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la parola della domenica
Anno
liturgico B
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Dt
5,1-2.6-21 Da anni ormai, quando indugio a rileggere questo racconto del vangelo, della donna al pozzo, mi sfiora il timore, sempre, che le mie pallide parole possano violarlo. Forse anche per questo oggi, più delle altre volte, andrò per sussulti. E' come se sfiorassi l'atmosfera in cui avvenne. Pensate, i colori, i suoni, il bisbiglio delle parole e il sole, caldo sole, fiammeggiante, di mezzogiorno. E penso al giorno misterioso in cui o uno o l'altra - non si scappa, o uno o l'altra, o Gesù o la donna - o tutte e due hanno confidato ad altri parole ed emozioni di quell'incontro. Forse con il desiderio che la bellezza dell'incontro arrivasse altrove e in altre stagioni. Grazie a quelle confidenze questa mattina la bellezza è arrivata a noi. Nella sua bellezza, sentiamo parole, parole sottovoce. Che grazia! Finalmente fuori - pensate - dalle parole urlate dei nostri giorni. Parole, queste, dentro un colore, quello delle sabbie estasiate - sì, quel giorno, anch'esse estasiate - del deserto di Sicar. Dentro il gorgogliare sottile dell'acqua del pozzo. Dentro gli sguardi. Odori la tenerezza degli sguardi. I silenzi, tra parola e parola. I silenzi che non sono silenzi. Come quelli degli innamorati. E il rabbi di Nazaret che confessa la sua sete, e la donna che confessa poco a poco la sua sete. Perché il dialogo - e voi lo sapete - è vero ed è intimo se ci si confessa la sete. L'uno all'altro. Si potrebbe violare il racconto. Succede quando gli si toglie, sezionandolo, disarticolandolo, il colore. Pensate, per inciso a quale impoverimento abbiamo destinato i dieci comandamenti strappandoli al contesto di una storia viva di rapporti di vita come quella che oggi ci è stata raccontata nel libro del Deuteronomio. Ebbene io quest'anno il racconto del pozzo di Sicar vorrei lasciarvelo così. Così nella sua bellezza. Inviolabile. Poi succederà a qualcuno di voi in questi giorni di indugiare su qualche parola di questo dialogo, anche una parola sola. Ma dentro il colore, dentro il suono. Vi dicevo che noi purtroppo abbiamo anche la capacità - pessima capacità - di violare, di ferire a morte le cose belle, la bellezza dei sentimenti. E già ci provarono - e lo abbiamo letto - purtroppo i discepoli. Vi confesso che quest'anno, rileggendo il racconto, le parole di Gesù e le parole della donna, ho sentito, forse come mai, rozze, spente, cieche, quasi mercantili, le parole, ma anche gli sguardi, dei discepoli, che ritornano dalla città, dove erano andati a fare provvista di cibi. E si meravigliano che il loro maestro stesse parlando con una donna. Sono come spaesati. Fuori del paese dei sentimenti. Sono concentrati sul mangiare: "Rabbi, mangia". Ma lo avevano guardato negli occhi il loro Maestro? "Rabbi, mangia": un po'? Come succede qualche volta a noi, quando diciamo: "Su, mangia". ma non ci sfiora quello che sta passando nell'animo di chi ci sta accanto. E poi quei pensieri dei discepoli che danno la sensazione di uomini che vorrebbero insinuare chissà che cosa. Non hanno il coraggio di esprimerla, ma la domanda è come sospesa nei loro pensieri. Vorrebbero dirgli: "Ma che cosa cerchi? Perché parli con lei?". Quasi fosse una cosa meno decente. E forse un po' ambigua. "Che cosa cerchi?". Ma avevano già dimenticato quello che lui aveva detto nella casa di Zaccheo, mentre banchettava con pubblicani e peccatori, proprio rispondendo alle critiche dei benpensanti? Con parole forti, inequivocabili, aveva detto: "Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto". Che cosa cerchi? Aveva cercato quella donna, lei che si era come perduta dietro uomini che non avevano colto il suo cuore. Era nato un incontro. Era bastato quell'incontro perché la donna scordasse la sete e perché lui, il rabbi di Nazaret scordasse la fame. Lei lasciò la brocca e corse, corse in città. Lui lasciò il cibo e si abbandonò ai sogni: era come se i suoi occhi intravvedessero campi biondeggianti per messi tre mesi prima della stagione dei raccolti. "Alzate i vostri occhi e guardate" esorta. Come se dicesse: "Siete inghiottiti dalla materialità del cibo! Dalle cose. Ma così si rovina tutto!". Vi dicevo che noi abbiamo la triste possibilità di spegnere l'incanto del nostro incontro con Dio, come dei nostri incontri con l'altro, con l'altra. E di diventare faccendieri e burocrati, anche dello spirito. Noi dobbiamo stare in guardia, sì, stare in guardia anche dai piccoli burocrati di Dio. Che chiudono e spengono. Con la loro raggelante meschinità. Proprio ieri sera in un incontro mi è capitato di evocare parole severe di Rainer Maria Rilke, contro quelli che non provano stupore: tutto sta nei loro giardini e i loro giardini per presunzione confinano con Dio. Scrive: "Non c'è montagna che li meravigli, /le loro terre e i giardini confinano con Dio. Vorrei ammonirli, fermarli: state lontani, /a me piace sentire le cose cantare. Voi le toccate: diventano rigide e mute. / Voi mi uccidete le cose". Guardiamoci anche oggi da coloro che uccidono, privandole di un'anima, le cose: "Voi le toccate: diventano rigide e mute". Guardiamoci da loro, e guardiamoci dal diventare noi come loro. Guardiamoci da una vita ridotta a mercato, guardiamoci dai mercanti. Non sanno che cosa è la nostra vera sete. Ebbene perdonate se, nel giorno in cui abbiamo letto di pozzo e di acqua che zampilla per la vita eterna, io oso ancora una volta evocare con voi una pagina famosa del Piccolo Principe di A. de Saint-Exupéry, che parla di acqua e di mercanti di pillole: "Buon giorno", disse il piccolo Principe. "Buon giorno", disse il mercante. Era un mercante di pillole preconfezionate, che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere. "Perché vendi questa roba?", disse il Principe. "È una grossa economia di tempo", disse il mercante. "Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatrè minuti alla settimana". "E che cosa se ne fa di questi cinquantatrè minuti?". "Se ne fa quel che si vuole...". "Io", disse il Principe "se avessi cinquantatrè minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana...". Camminare adagio adagio verso una fontana. Com'è importante abbandonare le pillole preconfezionate, le parole dei mille mercanti di formule magiche, di promesse mirabolanti. E camminare adagio adagio verso la fontana dell'incontro. E' la nostra quaresima.
Lettura del libro del Deuteronomio 5, 1-2. 6-21 In quei giorni. Mosè convocò tutto Israele e disse loro: "Ascolta, Israele, le leggi e le norme che oggi io proclamo ai vostri orecchi: imparatele e custoditele per metterle in pratica. Il Signore, nostro Dio, ha stabilito con noi un'alleanza sull'Oreb. "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile. / Non avrai altri dèi di fronte a me. / Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo né di quanto è quaggiù sulla terra né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascia impunito chi pronuncia il suo nome invano. Osserva il giorno del sabato per santificarlo, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato. Sei giorni lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bue, né il tuo asino, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te, perché il tuo schiavo e la tua schiava si riposino come te. Ricòrdati che sei stato schiavo nella terra d'Egitto e che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto uscire di là con mano potente e braccio teso; perciò il Signore, tuo Dio, ti ordina di osservare il giorno del sabato. Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. / Non ucciderai. / Non commetterai adulterio. / Non ruberai. / Non pronuncerai testimonianza menzognera contro il tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo. Non bramerai la casa del tuo prossimo, né il suo campo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo"". Sal 18 (19) ® Signore, tu solo hai parole di vita eterna. La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi. ® Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti. ® Ti siano gradite le parole della mia bocca; davanti a te i pensieri del mio cuore, Signore, mia roccia e mio redentore. ® Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 4, 1-7 Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. / A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Lettura del Vangelo secondo Giovanni 4, 5-42 In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: "Dammi da bere". I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: "Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Gli dice la donna: "Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?". Gesù le risponde: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna". "Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua". Le dice: "Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui". Gli risponde la donna: "Io non ho marito". Le dice Gesù: "Hai detto bene: "Io non ho marito". Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero". Gli replica la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". Gesù le dice: "Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità". Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa". Le dice Gesù: "Sono io, che parlo con te". In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: "Che cosa cerchi?", o: "Di che cosa parli con lei?". La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?". Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia". Ma egli rispose loro: "Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?". Gesù disse loro: "Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: "Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura"? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica". Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: "Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo". |
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