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                     Gli 
                      sconfinamenti di Gesù 
                      
                      Gli 
                      sconfinamenti di Gesù è il titolo che avete voluto dare 
                      a questo mio intervento. E come orizzonte avete voluto ricordare 
                      un testo che dice lo sconfinamento, ma insieme anche la 
                      fatica di sconfinare. Ascoltiamo il brano di Matteo15, versetti 
                      dal 21 al 28: 
                       
                      Partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di 
                      Sidone. Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella 
                      regione, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio 
                      di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio". 
                      Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi 
                      discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: "Esaudiscila, 
                      perché ci viene dietro gridando!". Egli rispose: "Non sono 
                      stato mandato se non alle pecore perdute della casa d'Israele". 
                      Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: 
                      "Signore, aiutami!". Ed egli rispose: "Non è bene prendere 
                      il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini". "È vero, Signore 
                      - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole 
                      che cadono dalla tavola dei loro padroni". Allora Gesù le 
                      replicò: "Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come 
                      desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita". 
                    
 Da 
                      dove veniva Gesù quel giorno in cui incontrò la donna cananea? 
                      Lui usciva dalla casa di un fariseo, usciva da una discussione 
                      durissima su puro e impuro, una discussione provocata dai 
                      suoi discepoli che mangiavano pane con mani impure. Questa 
                      l'accusa. Esce e si dirige verso la terra degli impuri, 
                      Tiro e Sidone. Quasi volesse respirare aria nuova, fuori 
                      da quell'aria pesante. Dunque passi di sconfinamento. Secondo 
                      Matteo dunque Gesù prima di varcare il confine degli impuri 
                      si vede avvicinare dalla donna cananea. Lei il confine lo 
                      ha già oltrepassato, la donna gli chiede un segno di compassione 
                      per la sua figlia tormentata da un demonio. 
                     E' 
                      lei che passa il confine degli impuri e grida al Rabbi di 
                      Nazaret tutta la sua angoscia per quella sua figlia. Ed 
                      è come se Gesù, stranamente, avesse difficoltà ad attraversare 
                      il confine verso la donna pagana, dico un confine interiore, 
                      su cui pesavano secoli di pregiudizi. E non ditemi che lo 
                      faceva per provocare la donna. Che brutta immagine, di Gesù 
                      e di conseguenza di Dio, finiscono per avallare certi commentatori 
                      che interpretano come "si fa per dire" le parole di Gesù. 
                      Che di parole "si fa per dire" non ne ha mai dette. 
                     C'è 
                      anche una fatica a sconfinare, l'ha patita anche Gesù. Ma 
                      se non si sconfina che brutta immagine di Dio si va ad avallare. 
                      Quella brutta immagine di Dio che la cananea, lei donna 
                      pagana, proprio non riesce di accettare e dà, perdonate, 
                      una lezione di teologia a Gesù: un Dio che rifiutasse pezzi 
                      sbocconcellati di pane ai suoi figli perché cagnolini, perché 
                      pagani, che Dio sarebbe? Quale immagine di Dio? Gesù ascolta 
                      la sapienza teologica di quella donna e sconfina. Per opera 
                      di donna. Passa, passa una volta per tutte il confine. 
                     Le 
                      dice: "Donna, la tua fede è grande". L'avessero sentito 
                      gli uomini religiosi! Dare crisma di fede, e grande, a una 
                      pagana. Sconfina. Dove sta l'intuizione della donna? Ha 
                      intuito due grandi verità. La prima è che noi siamo cagnolini 
                      e a Dio ci rivolgiamo dalla nostra impurità, dal paese della 
                      nostra lontananza. Tutti, nessuno escluso! Seconda verità: 
                      che però, al banchetto del regno, il pane non è contato 
                      e se Dio è un Dio che provvede, provvederà anche agli impuri, 
                      ai cagnolini, supererà il confine puro-impuro. Gesù guardò 
                      la donna, ascoltò la donna che si metteva sì tra i cagnolini, 
                      ma gli parlava anche di un Dio che le briciole non le può 
                      - certo non le può! - negare ai cagnolini. Altrimenti che 
                      Dio sarebbe? Ascoltò l'insegnamento, la sapienza teologica 
                      dei cagnolini. E passò, passò una volta per tutte il confine. 
                      Le disse: "donna, la tua fede è grande". Fede di una donna 
                      che la chiesa ortodossa, in un prefazio della sua liturgia, 
                      chiama "apostola" e "teologa". Ha intuito e annunciato che 
                      al banchetto di Dio il pane non è contato, ce n'è per tutti, 
                      anche per i cagnolini. 
                     Gesù 
                      passò il confine, se pur a fatica. Questo brano mi si è 
                      collegato all'improvviso nella mente a un altro brano, questo 
                      del vangelo di Giovanni, dove il problema non è quello dello 
                      sconfinamento dal territorio ma quello della sconfinamento 
                      dall'ora. E di mezzo c'è ancora una donna. Mi chiedo se 
                      non sono proprio le donne, in forza della loro natura di 
                      donne, le più pronte agli sconfinamenti, le più lontane 
                      dagli arroccamenti. 
                     La 
                      donna che fa sconfinare Gesù sull'ora è sua madre, Maria. 
                      Siamo a Cana di Galilea, nel pieno di un banchetto di nozze 
                      e lei chiede un segno al figlio, lei che si è accorta che 
                      viene a mancare 
                      il vino: "Non hanno più vino". Per risposta si sente rispondere 
                      da Gesù: "Non è ancora giunta la mia ora". Il segno del 
                      vino avrebbe anticipato l'ora dell'innalzamento sulla croce! 
                      Maria non desiste, ai servi dice: "Fate quello che vi dirà". 
                      E Gesù sconfina sull'orario, fa il segno, anche se 
                      il segno anticiperà di giorni l'ora della croce. Sono due 
                      momenti che mi raccontano la bellezza dello sconfinare, 
                      ma anche il prezzo dello sconfinare di Gesù. 
                     L'impressione 
                      che ho io, poi ne possiamo discutere o anche dissentire, 
                      è che Gesù con le nostre predicazioni lo abbiamo rinchiuso, 
                      prigioniero, va liberato, rinchiuso in un racconto idilliaco, 
                      molto Dio e poco uomo, e senza dubbio un uomo "per bene" 
                      come deve essere un uomo religioso. Invece fu uomo di piena 
                      umanità, e fuori dai normali schemi, sovvertiva, sconfinava: 
                      Un rabbi che sconfinava, mi è capitato di chiamarlo. La 
                      sua vita tutt'altro che secondo i sacri canoni. Qualcuno 
                      direbbe che se le andava a cercare. Oso invitarvi a leggere 
                      il vangelo sotto questa categoria. Non dico ad ogni pagina, 
                      ma per quasi tutto il racconto trovate un Gesù che è fuori, 
                      che rivoluziona. Penso che la pretesa di riportare Gesù 
                      nei confini non abbia altro effetto se non quello di impallidire 
                      o forse meglio cancellare la buona notizia. 
                     Che 
                      ce ne faremmo di un Gesù ricondotto alle nostre pallide 
                      ovvietà? Perché lo sconfinare ha un nome: "grazia". Grazia 
                      dice sconfinare, fuori dal dovuto, fuori dalle premesse. 
                      Grazia - chissà quante volte ci avete pensato! - è una parola 
                      che non sta nei confini. Dagli inizi fino al termine della 
                      sua vita Gesù a sconfinare. Scompigliando. Comincia già 
                      quando ancora non lo si vede, ed è nascosto nel grembo tenero 
                      di una donna. Va in un paese ai confini a scompigliare la 
                      vita di una ragazza con quel gonfiore del corpo che le incollerà 
                      addosso gli occhi curiosi e sospettosi dei suoi concittadini 
                      e gli occhi inquieti e sofferenti turbati di Giuseppe. Sconfina. 
                      Nasce ed è fuori i confini: prima fotografia, ora che è 
                      fuori dal grembo è adorato da pastori razza sospetta. Muore 
                      fuori i confini, ultima fotografia, fuori la città, morto 
                      di croce, tra due malfattori. Fuori la città, in posto laico, 
                      perché nessuno vantasse proprietà su di lui. In mezzo, tra 
                      nascita e croce una vita, perdonate, a sconfinare. 
                     Poco 
                      si sa di lui di quando era ragazzo, un fotogramma, uno solo 
                      nei vangeli, e per dire che era fuori. Lo trovano fuori, 
                      fuori dalla carovana, fuori perché lo vuole lui, non perché 
                      si è smarrito come si usa ancora dire quando si recita il 
                      rosario. Sconfina dalla famiglia. E' vero, ritorna a casa, 
                      ma dite che c'era con la testa? Con la testa era nelle cose 
                      del Padre suo. Allora sconfini. Ma non da vagabondo, ma 
                      da nomade perché hai un centro verso cui aneli. Non ti lasci 
                      catturare. Pensate, più tardi da grande quelli di casa, 
                      sua madre, i suoi, preoccupati che lui e i suoi discepoli 
                      neanche trovassero il tempo per mangiare, "uscirono" - è 
                      scritto - "per andare a prenderlo", verbo duro, quasi da 
                      cattura. A prenderlo, perché dicevano: "È fuori di sé", 
                      fuori di testa. Sconfinava. Secondo loro ci voleva una misura, 
                      era fuori misura. Fuori di testa. 
                     Chissà, 
                      mi chiedo, se qualche volta lo siamo anche noi o se abbiamo 
                      anestetizzato il vangelo, fuori da ogni follia. Una chiesa 
                      nei confini. "E stando fuori" è scritto mandano a chiamarlo. 
                      "Gli dissero: Ecco tua madre, i tuoi fratelli, le tue sorelle 
                      sono fuori e ti cercano". Ma egli rispose loro: "Chi è mia 
                      madre, chi sono i miei fratelli e le mie sorelle?". Girando 
                      lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno disse: 
                      "Ecco mia madre e i miei fratelli!". Sconfina in un'altra 
                      casa, che non è di cattura. Il Dio di Gesù Cristo, il Dio 
                      che vediamo e tocchiamo in lui, è il Dio dello sconfinamento. 
                      Era ciò che faceva sussultare di rabbia, inviperire il gruppo 
                      intransigente dei grandi capi dei sacerdoti e dei farisei. 
                      Era un pericolo pubblico e andava fermato, lo hanno fermato, 
                      fermato sulla croce. Pensavano di averlo fermato. Ha sconfinato. 
                      Nella risurrezione. 
                     Aveva 
                      messo sotto accusa, dicevo, una religione ridotta a ideologia, 
                      dove non sentivi più pulsare il cuore di Dio, un Dio che 
                      ha cuore di padre e di madre. Lui per dirlo sconfinava. 
                      Mangiava con pubblicani e peccatori facendo invelenire gli 
                      uomini di una legalità spenta e senza cuore, mangiava non 
                      con i perfetti, ma con peccatori Lui a tavola con i peccatori, 
                      ancora non convertiti: mangia con loro, che sono impuri. 
                      Non solo, ma si lascia ungere e profumare dalla donna, una 
                      poco di buono. La difende. E dice una cosa strabiliante, 
                      la dice con forza. Dice: "In verità vi dico: dovunque sarà 
                      predicato questo vangelo nel mondo intero, in ricordo di 
                      lei si dirà anche ciò che ella ha fatto" (Mt 26,13). 
                     Noi 
                      non sappiamo il nome della donna, ma noi oggi parliamo di 
                      lei, dopo duemila anni. Parliamo di una cosiddetta impura, 
                      "peccatrice di quella città" (Lc 7,37). Di lei Gesù dirà: 
                      "Ha amato molto" (Lc 7,47). Ma pensate alle obiezioni dei 
                      nostri moralisti, se non sapessero che a dire queste parole 
                      è stato Gesù. "Ma come?" direbbero "ha molto amato? Ha amato 
                      male". Gesù sconfina da questa purezza legale, intesa come 
                      separatezza, quella degli inquisitori. E la rimprovera a 
                      Simone nella sua casa, lui così osservante. E così freddo, 
                      così gelido! "Vedi questa donna ? Sono entrato nella tua 
                      casa e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi, lei invece 
                      mi ha bagnato i piedi con le sue lacrime e li ha asciugati 
                      con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio, lei invece 
                      da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. 
                      Tu non mi hai cosparso il capo di profumo, ma lei mi ha 
                      cosparso di profumo i piedi" (Lc 7,44-46). 
                     Pensate 
                      alla rivoluzione operata da Gesù. Pensate, la purezza, non 
                      come distacco, non come separatezza, ma come passione! Per 
                      fedeltà, notate, per fedeltà a Dio e a noi, fu una necessità 
                      per Gesù buttare alle spalle ogni pregiudizio, ogni incasellamento 
                      degli umani, ogni principio astratto e avvicinarsi. Togliere 
                      la distanza, guardare, ascoltare. Stare in ascolto della 
                      sapienza dei cagnolini, la sapienza di una donna. Mi chiedo 
                      che cosa si opponeva ai suoi giorni, e che cosa si oppone 
                      oggi, allo sconfinare per le vie di Dio e del vangelo? Potemmo 
                      evocare una parola "conservatorismo". "Questa tentazione 
                      di conservatorismo" scrive José Antonio Pagola "è molto 
                      forte in tempi di crisi religiosa. È facile allora invocare 
                      la necessità di controllare l'ortodossia, rafforzare la 
                      disciplina e la normativa, assicurare l'appartenenza alla 
                      Chiesa…
                      
                      Tutto può essere spiegabile, ma non è spesso una maniera 
                      di svigorire l'Evangelo e congelare la creatività dello 
                      Spirito? Per i capi religiosi e i responsabili delle comunità 
                      cristiane può essere più comodo "ripetere" in maniera monotona 
                      le strade ereditate dal passato, ignorando gli interrogativi, 
                      le contraddizioni e le proposte dell'uomo moderno, ma a 
                      che serve tutto questo se non siamo capaci di trasmettere 
                      luce e speranza ai problemi e alle sofferenze che scuotono 
                      gli uomini e le donne dei nostri giorni? Il messaggio di 
                      Gesù è chiaro. No al conservatorismo, sì alla creatività. 
                      No a una vita sterile, sì alla risposta attiva a Dio. No 
                      all'ossessione della sicurezza, sì allo sforzo arrischiato 
                      per trasformare il mondo. No alla fede seppellita sotto 
                      il conservatorismo, sì al lavoro impegnato nell'aprire vie 
                      al Regno di Dio". 
                     Mi 
                      sembra di poter dire - a parziale discolpa, ma parziale 
                      rimane - che non ha avuto, e non ha nemmeno oggi forse, 
                      buona frequenza nei nostri ambienti ecclesiastici, un'educazione 
                      allo sconfinamento e all'invenzione. Ha avuto ed ha più 
                      frequenza invece, nei nostri ambienti, un'educazione alla 
                      ripetizione. A volte mi viene di immaginare quante cose 
                      nel mondo sarebbero fiorite se, anziché insegnare a ripetere 
                      modelli, avessimo insegnato ad ascoltare il vento, il vento 
                      di cui parlava Gesù nella notte a a Nicodemo e gli diceva 
                      che i veri credenti come il vento sconfinano, il vento non 
                      sai di dove viene e dove va. 
                     Purtroppo 
                      la nostra vita di credenti non ha offerto con immediatezza 
                      l'immagine del vento e dello sconfinamento. A parziale conferma 
                      vorrei raccontarvi di una recensione apparsa mesi fa su 
                      un quotidiano, la recensione di uno spettacolo teatrale 
                      "Nessi", creato da Alessandro Bergonzoni. "Di che cosa parla 
                      nello spettacolo?" gli viene chiesto. Risponde: "Del geniocidio 
                      che viene prima del genocidio perché ammazza la parte artistica 
                      che è in noi, l'intelligenza, la poesia… Applaudiamo a chi 
                      fa il verso, a chi scimmiotta qualunque cosa. Sì, ma dove 
                      siamo? Non ci si protegge dalla guerra, dalla violenza, 
                      dalla mafia, dalla crudeltà, se non troviamo l'arte e la 
                      poesia dentro di noi. La mia è una invocazione, non una 
                      preghiera. Mi interessa la spiritualità. Che non ha niente 
                      a che vedere con la religione. Tra i credenti e i non credenti 
                      io scelgo gli incredibili. Faccio antepolitica, che non 
                      è antipolitica, ma è ciò che viene prima. L'indignazione 
                      non val niente se non è collegata a una reale metamorfosi. 
                      Prima di manifestare in piazza, bisogna manifestare dentro, 
                      fare sciopero interiore. Più che di umanità, abbiamo bisogno 
                      di sovrumanità e di emanità. Il mio teatro è un attestato 
                      di frequenza, emaniamo e captiamo energie. Siamo accesi". 
                      
                     Sorprendente 
                      consonanza con i pensieri di Gesù! È lo Spirito, che è vento, 
                      che sospinge in spazi aperti, chiama fuori dai particolarismi, 
                      dalle sette, apre al rispetto delle diversità, le diversità 
                      delle lingue. Miracolo dello Spirito non è creare un'unica 
                      lingua, la lingua cattolica, un'unica lingua per tutti. 
                      Miracolo di Pentecoste è il fatto che ognuno - dice la lettura 
                      degli Atti - nella "sua" lingua, senza esclusione, senta 
                      annunziare le grandi opere di Dio. Non il rinchiudersi e 
                      separarsi nelle diversità, nelle corporazioni è miracolo, 
                      ma il formare il popolo delle diversità.
                      
                      Questo è il miracolo, questo il dono da invocare insonnemente 
                      dallo Spirito. L'invito è ad uscire verso coloro che giudichiamo 
                      diversi da noi, coloro che per un pregiudizio giudichiamo 
                      vuoti di Spirito. Ma uscire con la convinzione che niente 
                      è pagano, tutto abitato dallo spirito. Non con l'aria di 
                      chi pensa che lo Spirito lo portiamo noi. 
                     Ricordate 
                      l'episodio degli Atti. Pietro viene chiamato da una visione 
                      ad andare nella casa di Cornelio, un centurione pagano, 
                      a Cesarea. Pietro esita ad avere contatti con ciò che riteneva 
                      impuro, ma Dio lo spinge a non chiamare profano o impuro 
                      ciò che lui ha santificato. Ed ecco che Pietro è testimone 
                      oculare della discesa dello Spirito Santo su quella casa, 
                      ancor prima che fosse loro dato il battesimo. Dice Pietro: 
                      "Mi sto rendendo conto che Dio non fa differenza di persone, 
                      ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia a qualunque 
                      popolo appartenga". Pietro dà loro il Battesimo. Di qui 
                      le critiche di coloro che stanno rigidi nelle tradizioni 
                      religiose, le critiche di coloro che giudicano tra puro 
                      e impuro. 
                     Papa 
                      Francesco mesi fa ha commentato questo episodio, che non 
                      teme di definire uno tra i più belli delle Scritture Sacre. 
                      Si è chiesto anche, con un filo di ironia, che cosa succederebbe 
                      oggi nella chiesa se in questi giorni venisse una spedizione 
                      di marziani e uno di loro dicesse: "Ma, io voglio il Battesimo!". 
                      "Che cosa accadrebbe?" si è chiesto. Vi lascio alle sue 
                      parole, molto più coinvolgenti delle mie: Pietro - ricorda 
                      Papa Francesco - rasserena tutti con questa affermazione: 
                      "Se dunque Dio ha dato loro lo stesso dono che ha dato a 
                      noi, per avere creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero 
                      io per porre impedimento a Dio?". E questo è il commento 
                      di Papa Francesco: "Quando il Signore ci fa vedere la strada, 
                      chi siamo noi per dire: 'No, Signore, non è prudente! No, 
                      facciamo così'… E Pietro in quella prima diocesi - la prima 
                      diocesi è stata Antiochia - prende questa decisione: 'Chi 
                      sono io per porre impedimenti?'. Una bella parola per i 
                      vescovi, per i sacerdoti e anche per i cristiani. Ma chi 
                      siamo noi per chiudere porte? Nella Chiesa antica, persino 
                      oggi, c'è questo ministero dell'ostiario. E cosa faceva 
                      l'ostiario? Apriva la porta, riceveva la gente, la faceva 
                      passare. Ma mai c' è stato il ministero di quello che chiude 
                      la porta, mai!". 
                     Ancora 
                      oggi, ripete Papa Francesco, Dio ha lasciato la guida della 
                      Chiesa "nelle mani dello Spirito Santo". "Lo Spirito Santo 
                      - prosegue - è quello che fa camminare la Chiesa. Sempre 
                      più, oltre i limiti, più avanti...Per usare una parola di 
                      papa Giovanni XXIII: è proprio lo Spirito Santo che aggiorna 
                      la Chiesa: veramente, proprio la aggiorna e la fa andare 
                      avanti. E noi cristiani dobbiamo chiedere al Signore la 
                      grazia della docilità allo Spirito Santo. La docilità a 
                      questo Spirito, che ci parla nel cuore, ci parla nelle circostanze 
                      della vita, ci parla nella vita ecclesiale, nelle comunità 
                      cristiane, ci parla sempre". 
                     Insistente 
                      nelle parole di Papa Francesco la condanna delle chiusure. 
                      Qualche mattina dopo il commento alla pagina degli Atti, 
                      Francesco aggiunse: "Tante volte noi in Chiesa siamo una 
                      ditta per fabbricare impedimenti, perché la gente non possa 
                      arrivare alla grazia. Che il Signore ci faccia capire questo". 
                      
                     Chiudo 
                      con la storia di una ragazza, con la preghiera di un Vescovo 
                      e con una parola di un laico di cui già vi ho parlato. La 
                      ragazza si chiama Alessia. Che cosa l'aveva potata in parrocchia 
                      quel giorno, proprio lei che ai nostri ambienti ecclesiastici 
                      proprio non ci era abituata. Lei che non aveva nessuna frequentazione 
                      di preti. Non era battezzata e nemmeno lo è oggi. Mi chiese 
                      di parlarmi. E già è dono - penso che tutti voi conveniate 
                      - già è dono che qualcuno ti chieda di parlarti. Ancor più 
                      che un uomo, una donna, ti sveli il suo cuore. Sentiva dentro 
                      di sé, mi disse, come un'attesa, un bisogno. E si 
                      era chiesta se quello fosse un luogo in cui esplorare il 
                      bisogno, se la fede potesse avere a che fare con l'attesa 
                      da cui era abitata. Che la abitava e la metteva in cammino. 
                      Arrivava da lontano. O da vicino? Come un giorno era successo 
                      ai Magi, scrutatori di stelle. Da lontano o da vicino? Loro 
                      venivano dall'Oriente. E dov'è l'oriente di un uomo o di 
                      una donna? E che cosa trovano nei nostri ambienti i cercatori 
                      di stelle, loro in cerca di qualcosa che abbia a che fare 
                      con un senso? Trovano brividi o pesantezze? Che cosa avrei 
                      potuto proporre a una ragazza come lei, abitata da un'attesa 
                      se non il Vangelo, che, come dice la parola, è buona notizia 
                      e colui che è un vangelo, una buona notizia, Gesù di Nazaret? 
                      
                     Rimasi 
                      sorpreso - erano passati solo alcuni giorni - sorpreso e 
                      commosso, dalle sue parole. "Finalmente" diceva "Milano 
                      si è tinta di sole. Continuo a leggere la Bibbia, con a 
                      volte la sensazione di comprendere, di sentire e che non 
                      ci sia quasi bisogno di pensare troppo, di capire. Succede 
                      semplicemente che delle cose risuonano, mi commuovono, mi 
                      fanno venire una gran voglia di vivere, un gran desiderio 
                      di avventure umane, della propria avventura umana". E io 
                      con l'attesa in cuore di capire che cosa avesse incantato 
                      una come lei dietro le pagine che raccontano di Gesù. "Sono 
                      rimasta affascinata" mi disse "dalla libertà di Gesù, dalla 
                      libertà che dà Gesù. Non ho mai trovato qualcosa di simile. 
                      Respiro la libertà". 
                     Sì, 
                      la respiri ad ogni pagina. Ed è sconcertante che chi tocca 
                      le pagine per la prima volta ne rimanga segnato, sedotto, 
                      mentre noi, che le abbiamo ricevute da tempo, in tante nostre 
                      espressioni siamo per lo più confinati nella figura di chi 
                      vive l'assuefazione e non nella figura della libertà di 
                      Gesù, una libertà che gli veniva dalla sua passione per 
                      Dio e per l'uomo. La passione per Dio e per l'uomo lo rendeva 
                      luminosamente libero. Libero di sconfinare. Mi chiederete 
                      di Alessia, non è ancora battezzata, ma da qualche anno 
                      si è aggiunta a un gruppo di giovani coppie che si raduna 
                      una domenica al mese, sarà la prossima, a leggere pagine 
                      della Bibbia. Se le poppate del suo ultimo bambino glielo 
                      consentiranno - sì, perché da qualche anno si è sposata 
                      - sì, se le poppate glielo consentiranno, se il suo impegno 
                      di lavoro non la frenerà lontano, lei ci sarà. 
                     Ora 
                      la preghiera del vescovo, un vescovo francese. Mons. Guy 
                      Deroubaix, vescovo di Saint Dénis, morto nel 1996, che in 
                      una sua preghiera per la chiesa scrive: 
                     Una 
                      chiesa 
                      In cui lo Spirito Santo potrà sentirsi invitato 
                      perché non sarà già stato tutto previsto, 
                      regolato 
                      e deciso in anticipo: 
                      una chiesa aperta. 
                      Una chiesa 
                      In cui l'audacia di fare cose nuove 
                      sarà più forte dell'abitudine di fare come prima. 
                      Una chiesa in cui ognuno potrà pregare nella sua lingua, 
                      esprimersi nella sua cultura 
                      ed esistere con la propria storia. 
                      Una chiesa di cui la gente non dirà: 
                      "vedete come sono bene organizzati", 
                      ma "guardate come si amano".  
                       
                      Ultima parola, questa brevissima, di un laico, sempre Alessandro 
                      Bergonzoni che dice: "Nella vita ho fatto voto di vastità". 
                      Di vastità, potremmo dire di sconfinamento.  
                      Gli sconfinamenti di Gesù. 
                      
                      don Angelo Casati 
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