18-28

La domanda del Battista: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?" -domanda non da poco! - nasce da una informazione giunta in carcere. "Giovanni" è scritto "fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose". Di che cosa lo informarono? Se facciamo un passo indietro, scopriamo i fatti di cui il Battista era stato informato. Essenzialmente due.

Primo che Gesù si era lasciato intenerire dalla richiesta, giuntagli a distanza da un centurione, cui stava a cuore un suo servo che purtroppo stava per morire. La sua parola a distanza lo guarì e quel giorno ebbe pure il coraggio di dire, in faccia a tutti, che a lui in Israele una fede così grande non era mai capitato di trovarla. Secondo fatto, Gesù entra in una città, Nain, e alla porta della città, che cosa vede? Stanno portando alla tomba un morto, un ragazzo, figlio di una madre rimasta vedova. "Vedendola" è scritto "il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: "Non piangere!". Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Ragazzo, dico a te, àlzati!". Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.

Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi", e: "Dio ha visitato il suo popolo". Ora sappiamo quali fossero i fatti di cui Giovanni fu informato in carcere. Potremmo dire fu informato della compassione del Messia, lui, difensore, come Dio suo padre, di vedove e di stranieri, celebratore - cosa inaudita! - della fede degli stranieri! Fu informato - potremmo dire racchiudendo tutto in una sola parola - fu informato della tenerezza del Messia. E fa problema - badate, anche per un profeta grande come il Battista - fa problema, e fa scandalo, la tenerezza, la tenerezza scelta come la priorità della missione del messia.

Alla domanda del Battista "sei tu o ne aspettiamo o un altro?" Gesù rimanda ai gesti della tenerezza. Perché fa problema che questo sia lo stile di Gesù, perché fa scandalo? Perché faceva scandalo, la tenerezza, anche agli occhi di uomini virtuosi, pii e austeri, come il Battista,? Perché si pensa che a cambiare persone e situazioni ci vuole una grinta ben diversa. Lo si pensa anche oggi. Passate in rassegna i toni che nei dibattiti, a ogni livello, si usano oggi.

Ma che cosa credi? Di cambiare il mondo con la tenerezza? Ma dove vivi? Alza il tono, urla. E noi? Penso che sarebbe prezioso passare in rassegna ogni ambito di vita, da quello dei miei rapporti personali, a quello della famiglia, a quello della professione. a quello del quartiere, della città, del mio paese, delle nazioni, per sorprendere quali possibilità di presenza e di azione io conceda alla dimensione della tenerezza. Starei per dire minima. Cercasi tenerezza. Alla quale rimanda Gesù. Dicendo ai delegati del Battista: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista i sordi odono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia".

"Quando avviene questo - sembra dire Gesù - quando accade la tenerezza verso la vita degli umani, verso la loro voglia di vivere e di essere felici, quando avviene questo, avviene il regno di Dio". Anche tu dunque da' forma. Da' forma alla tenerezza, dà forma al regno di Dio. Ho incrociato in questi giorni una citazione di uno scrittore tedesco, Heinrich Boll che scrive: "Nel Nuovo Testamento c'è un teologia della tenerezza che agisce sempre nel senso della guarigione con parole, con le mani, con carezze, con baci, con un pasto in comune…

Questo elemento del Nuovo Testamento, la tenerezza, non è stato ancora scoperto: tutto è stato trasformato in rissa e grida; vi sono, tuttavia, alcuni esseri che possono essere guariti semplicemente da una voce o a un pasto in comune…". Badate bene, non si tratta soltanto di organizzare, organizzare, che so io, la carità. In agguato c'è il pericolo di organizzazioni perfette ma asettiche, si tratta di toccare la solitudine di ogni donna di ogni uomo, il non senso che li soffoca, l'indifferenza che li circonda, il peso che li trascina. Si tratta di toccare con il segreto della tenerezza.

"Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito". "Prima" sembra dire "ciò che avete visto, poi ciò che da me avete udito": Gesù dà una precedenza ai gesti, sono più eloquenti. Raccontate i miei gesti e poi le parole. Spesso avviene il contrario. Si raccontano parole. A cui non seguono gesti. Ci sembra di intuire che Gesù consegna anche a noi questa precedenza, prima i gesti, poi le vostre parole, i gesti della misericordia, delle opere di misericordia, poi forse vi sarà data l'occasione di dare ragione della vostra fede. Siate dunque nel mondo strumenti della tenerezza. Che è il luogo vero della rivelazione di Dio. Pensate, sino al punto - incredibile! - che se tu liberi, se sollevi, se accogli, se fai giustizia, tu sei strumento di Dio, paradossalmente, anche se tu Dio non lo conosci, a tua insaputa.

Non sto sognando. Il rotolo del profeta Isaia non ci ha forse oggi ricordato che un re, straniero e pagano, Ciro, diventa, in forza dei disegni sorprendenti di Dio, uno strumento di salvezza per Israele? C'è da rimanere trasognati ascoltando le parole - altro che ecumenismo! - che Dio riserva a Ciro: "Ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo, sebbene tu non mi conosca… ti renderò pronto all'azione, anche se tu non mi conosci".

Mi colpiva l'insistenza: "sebbene tu non mi conosca… anche se tu non mi conosci…". Quasi dicesse: "Tu sei dalla mia parte, partecipe del mio disegno, quando sei strumento di liberazione, di germogli di giustizia, di libertà, di vita, di amore per la vita sulla terra. Anche se sei un pagano". Noi purtroppo abbiamo un criterio molto diverso e prima di tutto ci interroghiamo sulle appartenenze e - Dio non voglia - sulle parole: a quale religione appartieni, a quale movimento, a quale parte politica, a quale gruppo ecclesiale.

Meno educati a guardare in faccia la realtà e a chiederci di che cosa uno nella sua vita è strumento. A volte dimentichiamo che il Dio in cui crediamo è il Dio che può rendere pronto all'azione chiunque, anche coloro che non lo conoscono, sebbene non lo conoscano. E noi dovremmo essere tra coloro che nel mondo e nella storia hanno l'arte di sorprendere donne e uomini che, pur non conoscendolo, sono strumenti di Dio sulla terra. E dovremmo gioire.

Per i meravigliosi sconfinamenti di Dio.

 

 

 

 


 
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