articoli di d. Angelo


 

IL DESERTO, LE PAURE E GLI OCCHI DI MOSE'

Che il nostro sia un tempo di "transizione" sono in molti oggi a ripeterlo. Una transizione che può essere significativamente evocata con l'immagine della "traversata del deserto".
A questa immagine faceva ultimamente riferimento il Card. Carlo Maria Martini in una sua intervista al quotidiano francese "Le monde".
"Noi ci troviamo nella situazione del popolo ebraico all'uscita dall'Egitto, dopo la traversata del Mar Rosso. La grande paura - quella del faraone - è alle spalle; come alle nostre spalle è quella del comunismo, brutale e totalitario". Ma la terra promessa, per lui e per noi, è ancora lontana. La si attende, la si spera. In realtà ci si trova ancora in pieno deserto.
Il deserto è l'assenza di vie sicure, di identità, di punti di riferimento. Il deserto è la paura del domani, la precarietà delle condizioni di vita, del lavoro, della casa .Il deserto è la paura del nemico, sempre in agguato e pronto a risorgere.
A partire dal 1991 l'Europa è in questa situazione di incertezza, di instabilità, di deserto. La paura del totalitarismo è scomparsa, ma altre paure che non si potevano prevedere, ne hanno preso il posto. Per la Chiesa stessa la situazione è inedita.
Quali sono le nuove paure? La paura di perdere le propria patria, di qui l'irrigidirsi dei nazionalismi, dei regionalismi. La paura di veder dissolversi le identità, le tradizioni, di qui il rimontare degli integralismi .
La paura di perdere i propri agi, il proprio benessere personale, di qui le forme le più diverse di ripiegamento su se stessi e d'egoismo.
Occorre attraversare questo deserto e arrivare alla terra promessa. Ma per arrivarci, bisogna ritrovare la fede di Mosè, gli occhi di Mosè, che - dice la lettera agli Ebrei - marciava come se vedesse l'invisibile, cioè pieno di fiducia in Dio".

NON BASTA DECLAMARE

Tempo di transizione. Ma un conto è declamare, raccontare la transizione, un conto è invece accettare di viverla. Più difficile è viverla. Può succedere, a volte, di vivere il proprio tempo sognandone un altro, cioè sognando il tempo della stabilità, il tempo dell'insediamento.
E' vero che il popolo di Dio non sarà mai totalmente "insediato" - non per nulla nella preghiera eucaristica facciamo memoria di una chiesa "pellegrina sulla terra": ""non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura" (Eb. 13,14).
Ma è pur vero che ci sono tempi della storia e tempi della chiesa in cui lo "spaesamento", l'essere fuori del paese, di ogni paese, è pressoché totale e, a volte, assume una tale radicalità da far paura al cuore.

POPOLATO DA IDOLI

Chiamati, oggi più di ieri, a vivere come nel deserto. Chiamati al suo attraversamento. E dunque ognuno metta in conto paure ed idoli; non senza dimenticare che l'attraversamento del deserto non è affidato solo alle nostre povere forze: cammina con noi, per le lande della storia, il Dio dell'esodo, un Dio che libera dalla suggestione degli idoli e dall'ossessione delle paure.
Il deserto, anche il nostro, popolato da idoli vani e vuoti: tanto più appariscenti quanto più vuoti.
Stiamo preparandoci, anzi è già cominciata la spettacolarizzazione degli idoli vani e vuoti. Li vedi far mostra di sé sui giornali e dagli schermi televisivi. E' iniziato dunque lo spettacolo. Sono il vitello d'oro del nostro tempo. Tengono banco, declamano. Hanno le soluzioni a portata di mano. Mai che tradiscano, una volta che è una volta, la complessità del problema o l'inadeguatezza delle nostre interpretazioni.
Non sanno che cosa significa fare la fila negli uffici pubblici: loro la fila non l'hanno mai fatta; non sanno che cosa significhi avere a che fare con i prontuari delle medicine: per loro non è un problema pagarle.
Non curano il popolo, curano la loro immagine. Dicono parole, non cose concrete. Brillano, voltagabbani, per il loro cambiar opinione, ogni piè sospinto. Anche per questo il nostro è un tempo di spaesamento totale: le dichiarazioni sono puntualmente, spudoratamente, contraddette l'indomani. Tempo di idoli, che nascono dentro di noi: dalle nostre vanità, dalle nostre ambizioni, dalla nostra insensate pretesa di sapere, di potere, di volere.

CONTRO LA SEDUZIONE

Né vale lamentarci: i nostri piagnistei altro non sono stati che grembo sterile: non hanno mai partorito nulla, o forse soltanto paure.
Vale, invece, a mio avviso, attrezzarci sempre più per un tempo come il nostro: tempo di attraversamento di un deserto popolato da idoli appariscenti ma vuoti.
E dunque avere occhi capaci di stanare gli idoli vani, lucidità e coraggio per metterli con le spalle al muro e vincerne, se possibile, la seduzione.
Ciò che irride gli idoli vani - dobbiamo ricordarlo! - ciò che ne mostra spietatamente l'inanità è la Parola di Dio: l'assolutezza della Parola di Dio, custodita in modo precipuo nelle Sacre Scritture, davanti alla quale franano rumorosamente gli idoli del deserto.

I FALSI RIMEDI

In tempi di transizione succede che si evochino falsi rimedi.
Di fronte alla complessità delle situazioni, di fronte all'abbagliamento operato dagli idoli, si pensa di porre rimedio invocando o sfoderando un prontuario di norme, pronte per l'uso.
E' un'operazione che sconta purtroppo un'improbabile ingenuità: la pretesa cioè di avere a portata di mano risposte prefabbricate a tutto, proprio quando la vita inventa situazioni nuove a ogni piè sospinto.
"E' alla verità di Cristo" - puntualizza l'Arcivescovo nella sua intervista - "che occorre costantemente riferirsi se si vuole evitare la confusione morale, l'arbitrio, il relativismo per il quale tutto equivale a tutto. Ma avete ragione: questa verità è vivente. Si realizza in luoghi, in tempi, in condizioni storiche che possono essere molto diverse. Si adatta, porta un'attenzione ai problemi concreti".
E' una coincidenza fortuita, ma potrebbe essere letta anche come un segno questa Quaresima, tempo di silenzi, attraversata da un'assordante fiera elettorale. Quasi un invito ad appartarci nel segreto del cuore, là dove la Parola opera impietosi disincantamenti, là dove nel silenzio appare l'orizzonte ultimo, ampio, non accorciato, da cui guardare le cose.

LE PAURE

Tempo di idoli la transizione, ma anche tempo di paure: il nostro sta diventando sempre più un tempo di paure, paure evocate dall'insicurezza, quella esteriore, ma ancor più quella interiore. Paure e fantasmi sembrano accompagnare il cammino.
Avere, lungo il cammino, gli occhi di Mosè, non significa anche, come ci ha ricordato il Cardinal Martini, citando la lettera agli Ebrei, marciare come vedendo l'Invisibile?
Se gli occhi perdono di vista l'invisibile si ingigantiscono le paure: le paure sono sempre o quasi sempre sintomo di una falsa fede. Potremmo a ragione dire che le paure - queste sì - sono figlie del demonio: le nostre paure spesso imprecisate, indefinite, gli incubi oscuri, i fantasmi che ci perseguitano, i blocchi inconsci che ci tolgono fiducia.
E Dio - se è Dio vero, l'Invisibile che ci accompagna, il Dio di Gesù Cristo - è un Dio liberatore: ci libera dalle paure e dai demoni.
C'è da riflettere su un certo clima di demonismo, oggi nell'aria, che finisce per indurre la gente a inseguire ossessivamente esorcismi ed esorcisti. C'è da riflettere - molto da riflettere! - su un certo tipo di cristianesimo che sembra fatto apposta per ingigantire le paure: il cristianesimo di coloro che evocano le paure, cantano le paure, che si illudono di liberare moltiplicando le paure, o sostituendo alle paure un'altra paura, quella di Dio.
No. Il Dio di Gesù Cristo ti restituisce alla pace: alla pace del cuore, alla pace dei tuoi pensieri.
E dunque il cammino della Quaresima come un essere restituiti alla pace, secondo la bellissima parola conservata nella lettera ai Filippesi: "La pace di Dio che sorpassa ogni immaginazione custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Fil. 4,7).

don Angelo


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