articoli di d. Angelo


 

SONO INNAMORATO DELLA TUA CASA

La tua casa. Sono innamorato della tua casa. La tua è una casa viva. Ci sono voci, ci sono sguardi.
C'è un tavolo e c'è il letto. Ci sono gli occhi dei tuoi figli, i loro libri e i loro giochi, l'ordine e il disordine. C'è un'immagine sacra.
Sono innamorato della tua casa. E' una casa normale. Non si predica, ci si parla. Non ci sono cattedre. C'è lo stare insieme intorno alla tavola, la vera cattedra.
Non ci sono sgabelli più alti: forse quello più alto è quello riservato al bambino piccolo: anche lui va portato all'altezza di tutti.
Non è una terra di santi la tua casa: ognuno porta con sé i suoi doni e i suoi limiti. Ci sono giorni in cui si ride e ci sono giorni di tensione, quando riesce così difficili nascondere preoccupazioni e fatiche. Ma è poi sempre bene nasconderle?
Sono innamorato della tua casa: c'è il telefono, c'è il campanello, e c'è anche il televisore. E la fatica di radunare le cose, così come si radunano i fogli sparsi alla ricerca di un ordine. Un ordine che sarà sempre - poco o tanto - lontano dal Grande Ordine, l'Ordine assoluto.
Quello lo troveremo in Paradiso.
Ma come vorrei - te lo confesso - che anche quello non fosse un ordine eccessivo. Mi intimorirebbe. Non saprei più dove mettere i piedi. Tu lo sai: i miei sono piedi di un uomo normale. Non ho ali d'angelo. I miei sono piedi di un uomo qualunque e, per di più, peccatore.

FAR QUADRARE I CONTI

Sono innamorato della tua famiglia. Così com'è. E, come è ha problemi: c'è il problema della casa, del lavoro, della salute, dell'educazione, della società che la circonda. E c'è il problema di far quadrare i conti. E quanti i conti che devono quadrare. E non sai mai se quadreranno o no. Anche per questo, a volte, hai il fiato corto.
A volte mi prende la paura che anche la religione, per come le l'hanno passata, finisca per essere un problema in più, che va ad aggiungersi ai mille altri problemi di cui è carica la vita: un problema e non un "vangelo" cioè buona notizia.
E la paura che anche Dio diventi uno con cui far tornare i conti e non uno, che, quando squarcia i cieli, non lo fa per ostentare saette, ma per dirti: "O figlio, o mio amato figlio!".

E TUTTI A INSEGNARE

Sono innamorato della tua casa. E da un po' di tempo a questa parte mi fermo spesso a immaginare il tuo disagio e il tuo rifiuto.
L'immagino, perché la tua buona educazione ti ha insegnato a nasconderli: il disagio e il rifiuto davanti a quelli che la soffocano e l'assediano: la famiglia assediata.
E tutti che vengono a dire e a insegnare: vengono i preti, vengono i vescovi, viene il Papa, viene il Presidente della Repubblica, vengono gli insegnanti dei figli, vengono i sociologi, vengono i politici… tutti a insegnare come deve essere una famiglia.
La alluvione. Dentro di te, qualche volta o spesso, immagino, sentirai la necessità di una qualche difesa all'assedio, di un qualche argine all'alluvione. E che il cuore riposi. Come è importante far riposare il cuore.
Ti è rimasta, per fortuna, una sufficiente misura di umorismo, per guardare con occhi divertiti la Direttrice della Scuola Materna, che conduce il discorso dicendo: "dopo tutto, sa, noi insegniamo ai padri e alle madri a fare i genitori!".
Già! Lo sanno tutti gli altri, ma non voi!
Non sono innamorato - lo hai capito - della Direttrice.
Sono innamorato di te.

LA CASA DI NAZARETH

E sono innamorato della casa di Nazareth. Della casa di Nazareth ti sei andato innamorando anche tu, quando leggi il Vangelo così come è e non secondo interpretazioni "devote" e "edificanti": ma fino a che punto edificanti?
Vedi, a volte non sopportiamo la casa di Nazareth così com'è. Prova ne è il fatto che per noi Gesù Cristo - si fa per dire - sembra esistere da trenta anni in poi.
Allora - finalmente! direbbe qualcuno - ha incominciato il suo ministero: l'opera della salvezza - così si pensa - ha inizio solo quando quel figlio finalmente esce di casa, dal suo paese, lontano dai suoi.
Trent'anni sprecati, se a giudicare le cose fosse un modello ecclesiocentrico. Quel modello per il quale costruisci il regno di Dio quando dalla privatezza della casa entri finalmente nei locali della parrocchia e lì ti dai da fare.
Non riesco - sarà per una mia deformazione mentale o biblica - a pensare che Gesù abbia iniziato il suo ministero a trent'anni: non sarà perché, nella nostra mente Vangelo e proclamazioni verbali sembrano diventati una cosa sola?
Mi è più familiare pensare che Gesù in tutte le ore della sua vita sia stato un racconto, il racconto dell'amore di Dio.
Il problema è che noi Dio pensiamo lo si debba raccontare con il bla-bla religioso. E se Dio lo si potesse raccontare anche con il silenzio?

RACCONTARE CON IL SILENZIO

Sono innamorato del silenzio di Nazareth. E vorrei difenderlo.
Il silenzio - il sacro silenzio - della non notizia.
Perché anche questo, a mio avviso, è un modo strano di pensare, cioè che il silenzio sulla casa di Nazareth sia imputabile a una amnesia dei redattori del Vangelo, come se in quella casa l'eccezionale fosse all'ordine del giorno, ma non fu raccontato.
E invece no. A raccontare Dio era ogni giorno il silenzio di una vita senza notizia, di cui nessuno si accorgeva.
Vale anche oggi per le nostre case.
Sono innamorato della casa di Nazareth e di un silenzio che non può essere presentato se non arbitrariamente, come il silenzio della passività e dell'inerzia.
Una interpretazione che, purtroppo, ha trovato sostenitori lungo i secoli.
Gli esili spiragli che il testo biblico apre sulla vita nascosta delle vita della famiglia di Nazareth sono al riguardo luminosissimi: lasciano infatti intravedere una casa dove l'autorità è lontanissima dall'essere vissuta come arbitrio: la pace che vi regna non è quella dei cimiteri, la pace di chi non ha né respiro né voce.

CASA DEI PERCHE'

Il silenzio non è accettazione senza la domanda: Giuseppe si chiede il perché di quella maternità inattesa e sconcertante; i genitori si chiedono il perché della apparente disobbedienza del figlio: "Perché ci hai fatto questo?"; il figlio si chiede il perché della ricerca e dell'affanno dei genitori: "Perché mi cercavate?".
Casa del silenzio, la casa di Nazareth, e casa dei perché, come le nostre case.
L'ideale non è una casa senza domande, ma la casa che lascia spazio alle domande, a tutte le domande. E, di domanda in domanda, ci si metta in cammino verso il mistero, quello della vita, quello di Dio, quello di ciascuno di noi, mistero che non sarà mai svelato una volta per tutte e per sempre.
Sono innamorato della casa di Nazareth e di un silenzio che non è inerzia.
Gli scarni accenni alla vita di quella famiglia non vanno a disegnare una casa di persone manovrate attivamente dall'alto. Gli accenni vanno in tutt'altra direzione.
Dal cielo ci viene segnalato l'orizzonte verso cui puntare i tuoi passi: il resto - e non è poco - tocca a te.
C'è spazio per il tuo ingegno, per la tua fantasia, per le tue paure e per le tue audacie. Tocca a te inventare.
E quante le strade!
Si e detto: "Fuggi in Egitto". Non è detto né come, né quando partire, né quali strade immaginare. Dio ha fiducia nell'intelligenza dei suoi figli.
Sarebbe bene se imparassimo da Lui. Che, dentro e fuori la Chiesa, si imparasse da Lui. E rispettassimo anche il silenzio di Dio, che ora tace, indugia e non va oltre. E non pretendessimo di offrire alle famiglie prontuari o ricette di vita, ma solo disegnare gli orizzonti del Vangelo. Tocca poi a ciascuno, con la luce dello Spirito e il chiarore della coscienza, inventare i sentieri.
E dunque aver fiducia. Come l'ha Dio. Sono innamorato di Dio.

don Angelo


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