la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nell'undicesima Domenica dopo Pentecoste
secondo il rito ambrosiano


20 agosto 2017



 

 

1Re 19,8b-16.18a-b
Sal 17
2Cor 12,2-10b
Mt 10,16-20

Il messaggio di Gesù in Matteo è rivolto ai dodici, ma non per questo ce ne sentiamo esentati, quasi fosse rivolto solo a chi detiene il potere. Anche perché in Luca il messaggio è rivolto, allargando, ai settantadue. "Vi mando come pecore in mezzo ai lupi". Cominciamo con il dire che per Gesù non tutto il mondo è fatto di lupi. Ha appena finito di parlare di case che accoglieranno e di case che non accoglieranno.

E dovremmo forse anche aggiungere che una categoria di lupi Gesù l'ha fissata con precisione nel vangeli: sono i falsi profeti, quelli che hanno facile il nome di Dio sulle labbra e con il nome di Dio coprono i loro interessi, a volte le loro violenze: "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete" ( Mt 7,15-16). Vedete come la categoria dei lupi si allarga.

Comunque il messaggio sembra esplicito: i discepoli non avranno vita facile. Come il loro maestro saranno processati in sinagoghe e tribunali. Gesù non ci ha nascosto la verità. Dentro un futuro che conoscerà anche ombre, risuona però nel vangelo una parola che ha il sapore di una sfida, un "ma": "Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi".

Nella memoria mi si affacciano storie di apostoli, di discepoli, storie di martiri di ieri e di oggi, storie di donne e di uomini che hanno resistito a sevizie e torture. Ti chiedi come abbiano potuto farlo: erano deboli, erano fragili, erano inermi, erano miti. Lo Spirito - ecco il segreto - parlava in loro. Il libro degli Atti annota lo stupore delle autorità religiose davanti al coraggio di Pietro e di Giovanni e scrive: "Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti" (At 4,13).

Pensate, "la forza della debolezza", sembra un ossimoro. E' la realtà. La lettera oggi ci ha ricordato che a Paolo Dio dirà. "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta nella debolezza". La forza della debolezza! Questo a me sembra un punto cruciale per i discepoli che vivono nel mondo. Anche se il nostro tempo fosse - come Mandel'Stam, morto nei gulag, aveva definito il secolo scorso - "un secolo di lupi".

Come ci sembrano suggerire le giornate da cui sconvolti usciamo. Il punto cruciale sta qui: che i veri credenti non si confrontano con il male, confidando nella forza o nella violenza. Da pecore non si fanno lupi, non assumono le modalità dei lupi, ma cercano di essere fedeli al vangelo che li vuole "prudenti come i serpenti, e semplici come le colombe". Lontani da ingenuità puerili, ma lontani anche da ogni voglia di rivalsa; lontani da spericolatezze dissennate, ma lontani anche da pregiudizi alienanti.

Prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. E' facile l'inganno. Può capitare anche a noi di ingannarci a proposito della modalità con cui stare nel mondo quando i giorni si fanno contradditori e difficili. Strategie sì, ma non ritorsioni. In questo senso mi sembra emblematica, ricca di suggestioni la storia del profeta Elia.

Elia in realtà è un perseguitato, lo stanno braccando. Dopo quaranta giorni arriva al monte di Dio, l'Oreb. Ma che cosa ha alle spalle? Non certo un passato, diremmo, da colomba. Ha affrontato duramente i suoi concorrenti, i profeti di Baal. Li ha chiamati a un confronto tra la potenza del suo Dio e quella del loro Dio. E il loro Dio è risultato perdente. Ha così motivo per sbeffeggiarli, per umiliarli. E non si ferma alle parole: 450 di loro vengono scannati presso il torrente Kison; e lui a dare una mano! Non era stato di certo una colomba.

Ora braccato, in fuga, si sente depresso, vorrebbe farla finita. Ma un angelo del Signore, portandogli focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d'acqua, lo rimette in cammino verso il monte. Ebbene - mi chiedo - non potremmo leggere ciò che accade sul monte come un invito alla conversione per Elia, che - come noi - non ha alle spalle un passato di colomba e si è lasciato prendere - un po' tanto, diremmo! - dal ruolo di profeta e di salvatore della patria, di purificatore? E' pieno di furore, e lo chiama "zelo".

Attenzione a quando chiamiamo "zelo di Dio" il nostro furore! Alla voce di Dio che gli chiede "Che cosa fai qui, Elia?". Egli risponde: "Sono pieno di zelo per il mio Signore". E poi dallo sfogo passa a un piagnisteo sulla nequizia del popolo, che ha abbandonato Dio, demolito altari, ucciso profeti. Quasi a dire che di buono è rimasto solo lui. Dio lo invita a uscire dalla caverna. Dio passa. E lui si aspetterebbe un intervento di fuoco o di fulmine o di terremoto da parte di Dio. No. Niente di tutto ciò. Passa nel "sussurro di una brezza leggera".

Così passa Dio - e dovremmo impararlo! -. Elia si copre il volto con il mantello. Non la potenza, un sussurro. Dio in un sussurro, o - come traduce qualcuno - in "una sottile voce di silenzio". Voi direte: "Elia avrà capito!". No Elia - come succede a noi - non ha capito. E' impressionante: voi vi siete accorti come Elia riprenda alla lettera - nulla mutato - la preghiera di prima. E chiama zelo il suo furore. Bravo solo lui! E' ancora in fuga dal suo popolo.

Ed ecco che Dio gli chiede di ritornare. Gli chiede di aprire gli occhi. E fa nomi: "Nel deserto ungerai Cazaèl come re su Aram, Ieu come re su Israele ed Eliseo come profeta al tuo posto". Dio non solo fa nomi. Ma fa numeri. A lui che si era permesso un giudizio universale senza "se" e senza "ma", Dio dice: "E poi, riserverò per me in Israele settemila persone, tutti i ginocchi che non si sono piegati a Baal".

Settemila! Perdonate se oso immaginare, che oggi, tentati di reagire con violenza, Dio ci inviti a guardare altro: per esempio le folle che si radunano e gridano il sogno che la Rambla rimanga una strada multicolore. Di incontri e di sorriso. Un quotidiano ieri mattina scriveva: "Nulla è facile e senza traumi: il mondo non è solo la Rambla. Ma se per frenare i camion impazziti non riusciamo più a vedere - e a difendere - la meraviglia, il vantaggio, la possibilità che offre il mondo quando è come la Rambla, stiamo combattendo contro noi stessi" (Paolo Di Paolo, Repubblica, 18 agosto 2017)).

 

 

Lettura del primo libro dei Re 19, 8b-16.18a-b

In quei giorni. Elia camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb. Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco gli fu rivolta la parola del Signore in questi termini: "Che cosa fai qui, Elia?". Egli rispose: "Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita". Gli disse: "Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore". Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento, un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui una voce che gli diceva: "Che cosa fai qui, Elia?". Egli rispose: "Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi cercano di togliermi la vita". Il Signore gli disse: "Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl come re su Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto. Io, poi, riserverò per me in Israele settemila persone, tutti i ginocchi che non si sono piegati a Baal".

Sal 17 (18)

® Beato chi cammina alla presenza del Signore. Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. ® Il Dio che mi ha cinto di vigore e ha reso integro il mio cammino, mi ha dato agilità come di cerve e sulle alture mi ha fatto stare saldo. Hai spianato la via ai miei passi, i miei piedi non hanno vacillato. ® Un popolo che non conoscevo mi ha servito, all'udirmi, subito mi obbedivano. Viva il Signore e benedetta la mia roccia, sia esaltato il Dio della mia salvezza.®

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 12, 2-10b

Fratelli, so che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa - se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest'uomo - se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio - fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare. Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze. Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza delle rivelazioni. Per questo, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di questo per tre volte ho pregato il Signore che l'allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: "Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza". Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 10, 16-20

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: "Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi".

 

 

 


 
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