la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella seconda Domenica di Avvento
secondo il rito ambrosiano


19 novembre 2017



 

 

Is 51,7-12a
Sal 47
Rm 15,15-21
Mt 3,1-12

Attendere. Attendere dove? Attendere come.
E la liturgia ci porta nel deserto, anche noi questa mattina ci spostiamo. Andiamo da Giovanni nel deserto. Anche noi, nascosti tra quelli che, "da Gerusalemme, da tutta la Giudea, da tutta la zona lungo il Giordano, accorrevano a lui".

Ci spostiamo: vi dicevo. Spostarsi, significa venir fuori da un posto. Ed è forse la prima cosa che colpisce nel brano. Una sorta di dislocazione. Una dislocazione da un lato sconcertante e dall'altro intrigante. Dal tempio ci si sposta nel deserto. Fugacemente mi è passata nella mente un domanda e un po' - lo confesso - mi inquieta. Noi siamo qui in una chiesa. Non sarà che siamo chiamati a spostarci, a cambiare posto e a prepararci alla venuta altrove? E perché Giovanni non dà l'annuncio nella città, perché non lo dà nel tempio, perché non là dove era tradizione consolidata battezzare? Perché non attraverso il filtro di coloro che sanno di religione?

E non sarà - me lo chiedo - che anche oggi siamo chiamati a uscire dagli apparati che sono per definizione sacri, ma sacri lo sono ben poco per luminosità di vita? Non ci è chiesto anche oggi di spostarci, una dislocazione. E andare là dove a parlare è il silenzio, là dove le parole sono vere, e non una cantilena senz'anima, là dove le parole le senti abitate dal cuore, dalla passione del cuore, da Dio? Mi direte che anche il tempio può essere un deserto per l'attesa. Ed è vero. Però il fatto che Giovanni non l'abbia scelto mi fa pensare, mi fa molto pensare.

Il tempio, la sua frequentazione, infatti, non risparmia da un pericolo che sta in agguato: quello di ridurre tutto a rito e a ipocrisia, un rito che non mette in moto una vita, un cambiamento di vita. Mi hanno fatto molto pensare le parole ruvide del Battista, ruvide come la sua pelle, resa di fuoco dal deserto. Chiama "razza di vipere" farisei e sadducei che avevano fama di persone per bene, i primi ossequienti a tradizioni religiose interpretate rigorosamente; gli altri di casa con i quartieri alti della società.

"Vipere"! E Giovanni le conosceva le vipere del deserto! E sapeva anche come bisognasse difendersene. Vipere! E rimprovera farisei e sadducei di essere venuti al suo battesimo. Quasi dicesse: "Siete venuti ad aggiungete un rito ai vostri riti, alla vostre tradizioni per sentirvi in pace, e tutto finisce lì!". Una pezza di stoffa nuova su un vestito vecchio. Molti di voi ricordano come Gesù un giorno mise in guardia da una simile operazione. Quel giorno davanti agli occhi aveva i discepoli di Giovanni, anche loro osservanti rigorosi delle prescrizioni della Legge.

Quel giorno disse loro: "Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l'uno e gli altri si conservano" (Mt 9, 16-17). Non si tratta dunque di andare al Giordano per aggiungere un rito ad altri riti, ma per cambiare la stoffa, la stoffa della vita, l'orientamento della vita. Si va al Giordano, si scende nell'acqua per cambiare. "Per fare un frutto degno di conversione" dice Giovanni ai farisei e ai sadducei.

Il monito che rivolge loro è a non nascondersi dietro le loro ripetute declamazioni di essere figli di Abramo. Bisogna fare "un frutto di conversione". Come dicesse: "qualcosa che faccia vedere che si è cambiata la direzione della vita, che è in atto un cambiamento, un rinascimento dall'acqua. Altrimenti è come se non vi foste dislocati, come se foste rimasti nella vostra vecchia religione". Anzi il Battista aggiunge: "Colui che viene dopo di me… vi battezzerà in Spirito santo e fuoco!

E a me questo sembra - posso sbagliarmi - un ulteriore invito a camminare in novità di vita. Quasi dicesse non basta l'acqua, non basta un battesimo di purificazione - ci si lava e basta -. Quello del Messia sarà un battesimo che, immergendo nello Spirito santo, nel soffio di Dio, nel crepitio del vangelo, comunicherà a coloro che vi si immergeranno un fuoco, una passione, che non lascia immobili, ma sospinge, fa ardere la vita. La vita che corre sempre il pericolo di inaridirsi, di ingrigirsi, di affievolirsi, di raffreddarsi.

Mi chiedo quanto sia rimasto in me, vecchio prete, dello Spirito santo che è fuoco, fuoco e passione? Quanto è rimasto quando inizio una nova giornata, quando mi trovo tra le mani un compito da svolgere, quando la vita mi dà la bellezza degli incontri? Quanto mi è rimasto dello Spirito santo e del fuoco? Ho bisogno di avvento. Ma ho bisogno anche di altro. Me lo ricordava il brano di Matteo che mi parlava, ci parla, del Battesimo sottolineando la coralità. Certo è un evento personale - se non ci metto cuore e anima, è rito pallido e vuoto -; ma è anche un evento corale.

Colpiva nel racconto la coralità, "tutti": "Gerusalemme, tutta la Giudea, e tutta la zona lungo il Giordano". Mi sembra di vederli nel tragitto verso il Giordano e nel ritorno, non ognuno per suo conto, gli uni e gli altri insieme. Voglio dirvi che è commovente questo essere tutti insieme, anche noi, a fare Avvento. Ci si sostiene gli uni gli altri. Voi mi sostenete, io ho bisogno di voi. Ricordo che un giorno rivolgendosi ai vescovi papa Francesco disse:"Ai vescovi chiedo di essere pastori. Non di più, pastori! Sia questa la vostra gioia: sono pastore. Sarà la gente, il vostro gregge, a sostenervi.

Di recente ho letto su un giornale di un vescovo che raccontava che era in metrò all'ora di punta e c'era talmente tanta gente che non sapeva più dove mettere la mano per reggersi. Spinto a destra e a sinistra, si appoggiava alle persone per non cadere. E così ha pensato che, oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo, è la sua gente". La coralità - vi dicevo - anche dell'avvento. Quello che fa stare in piedi, oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi me è la mia gente, siete voi. E qualche volta è bello anche dirlo.

Oggi mi è sembrata un'occasione buona per dirvelo. Per ringraziarvi.

 

 

Lettura del profeta Isaia 51, 7-12a

Così dice il Signore Dio: / "Ascoltatemi, esperti della giustizia, / popolo che porti nel cuore la mia legge. / Non temete l'insulto degli uomini, / non vi spaventate per i loro scherni; / poiché le tarme li roderanno come una veste / e la tignola li roderà come lana, / ma la mia giustizia durerà per sempre, / la mia salvezza di generazione in generazione. / Svégliati, svégliati, rivèstiti di forza, / o braccio del Signore. / Svégliati come nei giorni antichi, / come tra le generazioni passate. / Non sei tu che hai fatto a pezzi Raab, / che hai trafitto il drago? / Non sei tu che hai prosciugato il mare, / le acque del grande abisso, / e hai fatto delle profondità del mare una strada, / perché vi passassero i redenti? / Ritorneranno i riscattati dal Signore / e verranno in Sion con esultanza; / felicità perenne sarà sul loro capo, / giubilo e felicità li seguiranno, / svaniranno afflizioni e sospiri. / Io, io sono il vostro consolatore".

Sal 47 (48)

® Il tuo nome, o Dio, si estende ai confini della terra. Grande è il Signore e degno di ogni lode nella città del nostro Dio. La tua santa montagna, altura stupenda, è la gioia di tutta la terra. ® Il monte Sion, vera dimora divina, è la capitale del grande re. Dio nei suoi palazzi un baluardo si è dimostrato. ® Come avevamo udito, così abbiamo visto nella città del Signore degli eserciti, nella città del nostro Dio; Dio l'ha fondata per sempre. ® O Dio, meditiamo il tuo amore dentro il tuo tempio. Come il tuo nome, o Dio, così la tua lode si estende sino all'estremità della terra; di giustizia è piena la tua destra. ® Circondate Sion, giratele intorno. Osservate le sue mura, passate in rassegna le sue fortezze, per narrare alla generazione futura: questo è Dio, il nostro Dio in eterno e per sempre. ®

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 15, 15-21

Fratelli, su alcuni punti, vi ho scritto con un po' di audacia, come per ricordarvi quello che già sapete, a motivo della grazia che mi è stata data da Dio per essere ministro di Cristo Gesù tra le genti, adempiendo il sacro ministero di annunciare il vangelo di Dio perché le genti divengano un'offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo. Questo dunque è il mio vanto in Gesù Cristo nelle cose che riguardano Dio. Non oserei infatti dire nulla se non di quello che Cristo ha operato per mezzo mio per condurre le genti all'obbedienza, con parole e opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito. Così da Gerusalemme e in tutte le direzioni fino all'Illiria, ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma, come sta scritto: "Coloro ai quali non era stato annunciato, lo vedranno, e coloro che non ne avevano udito parlare, comprenderanno".

Lettura del Vangelo secondo Matteo 3, 1-12

In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea dicendo: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!". Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: "Voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri!". E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: "Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all'ira imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: "Abbiamo Abramo per padre!". Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile".

 

 


 
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