articoli di d. Angelo


 

IL PROFUMO DELLA PASQUA


È come se portassi un velo negli occhi.
A volte è un velo fisico: con il passare degli anni, gli occhi si sono fatti deboli e malati. Mi succede purtroppodi mettere a fuoco un volto quando sta già scomparendo, così che il saluto è costretto a rincorrere, quasi volesse trattenere.
A volte però il velo è più sottile e interiore. Ed è come se ti fossero rimaste impresse nelle pupille delle immagini che non ti è più facile staccare, così che il tuo è un vedere per modo di dire: il cuore batte lontano.
Solitamente sono immagini di dolore.

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Alcuni di noi -mi è facile immaginarlo- dopo giorni e settimane che le hanno intraviste, ancora non finiscono di ripercorrere frammenti di immagini di una sequenza selvaggia, trasmessa dalla televisione: un giovane palestinese, in preda alla furia disumana di alcuni militari israeliani e quel loro infierire brutalmente, quasi solo per il gusto di infierire.
Come è possibile, Signore? Quale male ci conduce? E come cancellare, dopo giorni e settimane, le immagini dagli occhi e dal cuore? Ma è poi giusto cancellare?

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Immagini di violenza negli occhi che chiamano altre immagini di violenza. Penso a quella sessuale, di cui vittime impotenti, contro la furia aggressiva dell'uomo, sono sempre più le donne.
A Milano come a Roma, nella grande metropoli come nel piccolo villaggio di provincia.
E, a fronte di una nuda e dolorante impotenza, quell'incredibile cinismo, becero e sfrontato, dell'aggressore, che ai carabinieri, quasi meravigliandosi, - tant'è il vuoto - osa dire: "Tutto qua? Mica vorrete arrestarmi per così poco?...".
Come è possibile, Signore? Quale male ci conduce? E da dove? Da dove questo vuoto?

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Epoi altre immagini: quelle della corruzione che va sempre più dilagando nella vita pubblica, un costume che ormai non desta meraviglia più di tanto e, per di più, tende ad essere giustificato.
Ti sembrano così lontani i tempi in cui era un punto d'onore e di fierezza essere servitori integerrimi della cosa pubblica; un onore: servire senza servirsene.
Quale contrasto con il mondo dei favoritismi, dei mercanteggiamenti, delle collusioni.
E anche qui la domanda: come è possibile, Signore? Che cosa ci ha portato a tanto? Da dove questo vuoto?

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Immagini queste ed altre che non sarebbe giusto né intelligente cancellare, simili a struzzi che nascondono il capo sotto coltri di sabbia.
Vuoti di umanità che ti fanno peso sul cuore e ti riaccendono nella memoria quel lontano grido di Dio, che ha attraverso la storia: "Dove sei Adamo?". Dove sei uomo? Dove sei umanità?
In questi giorni in cui una inattesa, luminosissima primavera sembra quasi affrettare con la sua impazienza la Pasqua del signore, come non ricordare che l'appassionata ricerca dell'uomo da parte di dio -dove sei Adamo?- iniziata tra gli alberi del giardino dell'Eden, si è prolungata nel tempo fino al giorno della Croca? A quell'albero, l'albero della croce, Dio ha trovato l'uomo.
E l'uomo a sua volta in forza dell'amore scritto sul grande albero, ha ritrovato la sua immagine.
C'è qualcosa di nuovo, anzi di antico, oggi nell'aria. C'è il profumo di questa Croce, che ci va disintossicando dai veleni che inquinano l'aria e attentano alle coscienze.

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Il profumo di questa Croce -segno dell'incondizionata dedizione di Dio- penetra di sé, della sua ebbrezza silenziosa, persone, luoghi, avvenimenti.
Lo senti, quasi annuncio di una primavera dello spirito, quando ti batti in persone che hanno scelto professioni che non brillano certo per un alto livello remunerativo, eppure vi spendono intelligenza, professionalità, passione ed entusiasmo nel cuore.

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Il profumo di questa Croce entra nelle case, là dove sconosciute sono l'aridità e la durezza dei sentimenti, e lo scorrere degli anni non vela la tenerezza del cuore.
Confesso di essere rimasto conquistato e insieme affascinato da una mamma che affettuosamente salutava con una carezza una figlia ormai più che adolescente e, in altra circostanza, da un figlio, ormai più che adolescente, che stringeva a sè la madre, volto accanto a volto, in un giorno di turbamenti.

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Il profumo della Croce era, ancora, nella grande sala luminosa, dove simbolicamente era stata eretta la "cattedra dei non credenti".
Il volto dell'Arcivescovo, la sua intensità di ascolto, l'esercito -così nuovo e così stimolante- di lasciarsi interrogare nel profondo dell'esperienza dell'altro, sembravano, a più d'uno, nascere da una Croce che nel cielo del mondo prese la figura di un grande abbraccio.

* * *

Potrei continuare a lungo ad evocare, pur nella povertà della parola, immagini e immagini di risurrezione, fiorite dalla Croce di Cristo.
Mi è ancora più dolce pensare che la fioritura non è finita: solo Dio, che legge nei cuori, conosce il miracolo segreto che sta avvenendo in te.
Ciò che conta è salire verso la Croce e contemplare.
Perdonate se oso ricordare un'emozione patita quest'estate: era il 26 agosto, all'Eremo di Montecastello.

Ancora mi è dato
odorare profumi di bosco,
quasi ritorno
ad antiche radici,
dopo mesi di aria incolore.

Ti inebriano il volto,
portati da folate di vento
che struscia tra i rami
a gara col sole
a disegnare arabeschi di luce cangianti
sul sentiero
che taglia il bosco
salendo alla Croce.

O forse non è profumo di resine
a svegliare l'attesa,
ma il dolce unguento
della tua morte, Signore.
Gli occhi si affissano adoranti
a questa nuda Croce,
ora spoglia di Cristo
per essere croce
e risurrezione di tutti.


don Angelo


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