articoli di d. Angelo


 

"NON MI TRATTENERE..."

La Veglia ha rigato di luce la profondità della notte. La calda luce della locanda di Emmaus, dove il Risorto fu riconosciuto allo spezzare del pane.
Di luce ha rigato le notti questo Dio che ha percorso, fino all'accecamento più struggente il tunnel buio della sofferenza umana. E dal buio più profondo - la morte - ha destato la luce.

Suggestiva rimane questa Veglia pasquale che ci chiede di uscire per le strade, quando ancora è notte. Come toccò ai due di Emmaus.
Quante sono le notti del mondo, mio Signore? E quante le notti del cuore?
E che cosa è mai - per le nostre notti - il tuo risorgere, al lumeggiare dell'alba, dopo tre giorni?
Esci dalla Veglia. A pochi passi dalla chiesa c'è Piazza Leonardo. Piazza Leonardo e le sue notti. Piazza Leonardo, uno dei tanti "santuari" della droga, piazza di uno smercio a cielo aperto.
E che cosa è mai, qui, oggi, risurrezione?

Perché il Risorto ora è per le strade.
Se già durante la vita il suo era stato un evangelo per le strade più che nel tempio o nelle sinagoghe, ora, risorto, lo è in misura forse maggiore.
La sua presenza è lungo è lungo i percorsi della nostra più trasparente "laicità": la strada, la casa, il lago, la locanda, il monte.

UNA SPIRITUALITÀ DELLA STRADA

Una spiritualità della risurrezione non può non custodire la ricerca appassionata dei segni del Risorto oggi, nei luoghi della nostra cosiddetta "profanità".
E patire sorprendendoli, il bagliore della presenza. E, subito dopo - è un attimo - patire il peso del suo improvviso scomparire.

È - a ben vedere - la rivoluzione di una ben precisa mentalità, per la quale siamo stati educati a sequestrare idealmente il Signore e i suo Spirito per spazi e per tempi, per gruppi e movimenti, per schemi e per appartenenze.
Una mentalità che ci vedeva dopo tutto passivi. "È qui, è là": ci si diceva. Né più ti occorreva un cuore per interrogare il tempo né occhi per scrutare i cieli.
La fedeltà all'evangelo della risurrezione chiede un cuore vigile e attento alle strade inattese del Risorto.
Arrivi e ti ha preceduto: È oltre: "Vi precederà in Galilea" (Mt 28, 7).
Se rimani nel cenacolo, perdi il primo suo appuntamento, sul monte che lui ha fissato (Mt 28, 16).

Ancora non ci conduce - dobbiamo confessarlo - una spiritualità della strada.
Come credenti preferiamo il caldo e la luce dei cenacoli al buio e allo sgomento della notte.
L'episodio non va certo enfatizzato; ma - mi chiedo - è un caso o non è un caso che proprio la domenica delle Palme, in Piazza Vetra, dove la Caritas aveva dato appuntamento per urlare da quel luogo di morte un "no" alla droga, alle siringhe sporche, allo spaccio, si siano radunate solo un migliaio di persone?
Qua e là in qualche commento di giornale traspariva sorpresa per un mondo cattolico numeroso nelle chiese, poco pronto sulle strade di tutti.
"Sul piano politico l'uscita del cardinale registra un successo indubbio… All'interno del mondo cattolico, invece, il cardinale non ha ottenuto un risultato egualmente positivo. In piazza - in quella piazza e su quel tema - domenica si è riunito appena un migliaio di persone, in gran parte operatori delle comunità. Pochi, dunque, rispetto ad una giornata con un indubbio significato simbolico e sociale. Pochi, soprattutto, se si pensa che sabato, cioè un giorno prima, in Duomo c'erano almeno diciassettemila persone, per una cerimonia "canonica" come la veglia che si tiene ogni anno una settimana prima di Pasqua" (La Repubblica, 21 marzo 1989).
Per le strade e sulle piazze ancora una volta ci aveva preceduti, alla maniera dei pastori di Palestina, il nostro Arcivescovo. Con una presenza non certo decorativa, con una parola incandescente per passione e fermezza.

La spiritualità della strada dunque e non quella della cittadella, così efficacemente descritta da Italo Mancini nel suo ultimo libro "Tornino i volti": "… Ci si conta, si sta nella cittadella, ci si chiude entro spazi sacri e propri, disertando gli spazi comuni, e si crea nel mondo un mondo altro, antagonista, chiuso, ben felici quando si possa mettere l'avversario in difficoltà, fino alla sua crisi totale. Sorgono gli steccati, e si ha quindi l'entusiasmo per la falange".
Le parole ci mettono in guardia da una forma di cristianesimo che "fa affidamento sulla visibilità e sulla sfida a chi riesce di più; fa leva sulla polemica e sui mezzi mondani della forza; si organizza anche attraverso la cementazione psichica di uno stare insieme nel tempo e nello spazio, che priva via via anche i più giovani della molteplicità delle amicizie e degli scambi con i coetanei…" (pagg. 8-9).

NON MI TRATTENERE

La Veglia è finita.
Esco per le strade. Ed è notte.
E tu, Signore, a ripetermi le parole che con dolcezza, ma anche con fermezza, dicesti a Maria di Magdala, nell'alba più incredibile e più luminosa della storia. Avevi l'aria di essere il custode del giardino.
Ti riconobbe alla voce. E tu a dire: "Non mi trattenere, Maria" (Gv 20, 17).
Un invito il tuo che noi, purtroppo, per lungo tempo abbiamo legato a una traduzione latina che recitava "non mi toccare" e che suonò a lungo come sospettosa e negativa della tenerezza della donna, una tenerezza da cui più volte invece nel vangelo ti sei lasciato sfiorare e che hai difeso e lodato davanti agli occhi di tutti.
La tua parola non suona censura alla tenerezza, suona censura all'imprigionamento: "Non mi trattenere".
Quante volte, per comodo, per pigrizia, per inerzia, per chiusura mentale o per mancanza di fantasia e immaginazione, per miopia di visione o per calcolo di potere, siamo venuti meno alla tua parola e ti abbiamo trattenuto.
La veglia è finita.
"Non mi trattenere…".
"Andate a dire ai suoi discepoli: … ora vi precede…".

don Angelo


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