articoli di d. Angelo


 

QUASI UN ACCOMPAGNAMENTO

Ogni anno, di questi tempi, ci scrive una lettera. E siccome è lettera di un Pastore, è consuetudine chiamarla lettera "pastorale".
È vero, il formato non è quello delle nostre lettere: non sono le solite quattro facciate. I fogli quest'anno sono più di duecento. Assomiglia -qualcuno direbbe- più a un libro o a un trattato che a una lettera.

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Ti dirò che, pur se i fogli vanno di anno in anno aumentando, io continuo a pensarla una lettera.
La lettera sottende un dialogo tra persone conosciute, custodisce una passione, accende nella memoria, mentre la scorri, un volto.
È così che la lettera non è senza sentimenti, senza affetto, senza brividi anche profondi.
Mi viene fatto di pensare, mentre la scorro, che Lui, l'Arcivescovo, conosce il nostro nome; e noi, tra mille, riconosciamo la sua voce.
Come un padre o una madre, come un figlio o una figlia, come un amico o una amica.

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"Itinerari educativi" è il titolo della lettera di quest'anno.
Ed è come se continuasse un discorso.
Succede a volte, tra amici -tanta e tale è la comunione- di riprendere, dopo mesi, il dialogo, proprio là dove una partenza inattesa l'aveva interrotto. Come se non ci fosse mai del tutto staccati.
"Dio educa il suo popolo": la lettera dello scorso anno. "Itinerari educativi": la lettera di quest'anno. Dunque il tema affascinante e appassionante dell'educazione, il tema che ha come orizzonte la persona.
Non c'è nulla di più prezioso, nulla di più rischioso di un lavoro sulle persone. Un conto è sbagliare su di una cosa, un conto è sbagliare con una persona.
Forse l'interrogativo del Vangelo potrebbe essere ritradotto anche così: "Che vale guadagnare il mondo intero, se poi perdi le persone?".

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Se suggestivo è il tema dell'educazione, non meno suggestiva è l'immagine degli "itinerari". Di itinerari infatti si tratta.
Quasi a dire che la passione dell'educare, quando è lucida, non va costringendo in ambienti chiusi o in spazi protetti nè abbandona improvvidamente al vuoto di deserti, sabbie mobili senza piste e senza tracce; al contrario va immaginando e proponendo cammini dello spirito. Prende così la figura di un "accompagnamento" lungo una strada.
Non è senza emozione -io penso- che nel Vangelo leggiamo di Gesù e di quel suo camminare: quel camminare con i discepoli verso Gerusalemme. E la strada diventava il luogo dell'educare.
Tutta la vita dunque può diventare luogo in cui interrogare e essere interrogato, luogo in cui educare "accompagnandosi".

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Itinerari e "fallimenti" educativi.
Dunque il tema del fallimento e delle delusioni: fallimento -dice l'Arcivescovo- che andrà sempre messo in conto, delusioni dalle quali non potremo mai essere totalmente risparmiati.
È questo un tema per lo più rimosso dalle nostre riflessioni. Quando riappare nei nostri discorsi per lo più apre a condanne o genera angosce e sensi di colpa. Quasi a suggerire l'idea che debba essere comunque ascritto a una lacuna educativa dei genitori il fatto per esempio che i figli non ne abbiano ricalcato le orme.
Chi ha il dono di ascoltare e di conoscere ciò che passa nel cuore della gente, sa quanta tristezza e angoscia sia rimasta in questi anni nel cuore di parecchi genitori ed educatori per i figli e i giovani che sembrano aver optato per altre direzioni.
E sarà poi in realtà sempre un'altra direzione, un altro monte, o non forse solamente un sentiero diverso?
E sarà poi corretto chiamare "fallimento" lo sforzo educativo compiuto?
La parola dell'Arcivescovo al riguardo, così vicina, così umana, così carica di tenerezza, versa olio su alcune nostre ferite più profonde, ridesta fiducia, chiama a un amore, se possibile, più grande.
"Ritengo" -dice- "il tema delle delusioni educative di importanza determinante (...). Si tratta infatti di guardarsi subito da un rischio assai grave: quello di ricercare in questa lettera delle ricette (...). È bene dire subito che queste ricette non le ho e se le avessi, le avrei comunicate alla diocesi fin dal giorno del mio ingresso, senza aspettare tenti anni.
Dirò anzi di più: neppure Gesù possedeva tali ricette; altrimenti non sarebbe stato tradito da Giuda, rinnegato da Pietro, abbandonato dagli apostoli, insultato dalla folla che aveva beneficato e della quale era stato catechista instancabile e competente (...).
Supplico dunque fin dall'inizio i miei lettori a non considerare le delusioni educative (che fino alla conclusione della vita sono semplicemente "parziali", cioè riparabili e recuperabili) come un fatto accidentale o estraneo al processo educativo. Studiamoci di imitare il realismo di Dio che, tracciando cammini educativi per l'umanità e per il suo popolo, sa non solo prevenire nei limiti del possibile il fallimento, ma anche prevederlo, valutarlo con oggettività, pronto a rimediarvi subito con amore ancora più grande e creativo" (pagg. 14-15).

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Al di là dunque dei fallimenti e delle delusioni, con il coraggio di rivedere ogni nostro progetto educativo. Senza amarezze.
Per farci imitatori di quel sapere e inarrivabile, mai spento, educatore che è Dio.
Alla ricerca di ciò che fa aride e insignificanti alcune nostre proposte, che sembrano languire sotto il rumore delle parole più sacre, al fine di purificarle.
Ma tesi soprattutto a rinverdirle, con la gioia del Vangelo, verso una progettualità nuova.
"Accogliete docilmente la parola che è stata seminata in voi: parola che può salvare la vostra vita" (Giac 1,21).

don Angelo


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