la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella prima Domenica di Quaresima
secondo il rito ambrosiano


6 marzo 2022



 

 

Gl 2,12b-18
Sal 50
1Cor 9,24-27
Mt 4,1-11

Sono giorni difficili. Difficile è anche parlare perché il cuore non è sgombro da tristezze. Ma quando mai lo è del tutto sgombro? Se negli occhi teniamo, a custodia almeno intermittente, visi di donne e di uomini! Oggi nel tempo liturgico si affaccia la Quaresima. Una opportunità per noi, e per il nostro stare nel mondo e oltre. A volte noi le opportunità le sprechiamo. Anche della parola "opportunità" si fa spreco, e a volte abuso, nei media, a seduzione e cattura: "Questa è una opportunità per te!". Per ben altro mi risuona oggi la parola, all'affaccio della quaresima. Come una voce, che, conoscendomi nel profondo, mi interroga sulla necessità e la bellezza del restauro. Dell'anima e della vita. Perdonate, mi capita spesso di parlare di restauro. Perché? Perché è un'operazione di grande fascino. Oserei la parola "emozione". E penso che alcuni di voi l'abbiano vissuta.

Perdonate il ricordo molto particolare. Ero parroco, tanti e tanti anni fa, in faccia a lago e montagne; nella chiesa parrocchiale una statua di San Carlo Borromeo, all'apparenza di marmo, vegliava dall'alto sulla navata. Ricorrevano i quattrocento anni dalla morte. Calandola dall'alto la scoperta fu che non era affatto di marmo, era una statua lignea a cui era stato sovrapposto quel colore gelido che le dava forma di marmo. Forma o deturpazione? L'emozione durò giorni e giorni: ebbe inizio quando, per dono di mani appassionate di un amico restauratore, cominciò a sgusciare il rosso di una tonaca, il bianco di un rocchetto, il colorito di un viso. Come se la statua, dopo tanto grigiore, rivivesse. Operazione lenta, ma emozionante.

Vorrei lasciare l'immagine per la quaresima: il restauro. Opera lenta, quella del mio restauro. A volte mi sento grigio. E non bastano i ruoli dietro cui ci nascondiamo e nemmeno le parole religiose. Anche il demonio ne fa sfoggio, grande sfoggio, con Gesù. Possono essere una maschera. E le maschere religiose sono quelle più pericolose, le più resistenti a lasciare la presa sulla pelle. Quelle del carnevale al confronto sono un gioco. Giorni fa, proprio mentre i pensieri mi andavano al restauro, mi accadde di essere abbagliato dal titolo di un articolo in un inserto di quotidiano. Il titolo suonava così: "Dalla fede alla paccottiglia". Il titolo in verità era riferito a un monumento d'arte, ma, chissà perché. mi sembrava evocare una deriva più vasta, simile a quella della statua di san Carlo. Fede sincera o paccottiglia?

Oggi nel salmo, rivolgendoci a Dio, abbiamo pregato per la sincerità: "Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza". Nel segreto del cuore, il segreto del deserto in cui Gesù fu condotto dallo Spirito. Era sceso su di lui nel Battesimo. Lo condusse al silenzio. Dove resistette con tutta la sua libertà - affascinante nella libertà - al grigiore delle colle, nascoste nelle tentazioni del deserto. Le tentazioni del deserto non sono che una sintesi potente delle tentazioni che sfiorarono la pelle del rabbi di Nazaret, e non in una pausa di giorni, ma lungo tutta la sua vita, "quaranta", una vita. La sua vita esposta, la nostra esposta. "Di' che queste pietre diventino pane".

Voi mi capite, il rifiuto della fatica del pane. Il pane non viene dal nulla, per magia: la cura delle zolle, la semina, la custodia, la mietitura, il raccolto, la macina del mulino l'impasto, la cottura, il profumo, profumo di pane. La storia del pane non è un venire da pietre. E dunque - direbbe Dietrich Bonhoeffer, il pastore e teologo protestante giustiziato dai nazisti - non la religione del "Dio tappabuchi", ma del Dio che affida alle nostre mani talenti, invoca la nostra responsabilità, la storia del pane, E niente dimissioni dal nostro possibile. Ricordo una preghiera prima dei pasti, recitata per anni - o forse ancora oggi - che mi lasciava il cuore perplesso: "Benedici, Signore, questo cibo, che stiamo per prendere e danne a coloro che non ne hanno". Peccato che la preghiera dimenticasse che un giorno Gesù aveva detto: "Date loro voi da mangiare".

La fatica del nostro pane e del pane degli altri. Dio non si sostituisce a noi né per il pane, né - che so io - per la composizione di un conflitto. A lui è giusto e rincuorante chiedere luce e coraggio, chiedergli passione, creatività, immaginazione. E a seguire: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra". Quasi a suggerire che questo sì sarebbe stato un colpo eccezionale per il regno di Dio, cui stava per dare inizio sulla terra: un colpo di scena, lontani dalla logica del silenzio in cui cresce il seme, il brivido del successo, delle folle plaudenti, dei riconoscimenti che ti distinguono da donne e uomini comuni. Mentre il cuore di Gesù andava alla intensità della voce mite, pensante, preoccupata di tutto ciò che potrebbe ferire la dignità indifesa di un piccolo. E ancora, da ultimo: "Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai". Allora Gesù gli rispose: "Vattene, Satana!". Lo allontanò con sdegno. Come se il satana fosse arrivato al culmine della dissacrazione del vivere, una proposta che di più indecenti e distruttive non ce ne potevano essere.

Un potere svuotato dalla passione per il bene comune, manipolato dal delirio dell'affermazione di se stessi e dei propri interessi. "Vattene, satana". Non aveva niente da spartire uno come lui che era venuto non per farsi servire ma per servire, uno come lui che non si sarebbe mai inginocchiato ai piedi di nessuno, o solo sì, una sera, la sera della sua cattura, in ginocchio poco prima, cinti i fianchi con un asciugatoio, un catino d'acqua, a lavare piedi sporchi e affaticati di discepoli. Ecco dove inginocchiarci, secondo lui.

Guardo. Ascolto. E' quaresima. Mi prende desiderio di restauri.

 

Lettura del profeta Gioele - Gl 2,12b-18

Così dice il Signore Dio: "Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all'ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male". Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un'assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo tàlamo. Tra il vestibolo e l'altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: "Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti". Perché si dovrebbe dire fra i popoli: "Dov'è il loro Dio?". Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo.

Sal 50 (51)

Rendimi puro, Signore, dal mio peccato. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. R Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto. R Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. R

Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi - 1Cor 9,24-27

Fratelli, non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l'aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato.

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 4,1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane". Ma egli rispose: "Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"". Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"". Gesù gli rispose: "Sta scritto anche: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"". Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: "Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai". Allora Gesù gli rispose: "Vattene, Satana! Sta scritto infatti: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"". Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

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