la parola della domenica

 

Anno liturgico A


omelia di don Angelo nella seconda Domenica di Avvento
secondo il rito ambrosiano


23 novembre 2025



 

 

Bar 4, 36 - 5, 9
Sal 99
Rm 15, 1-13
Lc 3, 1-18

Spaesamento. Anche se abbiamo fatto l'abitudine, un attimo di spaesamento ci coglie quando Luca, esperto narratore - dopo aver srotolato in stretta successione nomi e nomi dei grandi del tempo, quelli lontani e quelli vicini, e, tra i più vicini, i capi religiosi - sposta bruscamente la telecamera, li lascia al buio e accende. Fa notizia: "La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati". Spaesamento, ma poi subito la domanda: chi fa la storia del mondo? E non tocca forse anche a noi di spegnere e accendere? E di accorgerci che il grano sta crescendo silenziosamente altrove? E non potrebbe forse creare qualche suggestione anche il fatto che Gesù, il Rabbi di Nazaret, abbia sentito la necessità di uno che preparasse la strada, di uno che, come fa il contadino, sarchia la terra in inverno, prepara le zolle a un avvento, un avvento di seme?

E che cosa potrebbe essere oggi, in una stagione come la nostra, preparare terreno, abbassare colli, riempire burroni, raddrizzare strade in vigilia di un Dio che viene nell'oggi? Ma da dove veniva Giovanni? Forse può stupire che Luca, a fronte della ostentata grandezza dei grandi, racchiuda tutto in un quasi niente di parole, racimolo potente per la sua incisività. Eccolo: "La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto". Nel deserto, ma dove? Ma come? Ma con chi? Nel deserto. Più di una volta ci capitò di sottolineare come il verbo 'venne' in greco coincida nel nostro contesto con 'accadde'. Il vero accadimento, non nel frastuono delle città del potere. Giovanni inizia dal deserto e invita al deserto. Alla nostra domanda sul luogo delle vere preparazioni, degli autentici inizi, Luca sembra rispondere: "il deserto". Il deserto dove Giovanni è raggiunto dalla Parola, il deserto dove accorrono le folle, si rivela cosi come luogo per un autentico ricominciare.

Al cuore mi sono ritornate le parole che ebbe don Mimmo, l'Arcivescovo di Napoli, lo scorso luglio a Montecassino raccontando di San Benedetto:: "Ha capito" disse "qualcosa che ci riguarda ancora oggi: che in un mondo che corre e si perde, servono uomini e donne che facciano silenzio su tutto il resto, e ascoltino solo ciò che conta davvero. Perché a volte, per tornare a Dio, non bisogna fare mille passi avanti, ma uno indietro: tornare a quella voce che ci chiama "figli". A quel luogo interiore dove il tempo è ancora sacro, la parola è ancora promessa, e la sapienza è ancora un dono che si riceve in ginocchio. Benedetto fu uomo di ascolto. La sua Regola inizia con una parola semplice: "Ascolta, o figlio". Non dice: "Obbedisci", non dice: "Costruisci", non dice: "Agisci subito". Dice: Ascolta. Perché ogni conversione vera comincia da lì: dal silenzio che fa spazio all'altro, dalla pazienza che impara i tempi di Dio, dalla fiducia che si lascia istruire. E Benedetto, prima di essere guida, fu figlio. Figlio della Scrittura, figlio del suo tempo, figlio della Chiesa. E così diventò padre, e generò un mondo nuovo nel grembo della storia". Generare un mondo nuovo.

Spesso ci si chiede che cosa fare. E' la domanda che risuona a ondate lungo le sponde del Giordano, è sulle labbra di tutti, folle, pubblicani, soldati. Domanda legittima, che però può nascondere un abbaglio. Non si tratta in primis di aggiungere qualcosa o di inventare chissà che cosa. Forse alle folle, ai pubblicani e ai soldati era sfuggito che il Battista li aveva preceduti e aveva già detto loro che cosa fare per sfuggire a tempi di paure. Aveva detto loro: " Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Voi mi capite, non è chiesto solo un fare, ma fare frutti che abbiano il segno della conversione, cioè di un cambio di mentalità come allude la parola. Una inversione di marcia. A volte ci vengono declamate, come geniali strepitose miracolose, straregie che, se indagate dal di dentro, svelano la vecchia radice che ammorba la terra; la mentalità che soggiace non muta, tengono la stessa direzione. Da dove le scelte?

E Ia domanda non tocca solo i grandi scenari della storia, tocca anche le storie piccole, la mia storia: io faccio frutti, faccio scelte, che hanno il timbro di una mentalità nuova, non allineata a quella preminente del dominio, dall'egoismo, del successo, della manipolazione, dell'indifferenza, della disumanità? Hanno il segno della conversione? Sono frutto dello Spirito? Ce ne ha lasciato un elenco Paolo nella lettera ai Galati, a memoria. Come possibilità di generare un mondo nuovo: "Il frutto dello Spirito" scrive Paolo "è amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c'è Legge" (5,22-23).. A noi tocca virare la prua, il vento gonfierà le vele. E' possibile. Vorrei chiudere con un ritaglio di una preghiera.

E' di Madeleine Delbrêl una mistica della strada, morta il 13 ottobre 1964 a Ivry-sur-Seine: "Poiché le parole non sono fatte per rimanere inerti nei nostri libri, ma per prenderci e correre il mondo in noi, lascia, o Signore, che di quella lezione di felicità, di quel fuoco di gioia che accendesti un giorno sul monte, alcune scintille ci tocchino, ci mordano, c'investano, ci invadano. Fa' che da essi penetrati come "faville nelle stoppie" noi corriamo le strade di città accompagnando l'onda delle folle contagiosi di beatitudine, contagiosi di gioia. Perché ne abbiamo veramente abbastanza di tutti i banditori di cattive notizie, di tristi notizie: essi fan talmente rumore che la tua parola non risuona più. Fa' esplodere nel loro frastuono il nostro silenzio che palpita del tuo messaggio. Nella ressa confusa senza volto fa che passi la nostra gioia raccolta, più risonante che le grida degli strilloni dei giornali, più invadente che la tristezza stagnante della massa".

A noi tocca virare la prua, il vento gonfierà le vele.

 

Lettura del profeta Baruc - Bar 4, 36 - 5, 9

Così dice il Signore Dio: "Guarda a oriente, Gerusalemme, osserva la gioia che ti viene da Dio. Ecco, ritornano i figli che hai visto partire, ritornano insieme riuniti, dal sorgere del sole al suo tramonto, alla parola del Santo, esultanti per la gloria di Dio. Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell'afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell'Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre: "Pace di giustizia" e "Gloria di pietà". Sorgi, o Gerusalemme, sta' in piedi sull'altura e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti, dal tramonto del sole fino al suo sorgere, alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio. Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici; ora Dio te li riconduce in trionfo, come sopra un trono regale. Poiché Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso hanno fatto ombra a Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui".

Sal 99 (100)

Popoli tutti, acclamate il Signore! Acclamate il Signore, voi tutti della terra, servite il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. R Riconoscete che solo il Signore è Dio: egli ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge del suo pascolo. R Varcate le sue porte con inni di grazie, i suoi atri con canti di lode, lodatelo, benedite il suo nome; R perché buono è il Signore, il suo amore è per sempre, la sua fedeltà di generazione in generazione. R

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani - Rm 15, 1-13

Fratelli, noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo. Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: "Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me". Tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché, in virtù della perseveranza e della consolazione che provengono dalle Scritture, teniamo viva la speranza. E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull'esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio. Dico infatti che Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: "Per questo ti loderò fra le genti e canterò inni al tuo nome". E ancora: "Esultate, o nazioni, insieme al suo popolo". E di nuovo: "Genti tutte, lodate il Signore; i popoli tutti lo esaltino". E a sua volta Isaia dice: "Spunterà il rampollo di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni: in lui le nazioni spereranno". Il Dio della speranza vi riempia, nel credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo.

Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 3, 1-18

Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: "Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!". Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: "Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco". Le folle lo interrogavano: "Che cosa dobbiamo fare?". Rispondeva loro: "Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto". Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: "Maestro, che cosa dobbiamo fare?". Ed egli disse loro: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato". Lo interrogavano anche alcuni soldati: "E noi, che cosa dobbiamo fare?". Rispose loro: "Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe". Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile". Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 

 


 
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