la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella prima Domenica di Quaresima
secondo il rito ambrosiano


21 febbraio 2021



 

 

Is 57,15 - 58,4a
Sal 50
2Cor 4,16b - 5,9
Mt 4,1-11

Le rileggo con voi, le abbiamo da poco ascoltate. Le rileggo pensando ai giorni che stiamo attraversando e alla quaresima cui oggi diamo inizio. Rileggo ancora una volta con voi queste parole, per sentire, ancora una volta, il cuore commuoversi alla loro bellezza. Mi fa sognare il "ma", presente nel brano: cancella tante immagini truci o pallide di Dio. Ecco le parole: "In un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi. Poiché io non voglio contendere sempre né per sempre essere adirato; altrimenti davanti a me verrebbe meno lo spirito e il soffio vitale che ho creato". Dio in alto, ma sulla terra. E segno che ancora sia con noi, che si accompagni a noi sulla strada è il fatto che ancora ci abita il suo spirito, il suo soffio vitale.

Ma, permettete, la strada verso dove porta? La quaresima verso dove porta? E qui provo un sussulto. Certo, verso Dio. Ed è vero e ne parleremo. Ma dal nostro brano sono state tolte le parole che senza cesure lo precedono. E dicono di che strada si tratta e dove porta. Sentitele. Dopo l'ammonimento a non confidare negli idoli vani, eccole: "Chi invece confida in me possederà la terra, erediterà il mio santo monte. Si dirà: Spianate, spianate, preparate la via, rimuovete gli ostacoli sulla via del mio popolo". E' un popolo in esilio che deve ritornare alla sua terra: "Fate che ritornino tutti. Che nessuno rimanga indietro. Se ci sono ostacoli - e sempre ce ne sono - rimuoveteli, spianate, spianate!".

E' un Dio che ci accompagna verso una terra che sia per tutti. Sul modello di quella che ci attenderà alla fine dei tempi. Verso la costruzione di una terra che ce ne anticipi l'armonia. Non so se interpreto bene. Dove porta la quaresima di Gesù nel deserto? Non finiscono di intrigarmi le ultime parole del vangelo delle tentazioni in Marco: "Stava con le fiere e gli angeli lo servivano". Ammansite le fiere, una terra ammansita, placata, tranquillizzata. Quella di cui abbiamo estremo bisogno. A cui aneliamo. Come arrivarci? O, forse meglio, come avvicinarci? Sembra di capire: iniziando da un cammino dentro di noi, siamo sempre in cammino dentro di noi, o dovremmo esserlo. C'è il pericolo che io mi dimentichi di chiedermi dove sono incamminato - dove vai? - o a che punto sono del mio cammino.

E allora mi fa bene una pausa, una sosta per controllare la mappa e, anche - lasciatemi dire - per riprendere fiato. Benedette anche le pause. La scorsa domenica ricordavamo un pensiero di Etty Hillesum, la giovane donna olandese, non ancora trentenne, morta ad Auschwitz. C'è una sua parola meno citata, l'ultima, raccolta nel suo Diario: "Bisogna saper accettare le proprie pause!!!". Scritta a caratteri maiuscoli, tre punti esclamativi! Voi mi capite, si può dare alla frase molti significati. Forse anche questo: fa parte della nostra fragilità aver bisogno di pause. E allora questi quaranta giorni anche come pausa dentro quello che - a volte capita - è uno sfrenato correre. Per un controllo della mappa e per riprendere fiato. Penso alla pausa di Gesù nel deserto, prima di partire per la sua missione. Penso alle tentazioni di Gesù: non è forse vero che sono proprio le tentazioni che fanno ostacolo sul cammino verso una terra di umanità condivisa, di armonia? Spianate, spianate.

Forse potremmo radunarle in una: un delirio di onnipotenza. Tentazione è Il non riconoscimento della nostra precarietà, una precarietà che questi giorni ci hanno messo palesemente davanti agli occhi. Non siamo uomini o donne dei miracoli: "Di' che queste pietre diventino pane!". Il rifiuto della propria fragilità. Che non ti risparmia la fatica di un pane che ha bisogno di luoghi e di tempi, i solchi nel terreno arato, la semina, il raccolto, la macina, l'impasto, un forno. Tutto insieme, tutti insieme. La tentazione di chi vuole esibire se stesso, altro delirio dell'io. Il punto più alto del tempio: "Gettati giù…ti porteranno con le loro mani gli angeli". Apparire e non essere. Purché ti si veda.

Quando sta scritto: "Vedano le vostre opere belle e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli". Delirio dell'io, dell'onnipotenza, nella pretesa di ridurre tutto a possesso. Il monte altissimo, i regni della terra, la loro gloria: "Tutte queste cose ti darò…". Voi mi capite, tutto ridotto a possesso, a cosa, l'appropriazione. Che non fa certo l'armonia della terra. I vaccini per un terzo dell'umanità, i paesi poveri esclusi. Piccola fessura da cui vedere i macigni da spianare. Verso una terra che racconti un minimo di armonia umana e divina. E come riempirci - ci viene la domanda - della libertà che ha Gesù: "Vattene, Satana!"? Penso che una via sia, nei giorni che verranno, riempirci gli occhi di lui, riempirci gli occhi di Gesù. Incominciando dal deserto in cui fu condotto dallo Spirito, il deserto che prende, nella Bibbia, molteplici significati.

Tra i tanti vorrei segnalarne uno: deserto come terra di silenzi. Pause di silenzio nei quaranta giorni, in cui ascoltare voci: affinare l'udito, perché le voci che fanno respirare la vita sono quelle di coloro che custodiscono come privilegio il non urlare, il non sfondare, ma solo proporre e bussare. Così la voce di Dio in un sottile brivido di silenzio. Così le voci che mettono in cammino l'anima. Voi mi capite, tutto questo non è facile in un mondo dove il cicaleggio, il chiacchiericcio, il blaterare è diventato costume dominante, un mondo in cui il silenzio si è fatto merce rara. Rara e preziosa. Direi in tutti i campi. Tant'è che un riconoscimento palese, di questa assenza, è venuto proprio in questi giorni da un laico pensoso, dalle colonne di un quotidiano laico, commentando come cosa da far stropicciare gli occhi, la notizia che una donna, chiamata ad essere una portavoce, avesse osato dire: "Si parla solo se si ha qualcosa da dire".

Ecco il commento: "Si trasecola, non ci si crede, è troppo bello per essere vero, ci si abbraccia commossi… Non so se vi rendete conto. È la rivoluzione. È il contrario preciso dello status quo. È la sovversione della ciancia ininterrotta che domina la Polis. È un chiudi-il-becco che vale una Pentecoste, è igiene mentale, è la liberazione del silenzio dalla spelonca nel quale era stato rinchiuso. Ed è, soprattutto, un'indicazione pietosa per i confusi, gli smarriti, i dannati del clic e del "vado in onda". Il deserto e il silenzio: trattenere il fiato per sfiorare il mistero che avvolge Dio, la vita, i viventi, ogni cosa.

E, dopo la pausa, fare strada. E' quaresima.

 

Lettura del profeta Isaia - Is 57,15 - 58,4a

In quei giorni. Isaia disse: "Così parla l'Alto e l'Eccelso, che ha una sede eterna e il cui nome è santo. "In un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi. Poiché io non voglio contendere sempre né per sempre essere adirato; altrimenti davanti a me verrebbe meno lo spirito e il soffio vitale che ho creato. Per l'iniquità della sua avarizia mi sono adirato, l'ho percosso, mi sono nascosto e sdegnato; eppure egli, voltandosi, se n'è andato per le strade del suo cuore. Ho visto le sue vie, ma voglio sanarlo, guidarlo e offrirgli consolazioni. E ai suoi afflitti io pongo sulle labbra: 'Pace, pace ai lontani e ai vicini - dice il Signore - e io li guarirò'". I malvagi sono come un mare agitato, che non può calmarsi e le cui acque portano su melma e fango. "Non c'è pace per i malvagi", dice il mio Dio. Grida a squarciagola, non avere riguardo; alza la voce come il corno, dichiara al mio popolo i suoi delitti, alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio: "Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?". Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi".

Sal 50 (51)

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore. Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità. Lavami tutto dalla mia colpa, dal mio peccato rendimi puro. R Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto. R Ma tu gradisci la sincerità nel mio intimo, nel segreto del cuore mi insegni la sapienza. Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe. R

 

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi - 2Cor 4,16b - 5,9

Fratelli, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne. Sappiamo infatti che, quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un'abitazione, una dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste purché siamo trovati vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso, perché non vogliamo essere spogliati ma rivestiti, affinche? ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio, che ci ha dato la caparra dello Spirito. Dunque, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione -, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi.

 

Lettura del Vangelo secondo Matteo - Mt 4,1-11

In quel tempo. Il Signore Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane". Ma egli rispose: "Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"". Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra"". Gesù gli rispose: "Sta scritto anche: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo"". Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: "Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai". Allora Gesù gli rispose: "Vattene, Satana! Sta scritto infatti: "Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto"". Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servirono".

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