la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella tredicesima Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


19 agosto 2018



 

 

2Cr 36,17c-23
Sal 105
Rm 10,16-20
Lc 7,1b-10

Forse potremmo osare un titolo: "la fede oltre i confini" o anche "opere luminose oltre i confini, oltre i confini della fede". Penso a Ciro, re di Persia, che si sente incaricato da Dio di costruirgli un tempio in Gerusalemme e rimanda in patria, liberi, donne e uomini della schiavitù e dell'esilio. Penso al centurione di Cafarnao che ha costruito una sinagoga per la comunità d'Israele in quella città. E, a fare da sintesi e da commento alle letture, le parole di Dio, tratte dal rotolo di Isaia e citate da Paolo nella lettera ai Romani: "Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me". Questa, nel caldo soffocante della città, è una domenica in cui la parola di Dio ci fa respirare, grande respiro.

Pensate Gesù che ammira un centurione pagano e mette tutta la sua forza sulle parole che sta dicendo: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande". Ci sarebbe da chiedersi, a fronte di parole così limpide, inequivocabili, come sia stato possibile che per tanti secoli abbiamo potuto dire senza esitazioni: "Fuori della chiesa non c'è salvezza". Nell'espressione ognuno di voi - immagino - sente una restrizione di confini, sente miopia di visione, sente pesantezza di aria chiusa. L'aria chiusa di tanti nostri cenacoli, avvitati su se stessi, che a volte ti fanno sognare aria nuova, aperta, ti fanno sognare Gesù, il Gesù di cui oggi ci parla il vangelo di Luca.

Ricordo che un giorno, venendo da ore e ore in cui mi mancava il respiro, mi venne di pensare a Gesù e di scrivere:

E venendo da cenacoli chiusi in prati d'erbe smunte senza refoli di vento l'avventura dei tuoi passi su erbe bagnate colorate d'ignoto da un oltre che segna il tuo passaggio di silenzio. Andavi per pareti di vento. Ed io a inseguire, per acuto di nostalgia il tuo profumo di vento.

Ebbene vorrei dirvi che questo vento buono, il vento di chi non si barrica dietro pregiudizi, filtra per tutto il racconto del vangelo. Pensate tutto avviene in strada. Benedetto quel pezzo di strada a Cafarnao. Ebbene questa volta i primi a superare i pregiudizi - contro cui Gesù ha lottato lungo tutta una vita, pregiudizi che avevano creato una casta, che a sua volta aveva creato il ghetto di una mentalità chiusa - i primi questa volta sono degli ebrei. Vorrei fermarmi su questo particolare, su cui solitamente non si indugia: sono alcuni anziani dei Giudei che si interpongono.

Ci sono sempre le eccezioni, ci sono uomini liberi. Loro hanno superato la antica tradizione che vedeva nei pagani dei cani. Degli impuri. Da cui guardarsi, da cui tenere le distanze. Il centurione era un pagano. Loro guardano i fatti. Pensate quanti pregiudizi, anche oggi, supereremmo d'un colpo, se non ci fermassimo ai nomi, ma guardassimo le persone. Non fermarti ai nomi, guarda la persona, guarda le storie: che cosa c'è dietro quegli occhi? Dal punto di vista della fede il centurione era uno straniero - una vola si diceva: un infedele - era uno straniero, ma aveva costruito la loro sinagoga. Merita attenzione.

Ma - notate - nel racconto c'è come una fessura che dice la motivazione che ha spinto il centurione a costruire la sinagoga. Una motivazione bellissima. Dicono a Gesù: "Egli ama il nostro popolo". L'amore fa superare i confini. Di popolo, di fede, e qualunque altro confine. Ma pensate, nel racconto si apre un'altra fessura sul centurione. Si parla del suo servo gravemente malato e si dice: "Il centurione l'aveva molto caro". L'amore se è vero fa superare un altro confine, quello tra autorità e dipendenti. "L'aveva molto caro". Caro è un aggettivo che oggi usiamo molto in termini commerciali: "più o meno caro". E che dovremmo, a mio avviso, usare molto più in termini di affetto, superando distanze come il centurione. "Tu mi sei molto caro".

Perdonate se io leggo già come passi verso la fede queste notazioni sul cuore aperto del centurione. Ci sono passaggi successivi e solo li sfioro. Passaggio è la consapevolezza della nostra indegnità. Il potere può avere l'effetto di una ubriacatura, una sorta di impazzimento. E uno si monta la testa. Non così per il centurione. Sentitelo: "Signore non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto li mio tetto!". Il senso dell'indegnità. Prezioso. Anche per noi. Lui certo non poteva immaginare che quelle sue parole avrebbero attraversato i secoli e le avremmo fatte nostre in ogni eucaristia, prima di ricevere il pane del Signore. Confessione di indegnità. Confessione di indegnità, stretta stretta però a un abbandono di fiducia: "Dì una parola e il mio servo sarà guarito".

Una fiducia estrema, pensate, fiducia in una parola che può operare anche da lontano, tanto è colma di misericordia. Parola che opera, quella di Gesù. Così diversa da una fiumana di parole - le sentiamo, urlate, ogni giorno - che rimangono parole! Mi fermo qui. Che bellezza! Ed era un centurione. E Gesù: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". La fede oltre i confini. Bisogna aprire gli occhi come Gesù per vederla, per pensare in grande. Per respirare e far respirare. C'è troppo pericolo di soffocamento.

Su un quotidiano, alcuni giorni fa, ho letto: "Dietro le porte chiuse l'unica visone che si può avere del mondo è dal buco della serratura" (Massimo Bucchi, Repubblica,3 agosto 2018). Oggi mi sento di ringraziare con voi Gesù per ciò che è successo quel giorno in una strada di Cafarnao. Ci ha aperto gli occhi, ci ha fatto respirare.

 

 

Lettura del secondo libro delle Cronache 36, 17c-23

In quei giorni. Il Signore consegnò ogni cosa nelle mani del re dei Caldei. Quegli portò a Babilonia tutti gli oggetti del tempio di Dio, grandi e piccoli, i tesori del tempio del Signore e i tesori del re e dei suoi ufficiali. Quindi incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all'avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremia: "Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni". Nell'anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremia, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: "Così dice Ciro, re di Persia: "Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!"".

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 10, 16-20

Fratelli, non tutti hanno obbedito al Vangelo. Lo dice Isaia: "Signore, chi ha creduto dopo averci ascoltato?". Dunque, la fede viene dall'ascolto e l'ascolto riguarda la parola di Cristo. Ora io dico: forse non hanno udito? Tutt'altro: / "Per tutta la terra è corsa la loro voce, / e fino agli estremi confini del mondo le loro parole". E dico ancora: forse Israele non ha compreso? Per primo Mosè dice: / "Io vi renderò gelosi di una nazione che nazione non è; / susciterò il vostro sdegno contro una nazione senza intelligenza". Isaia poi arriva fino a dire: / "Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano, / mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me".

Lettura del Vangelo secondo Luca 7, 1b-10

In quel tempo. Il Signore Gesù entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: "Egli merita che tu gli conceda quello che chiede - dicevano -, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga". Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: "Va'!", ed egli va; e a un altro: "Vieni!", ed egli viene; e al mio servo: "Fa' questo!", ed egli lo fa". All'udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

 

 


 
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