la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella seconda Domenica dopo la Dedicazione
secondo il rito ambrosiano


1° novembre 2020



 

 

Is 45,20-23
Sal 21
Fil 3,13b-4,1
Mt 13,47-52

 

Voi forse siete a conoscenza che nel rito ambrosiano la domenica, piccola memoria settimanale della Pasqua, non cede il passo a memorie di santi e allora il mio tentativo oggi - e non so se è un azzardo - è di leggere la memoria di "tutti i santi" dentro suggestioni che ci vengono dal vangelo della domenica. E la prima suggestione è proprio questa: loro, i "santi della porta accanto", come è solito chiamarli papa Francesco - tra loro i nostro cari - sono stati nella grande rete, la rete gettata nel mare, il mare della vita, come racconta la parabola di Gesù.

E ora la loro sete - perché una sete sempre per grazia ci attraversa - ha una risposta tenera e assoluta alle sorgenti limpide della salvezza, sotto cieli nuovi nella terra nuova. Noi, qui e ora, ancora viviamo il tempo della rete gettata nel mare della vita, e il mare non è di un solo colore, e la rete non è al riparo da lacerazioni, né tutto è perfetto nella rete. E sarà così sino alla fine dei tempi, pesci buoni e pesci guasti. La rete conosce strappi. Ricordate i primi discepoli: Gesù li chiama che sono nella barca a riparare strappi di rete.

E' una delle immagini a me care: ricucire le reti. Sino alla fine del mondo, della mia vita, aggiustare reti, perché non si perda nessuno. L'accoglienza che non discrimina, non creare falle nella rete. Non tocca a noi discriminare tra pesci buoni e pesci guasti. Sarà alla fine del mondo. E alla fine del mondo non toccherà a noi, ma agli angeli. E poi, per dirla tutta, un poco o tanto, pesce guasto a volte mi sento anch'io. Eppure mi tenete nella rete. Per questo oggi mi affascina questa festa di tutti i santi che mi parla di donne e uomini della rete, donne e uomini comuni, che furono con noi nella rete, la rete della vita, che non è ancora il luogo della salvezza, ma di un camminare verso. Verso la salvezza.

Perché - mi sono chiesto - ci troviamo come di casa con i "santi della porta accanto"? Non sarà anche perché non accusiamo distanza tra noi e loro, non ci appaiono inavvicinabili. Come ci succede non poche volte con quelli raccontati da una discutibile agiografia che li fa santi sin da quando succhiavano latte dal seno materno. Monumenti di perfezione, se volete. Da ammirare, ma immobili e spesso lontani. Vorrei citare una poesia che mette in luce, muovendo al sorriso, questo sguardo disincantato delle donne e degli uomini di oggi verso perfezioni presuntuosamente suntuose.

La poesia è di Wislawa Szimborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996. Scrive:

C'è chi meglio degli altri realizza la sua vita.
E' tutto in ordine dentro e attorno a lui.
Per ogni cosa ha metodi e risposte.
E' lesto a indovinare il chi il come il dove
e a quale scopo.
Appone il timbro a verità assolute,
getta i fatti superflui nel tritadocumenti
e le persone ignote
dentro appositi schedari.
Pensa quel tanto che serve
non un attimo in più,
perché dietro quell'attimo sta in agguato il dubbio.
E quando è licenziato dalla vita
lascia la postazione
dalla porta prescritta.
A volte un po' lo invidio
- per fortuna mi passa.

Non ci passano invece i visi dei "santi della porta accanto". Perché non sono la negazione della fragilità della rete, della sua vulnerabilità. Forse anche questo, in mezzo a inquietudini e sofferenze, questa stagione triste del Covid ci sta insegnando: che ci eravamo scordati della fragilità della vita, di una vita da amare anche nella sua fragilità. Leggevo giorni fa un articolo molto suggestivo, che metteva in questione una parola che usiamo spesso nel discorso religioso, la parola "salvezza".

Angelo Reginato, oggi pastore battista, scrive: "La vita buona, sognata da Dio, è proprio questa vita fragile. E la salvezza promessa non consiste nell'essere strappati dalla condizione umana ma nell'attraversarla con fiducia, sapendo che nulla potrà separarci dall'amore di Cristo. Se nel delirio di onnipotenza, in cui abbiamo fin qui vissuto, anche la salvezza veniva pensata come sicurezza di essere esenti da ogni forma di male, ora incominciamo a renderci conto di aver scambiato la fede nella salvezza con un'ideologia rassicurante. E che dobbiamo attingere ad altre immagini". Lui ne propone due intriganti.

Io sosto su una, quella del cieco condotto da Gesù. Gesù riapre quegli occhi chiusi, ma lo fa in due tempi, e non subito al primo colpo. Dopo averglieli toccati una prima volta, chiede "Vedi qualche cosa?". Il cieco risponde: "Vedo come alberi che camminano". La vista non risulta ancora nitida, ma qualcosa si coglie. Non sarà che la domanda venga a noi oggi? Oggi che siamo rete gettata in un mare tempestoso: "Vedi qualche cosa?". Non vediamo, no, acque tranquille né possiamo illuderci immaginando navigazioni in sicurezza né attraversamenti di braccia di mare senza rischi. Ma tu, tu, vedi qualche cosa? E se lo vedi, me lo racconti? Qualche cosa.

Ebbene vorrei dirvi che qualche cosa, se gli occhi non si sono paurosamente opacizzati, potremmo vedere. Oggi - è una grazia - vediamo alberi che camminano. Dove? In questa memoria di tutti i santi. Questa memoria dei "santi della porta accanto" sembra dirci che il male, nonostante la sua insolenza non vince. Ci viene, da donne e uomini della rete, un invito ad affidarci, a non arrenderci, Vedi qualche cosa? Sì, vedo, vedo visi, visi di donne e di uomini che non si sono arresi nella loro vita: hanno ricostruito dopo distruzioni gigantesche, hanno riparato reti dopo lacerazioni improvvise, si sono presi cura della vita. Hanno amato, hanno abbracciato. "Vedo" - mi scriveva ieri sera un'amica - "gli innamoramenti. Storie, età, vissuti così diversi, ma uniti dal filo dell'amore che è quello della tenerezza, della gentilezza e della delicatezza"

Sì, vedo donne e uomini, che, per lo più nel silenzio, sanno fare grandi le cose che toccano a loro ogni giorno. Le sanno fare grandi perché, pur essendo fragili come ognuno di noi, grande e gonfio è il loro cuore. Mi emoziona pensarli. E tu? Tu vedi qualche cosa? Sì, i tuoi occhi non sono opachi né pallidi. Tu vedi. E allora racconta.

Racconta alle donne e agli uomini della rete.

 

Lettura del profeta Isaia - Is 45, 20-23

Così dice il Signore Dio: "Radunatevi e venite, avvicinatevi tutti insieme, superstiti delle nazioni! Non comprendono quelli che portano un loro idolo di legno e pregano un dio che non può salvare. Raccontate, presentate le prove, consigliatevi pure insieme! Chi ha fatto sentire ciò da molto tempo e chi l'ha raccontato fin da allora? Non sono forse io, il Signore? Fuori di me non c'è altro dio; un dio giusto e salvatore non c'è all'infuori di me. Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra, perché io sono Dio, non ce n'è altri. Lo giuro su me stesso, dalla mia bocca esce la giustizia, una parola che non torna indietro: davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua".

Sal 21 (22)

Loderanno il Signore quelli che lo cercano. Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli. I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano; il vostro cuore viva per sempre! R Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra; davanti a te si prostreranno tutte le famiglie dei popoli. Perché del Signore è il regno: è lui che domina sui popoli! R E io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunceranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: "Ecco l'opera del Signore!". R

Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi - Fil 3,13b - 4, 1

Fratelli, so soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Tutti noi, che siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati, insieme procediamo. Fratelli, fatevi insieme miei imitatori e guardate quelli che si comportano secondo l'esempio che avete in noi. Perché molti - ve l'ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto - si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei carissimi e tanto desiderati, mia gioia e mia corona, rimanete in questo modo saldi nel Signore, carissimi!

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 13, 47-52

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: "Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete compreso tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".

 

 

 

 

 


 
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