la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella prima Domenica d'Avvento
secondo il rito ambrosiano


14 novembre 2021



 

 

Is 13,4-11
Sal 67
Ef 5,1-11a
Lc 21,5-28

Anche quest’anno leggevo e mi mancava il fiato. Certo mi manca per via dell’età, ma mi mancava anche perché devastanti, raggelanti sono le immagini del brano di Luca. Di tanto in tanto ero tentato di fermarmi, mi dicevo: “basta”, ma il testo continuava, ce n’erano altre, ancora. Parlo delle immagini con cui è descritto il giorno del Signore, le stesse di Isaia che scrive: “E’ vicino il giorno del Signore; esso viene come una devastazione da parte dell’Onnipotente”. Ma che cosa attendiamo, la devastazione? Si può forse “attendere” la devastazione? E’ vero, di tanto in tanto una voce dentro mi avvertiva: “Ricorda che le parole appartengono a un genere letterario apocalittico, dove si mescolano, senza contorni precisi, immagini di eventi del passato, del presente del futuro: parole svelamento, per dire che cosa ha futuro e che cosa no. E dove mettere il cuore. Me lo dicevo.

Quest’anno poi tra le immagini, una su tutte, mi inquietava, mi turbava, quella riferita alle donne, lasciandomi sgomento: “In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano“. Le sentivo come un attentato, uno sfregio alle donne e al futuro: “portare in grembo, allattare” sono verbi della vita, del futuro, custodiscono una speranza. Poi d’improvviso mi attraversò un pensiero. So che ha una sua stranezza, ed è fuori da ogni esegesi corretta. Mi sono detto: “E se fosse che qui si annotano anche le cose peggiori per dire che non sarà loro la vittoria? Non per creare disfattismo – la parola “disfattismo” dice “resa delle mani”, delle mani che fanno – non per spingerci ad andare a capo chino e arresi, ma per svegliarci, per metterci su piste che hanno un futuro. E le donne non sono forse segno di tutto questo? Anche noi abbiamo patito qualcosa di tragico in accadimenti che hanno segnato i nostri giorni, questa nostra stagione.

Qualcosa di apocalittico non era stato forse avvistato, quando Luca scriveva il suo vangelo, nella caduta di Gerusalemme e nella distruzione del tempio? Sono segni da decifrare in ogni stagione. Ma distorceremmo, penso, il pensiero di Gesù se gli occhi rimanessero fatalisticamente impigliati a queste immagini terrificanti. Altra infatti l‘immagine che chiude il brano, e dunque la storia: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Sì, quando accadono le cose peggiori – certo cerchiamone fin dove è possibile, e se possibile, una interpretazione – ma guardiamoci dall’abbatterci, dal concludere con una resa: “risollevatevi e alzate il capo”. In ogni ora della storia. Anche in questa.

“Risollevatevi e alzate il capo”. Sino all’ultima ora, quando il Signore Gesù – sono immagini – lo vedremo tornare da dietro le nubi. Che ce lo hanno nascosto. E sono tante le nubi che ce lo hanno nascosto e che ancora, impietosamente, ce lo nascondono. Ce lo nascondono e ci fanno pregare, come i cristiani della prima generazione. Pensate, l’invocazione è custodita nel nuovo Testamento ed ha conservato suggestivamente il sapore dell’aramaico, la lingua di Gesù: “Marana tha”, “Signore, vieni!”. O, se volete:”Il Signore viene”. Sollevatevi e alzate la testa. Tenete salda la speranza: l’immagine del ritorno del Signore sia spinta segreta ai vostri sogni, sia spinta irrefrenabile alle vostre mani, sia passione inestinguibile per ogni attesa. Ogni vivente infatti attende una venuta.

Voi mi capite, attendere il ritorno non è spegnere, ma tenere accesi i desideri; non è contenere, ma dare spazio, dilatare i sogni. E questo è – checché ne dicano – realismo. Parlo di realismo dei sogni, e, se volete, della poesia. Sono rimasto molto colpito, affascinato, lo scorso ottobre, da un videomessaggio di Papa Francesco, in occasione del quarto incontro mondiale dei movimenti popolari. Messaggio dunque a una platea di donne e uomini che la denuncia puntuale delle ingiustizie e l’impegno per mondi nuovi l’hanno come nel sangue. Anche loro donne e uomini di un sano realismo. Ebbene il Papa aprì loro il suo cuore – pure lui è un poeta – e li invitò a persistere a sognare, a fare poesie. Sentite, è l’inizio: “Così mi piace chiamarvi, “poeti sociali”. Perché voi siete poeti sociali, in quanto avete la capacità e il coraggio di creare speranza laddove appaiono solo scarto ed esclusione. Poesia vuol dire creatività, e voi create speranza.

Con le vostre mani sapete forgiare la dignità di ciascuno, quella delle famiglie e quella dell’intera società con la terra, la casa e il lavoro, la cura e la comunità. Grazie perché la vostra dedizione è parola autorevole, capace di smentire i rinvii, silenziosi e tante volte “educati”, a cui siete stati sottoposti, o a cui sono sottoposti tanti nostri fratelli. Ma pensando a voi credo che la vostra dedizione sia principalmente un annuncio di speranza. Vedervi mi ricorda che non siamo condannati a ripetere né a costruire un futuro basato sull’esclusione e la disuguaglianza, sullo scarto o sull’indifferenza; dove la cultura del privilegio sia un potere invisibile e insopprimibile e lo sfruttamento e l’abuso siano come un metodo abituale di sopravvivenza. No! Questo voi lo sapete annunciare molto bene. Grazie.”.

Io mi sto chiedendo se, in giorni come i nostri, non occorra proprio questo sussulto, per liberare fantasia, energia, passione, voglia di ricostruire. E se non è prezioso questo invito del papa a sdoganare i sogni, a diventare poeti sociali. Proprio ieri l’altro un’amica mi ricordava una frase, scritta anni fa, probabilmente da un ragazzo, sul parapetto di sasso della Darsena: “Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo”. “Al vento…”. Sembra un azzardo. Farà fiorire il cielo. Anche la terra.

Risollevatevi e alzate il capo.

 

 

Lettura del profeta Isaia - Is 13, 4-11

In quei giorni. Isaia disse: "Frastuono di folla sui monti, simile a quello di un popolo immenso. Frastuono fragoroso di regni, di nazioni radunate. Il Signore degli eserciti passa in rassegna un esercito di guerra. Vengono da una terra lontana, dall'estremo orizzonte, il Signore e le armi della sua collera, per devastare tutta la terra. Urlate, perché è vicino il giorno del Signore; esso viene come una devastazione da parte dell'Onnipotente. Perciò tutte le mani sono fiacche, ogni cuore d'uomo viene meno. Sono costernati. Spasimi e dolori li prendono, si contorcono come una partoriente. Ognuno osserva sgomento il suo vicino: i loro volti sono volti di fiamma. Ecco, il giorno del Signore arriva implacabile, con sdegno, ira e furore, per fare della terra un deserto, per sterminarne i peccatori. Poiché le stelle del cielo e le loro costellazioni non daranno più la loro luce; il sole si oscurerà al suo sorgere e la luna non diffonderà la sua luce. Io punirò nel mondo la malvagità e negli empi la loro iniquità. Farò cessare la superbia dei protervi e umilierò l'orgoglio dei tiranni".

Sal 67 (68)

Sorgi, o Dio, e vieni a salvare il tuo popolo. Sorga Dio e siano dispersi i suoi nemici e fuggano davanti a lui quelli che lo odiano. Come si dissolve il fumo, tu li dissolvi; come si scioglie la cera di fronte al fuoco, periscono i malvagi davanti a Dio. R I giusti invece si rallegrano, esultano davanti a Dio e cantano di gioia. Cantate a Dio, inneggiate al suo nome, appianate la strada a colui che cavalca le nubi: Signore è il suo nome, esultate davanti a lui. R Padre degli orfani e difensore delle vedove è Dio nella sua santa dimora. A chi è solo, Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri. Solo i ribelli dimorano in arida terra. R

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini - Ef 5,1-11a

Fratelli, fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Di fornicazione e di ogni specie di impurità o di cupidigia neppure si parli fra voi - come deve essere tra santi - né di volgarità, insulsaggini, trivialità, che sono cose sconvenienti. Piuttosto rendete grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - cioè nessun idolatra - ha in eredità il regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l'ira di Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verita?. Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto.

Lettura del Vangelo secondo Luca - Lc 21,5-28

In quel tempo. Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, il Signore Gesù disse: "Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta". Gli domandarono: "Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?". Rispose: "Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine". Poi diceva loro: "Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. [Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città; quelli infatti saranno giorni di vendetta, affinché tutto ciò che è stato scritto si compia. In quei giorni guai alle donne che sono incinte e a quelle che allattano, perché vi sarà grande calamità nel paese e ira contro questo popolo. Cadranno a fil di spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; Gerusalemme sarà calpestata dai pagani finché i tempi dei pagani non siano compiuti.] Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

 

 


 
stampa il testo
salva in  formato rtf
Segnala questa pagina ad un amico
scrivi il suo indirizzo e-mail:
 
         
     

 
torna alla home