la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella seconda Domenica dopo l'Epifania
secondo il rito ambrosiano


14 gennaio 2018



 

 

Is 25,6-10a
Sal 71
Col 2,1-10a
Gv 2,1-11

Dopo i magi, dopo il battesimo alle acque del Giordano, ora l'epifania è a un banchetto di nozze, l'epifania di Dio e del suo messia è nel vino. E - lasciatemi dire - lo svelamento del Messia è senza clamori, senza tuoni e senza fanfare.- E già questa è una cosa che fa pensare, quasi un ossimoro - e dice tanto di Dio -: rivelarsi nascondendosi. Nascosto in una casa di Betlemme, nascosto nella fila dei peccatori nel Giordano, e oggi nascosto tra una folla - immagino rumorosa - di invitati a nozze.

Questo stare in incognito - credetemi - mi impressiona. Alla fine del racconto Giovanni scrive che quel giorno Gesù "manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui". E nessuno - pensate - nessuno nel racconto delle nozze di Cana a svelarlo, ad indicarlo. Era l'inizio dei segni: ad accorgersene la madre e un gruppetto di discepoli. Noi ci saremmo aspettati che a una cert'ora del banchetto qualcuno avesse chiesto silenzio, per dire che era avvenuto qualcosa di inimmaginabile.

Tutto va nel segno dello scontato. Passa invece la voce, e fa clamore, che i due sposi hanno - meraviglia delle meraviglie - tenuto da parte il vino buono per la fine. E tutto finisce così, con il merito che va ad altri. L'epifania degli altri. Che non c'entrano per nulla. Questo mi fa pensare a quanta segretezza abiti i doni di Dio. Non è una cosa da poco in una società dove non raramente ci si attribuisce, sbandierandoli, i meriti degli altri. E raramente si leggono in controluce i doni di Dio. Donare senza fanfare è lezione di Gesù, del suo vangelo. Doni nascosti, e chi li fa non esibisce. Ed è uno dei tratti d questo racconto.

Un altro tratto che sconcerta - e ce lo diciamo ogni volta - è che il primo dei segni di Gesù nel vangelo di Giovanni sia il vino. Gli uomini dello spirito hanno altre categorie: secondo loro bisogna distinguere nella vita tra ciò che è necessario e ciò che non è necessario, in questo sono austeri e rigorosi e pretendono che gli altri lo siano: necessario il pane, il vino no. Di conseguenza diventa spontaneo chiederci perché la madre di Gesù se lo prenda tanto a cuore il fatto che a quel banchetto venga a mancare il vino e forzi un poco il Figlio, forzi il giorno della sua manifestazione, e, di conseguenza, il giorno delle scontro finale, il giorno della sua ora che odora di morte violenta. Valeva la pena? Dopo tutto non era forse un dettaglio il vino?

Ma le donne, forse più di altri, sono le creature del dettaglio, del dettaglio, che - perdonate se mi esprimo così - del dettaglio che non è dettaglio. Perché quello di Maria era un gesto di attenzione. Rimangono i suoi occhi, dentro una festa, forse anche un poco scomposta e fragorosa, dove ognuno, essendo semplicemente invitato, si lascia prendere da cibi, vino, canti e danze. Splendidi gli occhi di Maria che, là dove nessuno sembra preoccuparsi, legge un fatto, che di per sé potrebbe apparire irrilevante, ma che, secondo il suo modo di vedere, potrebbe incrinare l'atmosfera della festa: la mancanza di vino.

Dopo tutto non era forse vero che il destino di suo Figlio era legato al vino? E qualcuno non andava anche sussurrando di una propensione del suo Figlio per i banchetti? Una propensione non nascosta dai vangeli che ha fatto sì che qualcuno, un amico, Enzo Bianchi, abbia chiamato Gesù: "il rabbi che amava i banchetti". E come avrebbe potuto rifiutare l'invito? O fare diversamente? Di Dio nelle scritture non stava forse scritto che avrebbe preparato "per tutti i popoli un banchetto di grasse vivande e di vini succulenti"? L'allegria, la festa sul monte! Sarà tornata alla mente o no della madre - mi chiedo - la pagine del profeta Amos che prefigurava la venuta del Messia come il giorno del vino, del vino nuovo?

Scrive il profeta: "Ecco, verranno giorni / - oracolo del Signore / in cui chi ara s'incontrerà con chi miete / e chi pigia l'uva con chi getta il seme; / i monti stilleranno il vino nuovo / e le colline si scioglieranno" (Am 9,13). Il segno del vino dunque come evocazione del giorno del Messia. Ma anche segno dell'avvento di un Dio che onora, in un banchetto di nozze, l'amore di un uomo e di una donna. Filo rosso tra vino e amore. A un matrimonio infatti si fa festa per l'amore con il vino, il vino dice ebbrezza. E la parola "ebbrezza", "ebbro", dice anche uno star fuori, un sussulto di follia. Un sussulto di follia che ti percorre le vene quando sei preso dall'amore, sangue nelle tue vene.

Se non c'è un grumo di pazzia, di ebbrezza, tutto si fa gelo, magari un gelo sacro, ma gelo. Nell'amore come nella fede. E il pensiero mi ritorna al racconto di Cana, al comando di Gesù di riempire di acqua le anfore, le grandi anfore poste nella casa, là in un angolo immobili, vuote. Chissà che si voglia sottolineare il pericolo sempre soggiacente di una ritualità vuota, vuota di ebbrezza. Quasi a dire che, quando manca nella religione l'ebbrezza dell'amore, ci si rifugia nelle purificazioni, legate alla legge.

E succede il gelo delle anfore di pietra. Vuote. Non stava già scritto nel rotolo del profeta Ezechiele: "Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne"? (Ez 36,26). Voi mi capite, non più una religione che non sa parlare altro che di precetti e di purificazioni, una religione scritta su tavole di pietra, mai più una religione che guarda con un residuo di sospetto, come qualcosa da purificare, l'amore umano, bensì la fede in un Dio che non contrae l'amore, lo dilata, non toglie passione, l'accende.

Se la vita non la investi di tanto in tanto con la follia della gratuità, dell'eccesso, tutto si corrompe, la vita si corrompe, l'amore si corrompe. Un amore troppo misurato muore. Ricordo che alcuni ragazzi anni fa scrissero su un loro invito di matrimonio una frase di Eduardo Galeano: "Beati gli ubriachi, perché vedranno Dio due volte". La frase può sembrare all'apparenza dissacrante. Ma forse sta a dire che c'è un oltre da sognare. Invito ad andare oltre, oltre ciò che è dovuto, oltre ciò che è prescritto, oltre ciò che è programmato. E tutti noi a chiederci se nella nostra vita c'è ancora un margine di follia, di fantasia, di gratuità.

 

 

Lettura del profeta Isaia 25, 6-10a

In quei giorni. Isaia disse: "Preparerà il Signore degli eserciti / per tutti i popoli, su questo monte, / un banchetto di grasse vivande, / un banchetto di vini eccellenti, / di cibi succulenti, di vini raffinati. / Egli strapperà su questo monte / il velo che copriva la faccia di tutti i popoli / e la coltre distesa su tutte le nazioni. / Eliminerà la morte per sempre. / Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, / l'ignominia del suo popolo / farà scomparire da tutta la terra, / poiché il Signore ha parlato. / E si dirà in quel giorno: "Ecco il nostro Dio; / in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. / Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; / rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, / poiché la mano del Signore si poserà su questo monte".

Sal 71 (72)

® Benedetto il Signore, Dio d'Israele, egli solo compie meraviglie. Il Signore libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la vita dei miseri. ® Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedette tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano beato. ® Benedetto il Signore, Dio d'Israele: egli solo compie meraviglie. E benedetto il suo nome glorioso per sempre: della sua gloria sia piena tutta la terra.

® Lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi 2, 1-10a

Fratelli, voglio che sappiate quale dura lotta devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano consolati. E così, intimamente uniti nell'amore, essi siano arricchiti di una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è Cristo: in lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza. Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti: infatti, anche se sono lontano con il corpo, sono però tra voi con lo spirito e gioisco vedendo la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo. Come dunque avete accolto Cristo Gesù, il Signore, in lui camminate, radicati e costruiti su di lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, sovrabbondando nel rendimento di grazie. Fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi partecipate della pienezza di lui.

Lettura del Vangelo secondo Giovanni 2, 1-11

In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino". E Gesù le rispose: "Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora". Sua madre disse ai servitori: "Qualsiasi cosa vi dica, fatela". Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le anfore"; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: "Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto". Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto - il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l'acqua - chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti mettono in tavola il vino buono all'inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora". Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

 

 

 


 
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